Lo squalo abita nei nostri mari da secoli, le testimonianze storiche dei suoi avvistamenti risalgono persino al Medioevo. Eppure, finora, nessuno ha mai effettuato alcuna stima sia dell’andamento numerico degli esemplari rispetto a un periodo di riferimento sia della loro distribuzione nelle diverse aree all’interno del bacino.
Queste le premesse per la ricerca intitolata “Abundance and distribution of the white shark in the Mediterranean Sea” sviluppata da una collaborazione tra Sapienza Università di Roma, Stanford University, Virginia Tech University, Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine (Irbim-Cnr), Stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli e Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra).
Lo squalo bianco, creatura maestosa
Navigatore infaticabile e corpo dalla forma affusolata, lo squalo bianco (nome scientifico Carcharodon carcharias) ha una lunghezza compresa tra i 4 e i 6 metri con un peso che oscilla tra 1000 e 1900 Kg. La riproduzione della specie è ovovivipara e i piccoli appena nati sono lunghi circa 1 metro.
Il nome comune squalo bianco si deve, probabilmente, al fatto che la parte ventrale del corpo è di colore bianco mentre quella dorsale assume colorazioni che variano dal giallo pallido al grigio scuro e può variare in base a più fattori.
Tra le peculiarità che lo riguardano si possono citare i suoi organi di senso molto sviluppati e raffinati. Grazie all’olfatto il predatore è in grado di percepire tracce odorose a distanze straordinarie.
IUCN, squalo bianco“specie in pericolo critico” nel Mar Mediterraneo
Lo squalo bianco non solo si colloca al vertice della catena alimentare marina, esercitando un controllo fondamentale sulla diversità e l’abbondanza di specie, ma è un elemento indispensabile per la vita stessa dei mari.
Gli esemplari presenti nel Mediterraneo, tuttavia, appartengono a una delle popolazioni meno conosciute e più minacciate al mondo, soprattutto a causa delle numerose e spesso dannose attività antropiche. Proprio la severa diminuzione del numero di esemplari verificatosi negli ultimi anni ha fatto sì che la International Union for the Conservation of Nature (IUCN) lo inserisse tra le specie in pericolo critico nel nostro bacino.
Lo studio a partire da più di 700 segnalazioni
Gli scienziati hanno creato un database completo sulla presenza degli squali bianchi nella regione. Il team ha raccolto 773 segnalazioni provenienti da fonti diverse e ha caratterizzato i modelli spaziali e temporali dell’abbondanza di squali bianchi nel Mediterraneo tra il 1860 e il 2016.
L’andamento nel tempo e nuove ipotesi ecologiche
Il trend emerso si è rivelato complesso e geograficamente non omogeneo, con un progressivo aumento del numero di squali seguito da un veloce declino a partire dalla seconda metà del Novecento. “Il decremento — dice Giovanna Jona Lasinio — non si è verificato in maniera uniforme all’interno del bacino del Mediterraneo: per esempio, nel Mediterraneo centrale si è registrata una riduzione del 52%, mentre nel Mar di Marmara ha raggiunto il 96%. Il decremento, inoltre, è accompagnato spesso da una riduzione degli spazi occupati, un segnale associato a popolazioni a rischio”.
Grazie alla ricerca, inoltre, gli studiosi hanno potuto formulare nuove ipotesi ecologiche sulla struttura della popolazione di squali bianchi del Mar Mediterraneo e su dinamiche preda-predatore che coinvolgono il tonno rosso e altre specie.
L’approccio utilizzato, sottolineano gli autori, può essere largamente applicato a contesti poveri di dati per studiare la conservazione dei principali predatori in pericolo nel Mar Mediterraneo e in altre regioni marine a uso intensivo.
Cosa succede se gli squali bianchi diminuiscono?
Essendo al vertice della catena alimentare marina, lo squalo non ha predatori (se si esclude l’uomo). Pertanto, come chiariscono i ricercatori, un suo ridimensionamento ha conseguenze per l’intero ecosistema del bacino e rischia di avere impatti rovinosi.
“È stato dimostrato — spiega Stefano Moro — come la rimozione dei predatori apicali all’interno degli ecosistemi marini porti a disastrosi effetti top-down che si ripercuotono su tutta la catena trofica. Il Mediterraneo, da questo punto di vista, rappresenta un primato negativo a scala globale con più del 50% di specie di squali classificate come “minacciate” dalla IUCN a livello regionale”.
Fonti:
Comunicato stampa Sapienza Università di Roma
Abundance and distribution of the white shark in the Mediterranean Sea, Moro S., Jona-Lasinio G., Block B., Micheli F., De Leo G., Serena F., Bottaro M., Scacco U., Ferretti F., Fish and Fisheries (2019) DOI https://doi.org/10.1111/faf.12432