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Sindrome della Capanna, quando cambiare le abitudini ci fa paura

Foto di LEEROY Agency da Pixabay

Cambiare fa paura, le abitudini ci tengono al sicuro da ansia e stress e la nota zona di comfort ci abitua a non mutare le nostre consuetudini acquisite, per non rischiare. Sono scelte che facciamo tutti giorni, senza saperlo e senza darci la possibilità di variare per crescere

Un’abitudine è per definizione la tendenza a continuare a ripetere un comportamento sino alla consuetudine e addirittura all’assuefazione.

Quando il Coronavirus ci ha obbligato, senza scelta, a stare isolati dentro le nostre case, ha bruscamente modificato le nostre abitudini, vincolandole alla necessità di stare dentro una bolla protetta e controllata dove, nonostante l’ansia di ammalarci, gli stimoli quotidiani e i rischi si sono ridotti.

Abbiamo in questo modo acquisito una nuova routine a cui abbiamo fatto fatica ad abituarci ma, come tutte le abitudini, nel tempo breve del lockdown è diventata una consuetudine. E chi ha detto che il mondo dopo la pandemia è cambiato non ha sbagliato sotto tanti punti di vista: anche psicologicamente parlando.

Abbiamo acquisito nuove paure e preoccupazioni quotidiane che scaturiscono dal pensiero costante della malattia e dalla preoccupazione di proteggere da essa chi ci sta accanto. Ora che il virus sembra essere sotto controllo abbiamo bisogno di rimettere in discussione la nostra quotidianità: dobbiamo riprendere in mano le nostre vecchie abitudini di cui la più importante è uscire dalla protezione di casa nostra. Ma questo passaggio non sembra essere poi cosi scontato.

Secondo la Società italiana di Psichiatria circa un milione di Italiani ha paura ad abbandonare la propria abitazione perché percepita come un rifugio sicuro da ansia e da stress.

Che cosa è la Sindrome della Capanna?

Si chiama Sindrome della Capanna o del Prigioniero e si manifesta in seguito a periodi prolungati di distacco dalla realtà. Venne individuata per la prima volta durante il periodo della corsa all’oro negli Stati Uniti quando i ricercatori erano costretti a passare lunghi periodi nelle loro capanne durante l’inattività. Ma è stata riscontrata anche in chi per anni ha lavorato come guardiano del faro e in diverse regioni del mondo dove i lunghi e rigidi inverni costringono le persone a rinchiudersi presso le loro abitazioni per periodi prolungati.

In questi momenti di chiusura al mondo si sviluppa uno stato di isolamento seguito da sentimenti di paura, di stress ed ansia con il rifiuto di tornare alla socialità. Né consegue una forte sfiducia nei confronti dell’altro che viene percepito come estraneo e pericoloso. Lo stesso effetto compare a chi esce da un periodo di malattia molto lungo o di ospedalizzazione prolungata ed è stata una delle preoccupazioni principali per i medici di New York dopo l’11 settembre, quando per la paura le persone si sono rinchiuse nelle loro case per molto tempo.

Quali persone sono più a rischio?

Attualmente i soggetti più a rischio sembrano essere gli anziani e tutti quelle persone più sensibili perché già in depressione prima della pandemia. Anche chi ha subito un lutto a causa del Covid 19 o chi è comunque un soggetto ansioso, si rivela meno disposto a cambiare abitudini in maniera repentina come richiesto dal peculiare momento storico.

I sintomi di questo malessere minano la sensazione di sicurezza che a fatica abbiamo costruito in questi mesi di isolamento, alimentando nuovamente l’ansia, l’incertezza e la paura. La conseguenza è uno stato di smarrimento che orienta la persona che ne soffre non verso il cambiamento ma verso la voglia di rimanere protetto nella propria abitazione.

Questa Sindrome non è una vera e propria malattia ma ha comunque delle caratteristiche comportamentali che si ripetono per i soggetti descritti: confusione mentale, sensazione di insicurezza, irritabilità, paura, frustrazione, angoscia e tristezza. Sono presenti anche uno stato di letargia con stanchezza, difficoltà di concentrazione, scarsa memoria e una sensazione costante di demotivazione a intraprendere nuove azioni.

Chi si è visto costretto a chiudersi dentro casa, da solo o con i propri familiari, per proteggersi dal Coronavirus, ora si vede nuovamente costretto a ritornare alla realtà senza che ci siano state date risposte alla nostre paure. L’esterno, gli altri, le vecchie routine che espongono al pericolo sono il nemico invisibile che spaventa e ricominciare con tutte queste incertezze crea tutti i sintomi tipici di questa Sindrome.

Quali strategie dobbiamo mettere in atto per superarla?

Poiché è una sindrome che di norma scompare nel tempo e soprattutto con il normalizzarsi della situazione ansiogena, è molto importante attendere l’adattamento a questa nuova fase post confinamento. In pratica dobbiamo aspettare con pazienza che il nostro organismo si riadatti.

Per farlo possiamo utilizzare delle strategie che, da soli o con l’aiuto di uno specialista, ci permettano di ritornare alla normalità. Molto importante è accogliere le emozioni negative che scaturiscono da questa sindrome accettando che è una fase emotiva e transitoria che consegue al lungo periodo di isolamento. È essenziale riorganizzare le routine giornaliere che riguardano la ripresa del lavoro, la gestione della casa, dei nostri cari e ripartire con la pianificazione del tempo libero. È necessario elaborare una strategia per riprendere la cura di stessi con piccole attenzioni quotidiane che riaccendano la sensazione di soddisfazione e positività, allo stesso modo dare spazio anche ai piccoli bisogni e cercare di sopperire l’insorgere di pensieri negativi e preoccupazioni rendendoci conto che dobbiamo abituarci ad una nuova situazione di cambiamento.

Il tempo aiuta, non scoraggiarsi ancora di più e fasi aiutare potrebbe essere una possibilità di accelerare la guarigione. La parola chiave è “gradualità” perché attraverso un passo alla volta è possibile rendersi conto che la nuova normalità può essere gestita senza pensieri costanti di minacce da parte del mondo esterno.

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