Virus, forse si apre una strada allo sviluppo di nuovi composti anti-virali. Un team di ricercatori dell’Università di Padova, dell’ENEA e dell’European Synchrotron Radiation Facility (ESRF) è riuscito a ‘fotografare’ la struttura del Potato Virus X (PVX), un patogeno vegetale molto dannoso per le patate e per diverse specie vegetali commestibili come pomodori e peperoni . Potrebbe rappresentare una via in grado di contrastare l’infettività di questo e di altri virus? Forse.
I risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature Chemical Biology, evidenziando che la tecnologia impiegata consente di ottenere per la prima volta una vera e propria “fotografia molecolare” della struttura del virus con un elevatissimo livello di dettaglio.
Virus, lo studio attraverso la crioelettro microscopia
Lo studio è stato realizzato utilizzando una tecnica di ultimissima generazione, la crioelettro microscopia (cryo-EM), che permette di ottenere le immagini di macromolecole o anche di oggetti più grandi, quali i virus, a risoluzione atomica. Il virus PVX viene molto studiato per il suo impatto particolarmente negativo sul mercato delle patate che, secondo la FAO, sono il primo alimento al mondo dopo le graminacee.
“Si parte da un campione costituito da una soluzione di virus che viene congelata e successivamente illuminata da un raggio di elettroni con l’energia di 300 keV”, sottolinea il Prof. Giuseppe Zanotti del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova.
“In questo modo viene superato il limite di dover ottenere i campioni in forma cristallina, non essendo il PVX un virus cristallizzabile per via della sua natura flessibile e filamentosa, e quindi non indagabile tramite cristallografia a raggi X, la metodologia che ha consentito finora di caratterizzare a livello atomico la struttura di grosse macromolecole”.
“La conoscenza della struttura del PVX consentirà di accelerare gli studi pionieristici su nanobiotecnologie per la realizzazione di particelle da utilizzare nello sviluppo di vaccini innovativi, di sistemi diagnostici e per nuovi approcci nella diagnosi o terapia oncologica” afferma Selene Baschieri, Primo ricercatore del laboratorio Biotecnologie del centro ENEA della Casaccia.
“Decriptare” le informazione genetiche
Come tutti i virus, tristemente alla ribalta in questo momento, il PVX ha un involucro proteico che ‘protegge’ le informazioni genetiche per farle poi estrinsecare all’interno della cellula infettata.
“La risoluzione della struttura del PVX, è la più alta mai ottenuta per un virus filamentoso e, in generale, una delle più alte utilizzando questa tecnica” evidenzia il Prof. Giuseppe Zanotti.
“Ciò ha consentito di mettere in luce nel più intimo dettaglio anche l’interazione tra il capside, il guscio proteico virale, l’acido nucleico, RNA racchiuso al suo interno e alcune delle molecole di solvente fondamentali per la stabilizzazione di tale interazione. I dati sono stati convalidati da esperimenti di mutagenesi sul capside virale che hanno permesso di completare il dato strutturale con il dato biologico”, conclude Selene Baschieri.
La speranza in questo caso ha un nome: si chiama fare il prima possibile.
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