Non se ne parla spesso ma il suo utilizzo è molto variegato: è la zeolite. Anche se alcuni pareri sono piuttosto tiepidi circa la sua reale utilità, la platea delle voci favorevoli è decisamente più ampia
Costantino Cattivello, del Servizio fitosanitario e chimico, ricerca, sperimentazione ed assistenza tecnica dell’ERSA, l’Agenzia regionale per lo Sviluppo Rurale del Friuli Venezia Giulia, ci racconta che in Italia le cave più importanti si trovano nella zona del viterbese e in Campania e che la “chabasite è la più interessante, mentre è largamente usata la clinoptilolite, spesso di provenienza cubana, ma non solo”. In pratica la zeolite assorbe alcune sostante come il potassio che poi viene ceduto gradualmente alle coltivazioni.
Chabasite, clinoptilolite, non solo zeolite… c’è da far girare la testa a chi non è del settore, come si dice. Per capirne di più abbiamo contatto Pietro Marescotti, professore associato di mineralogia al DISTAV, Dipartimento di Scienze della Terra, della Vita e dell’Ambiente presso l’Università di Genova, e docente di mineralogia ambientale.
Ma cosa sono le zeoliti, professore?
“Un gruppo piuttosto ampio di minerali complessi di origine vulcanica contenuti nelle rocce dette zeolititi, che sono tali quando ne presentano una percentuale maggiore del 50%. Sono adoperate per un sacco di applicazioni: ad esempio neutralizzano l’acidità dei suoli, intrappolano nelle loro cavità interne vuote metalli pesanti, arricchite con altre sostanze sono anche fertilizzanti. Rilasciano sodio e potassio, migliorando la salute del suolo. Sono adoperate pure nei mangimi per gli animali poiché catturano l’ammoniaca che si crea con i loro escrementi e possono inibire in loro l’assorbimento di tossine e/o ridurre malattie intestinali e respiratorie. Si usano inoltre nella raffinazione del petrolio e nella depurazione dei reflui industriali, civili e appunto zootecnici”.
E ce ne sono diverse varietà?
Sì, sono tutti allumino-silicati idrati che contengono in varia percentuale atomi di sodio, potassio, calcio: ad esempio chabasite, ad elevata presenza di calcio, analcime a ricco contenuto di sodio, phillipsite che ha parecchio potassio (insomma, eccone altre…, non finiscono mai!, ndr). C’è pure una zeolite pericolosa per la salute umana, fibrosa come l’amianto, si chiama erionite e la sua presenza, come in alcune zone della Cappadocia dove si usa per imbiancare gli intonaci delle case, presenta forti correlazioni con il mesotelioma pleurico, patologia di cui soffre chi è esposto all’amianto. E non mancano versioni sintetiche”.
La zeolite va nei campi
Le caratteristiche della zeolite o meglio delle zeoliti in genere sono dunque rappresentate da quella capacità di intrappolare nelle loro cavità vari elementi e rilasciarli nel terreno, qualità che la rendono vantaggiosa, moltissimo, in agricoltura. In proposito, entriamo nello specifico con l’ingegnere ambientale Marco Rustichelli, della sezione ricerca e sviluppo della Bal-Co GreenLine, azienda che si occupa di zeolite, in particolare della chabasite made in Italy. “Il materiale”, spiega, “arriva in diverse granulometrie e umido. Internamente effettuiamo operazioni di vagliatura, essiccamento e macinazione per arrivare ai prodotti finali che vendiamo, suddivisibili in vari tipi: vari granulari e uno micronizzato”.
Che differenze?
“Tra i vantaggi che la zeolite granulare, presente in diverse granulometrie, dagli 0 ai 6 mm, porta nel terreno ci sono: un incremento della ritenzione idrica del terreno; una riduzione della salinità delle acque per uso irriguo; un aumento della capacità di scambio cationico dei suoli che consente di trattenere l’azoto ammoniacale, il potassio e il fosforo, con successivo lento rilascio a seconda delle necessità fenologiche della pianta, una riduzione della lisciviazione dell’azoto ammoniacale in falda, essendo particolarmente selettiva per l’assorbimento del catione NH4+. Inoltre, rende solubile il fosfato tricalcico nel terreno, che è così disponibile per le radici delle piante; funge poi da struttura-nido per i microrganismi del terreno e contribuisce allo sviluppo dell’apparato radicale”.
E la zeolite micronizzata?
“Viene usata a livello fogliare sia a liquido con atomizzatore sia a secco in polvere. La sua presenza ostacola molto bene le malattie di natura fungina, perché la sua alta ritenzione idrica asciuga i veli d’acqua e impedisce il diffondersi delle spore del fungo. È un’efficacie barriera contro gli afidi e gli insetti, perché il cristallo della chabasite ha una struttura pseudo-cubica tridimensionale che ferisce l’esoscheletro e le parti più sensibili dell’insetto, ostacolandone la respirazione e soprattutto l’ovideposizione; mitiga gli stress termici di caldo e freddo, tende infatti a tenere costante l’umidità grazie ad un continuo assorbimento-desorbimento d’acqua. Non solo: usata in potatura diminuisce il rischio di infezione, infatti il silicio della sua struttura ha un ottimo potere cicatrizzante. Associata a prodotti di rame e zolfo, consente di abbassarne l’utilizzo ed effettuare anche un minor numero di trattamenti. Agisce principalmente in via preventiva, impedendo sul nascere lo sviluppo della malattia creando un ambiente ostile per funghi e afidi: per questo va sempre usata in tutta la stagione dei trattamenti, in modo da garantire una copertura continuativa sulla superficie fogliare”.
La zeolite che “parla” cubano
Tra le varietà di zeolite, c’è anche quella cubana. Come è stata “scoperta”? “Per caso”, racconta Pasquale Vetrella, direttore generale di Bioagrotech, azienda della Repubblica di San Marino che la commercializza. “Nel 2006 alcuni esportatori cubani ce l’hanno portata e l’abbiamo provata sull’uva da tavola affetta da Botrytis cinerea (la muffa grigia, ndr). Gli effetti sono stati sorprendenti, con una notevole riduzione dell’umidità causa della malattia, grazie all’attività cationica che caratterizza la zeolite cubana, la sua carica positiva che attiva lo scambio di ioni. Questa pietra assorbe l’umidità e può cedere acqua e quindi è utile anche lì dove ci sono stress idrici, migliorando lo stato di salute del suolo”.
Da dove proviene esattamente la vostra zeolite cubana e che caratteristiche ha?
“Arriva da una miniera nella provincia di Holguín. È usata pura al 100%. La sua composizione è clinoptilolite-heulandite 67,5 % + mordenite 32,5%. Non ha additivi di alcun tipo, viene soltanto sottoposta a un processo di micronizzazione. Cioè i granuli grossi di 3-5 mm sono portati a 20 micron per dare maggiori garanzie di successo e anche perché così si evita di intasare i filtri dei macchinari adoperati nel suo utilizzo. Applicata in polvere, in soluzione o in abbinamento a fitofarmaci, di cui aumenta l’efficacia, la zeolite cubana è perfetta per trattamenti su orticole, granaglie, alberi da frutto e piante ornamentali. Abbassa i residui di antiparassitari, aumenta la resistenza agli agenti esterni, regola come accennato l’umidità residua sulle foglie e sui frutti, aiutando la cicatrizzazione delle ferite sulle piante. E forma pure una vera e propria barriera di protezione contro microrganismi dannosi”.
La zeolite cubana è un insetticida?
“Dal punto di vista legale non è un insetticida né un anticrittogamico o un fitofarmaco. È piuttosto un corroborante che stimola le difese della pianta per la lotta integrata biologica. Si usa soprattutto per la prevenzione, un grande aiuto per gli infestanti e risulta efficace in diverse condizioni climatiche, da nord a sud. Talvolta si usa da sola talvolta con altri prodotti. Si comincia in dosaggi bassi dalla primavera in poi, per continuare in tutta la stagione fino al raccolto, non ha tempi di carenze e si può usare sempre”.
Ultimo appunto. La zeolite, un po’ come succede per l’argilla che ricorda nella composizione mineralogica, mostra pregi importanti anche per l’uomo poiché, assunta in polvere con acqua o con pastiglie, aiuta a disintossicare e depurare l’organismo. Ma questa è un’altra storia.