Rolling Pandas è il nome della piattaforma di viaggi fondata da Andrea Spaggiari, giovane viaggiatore che all’età di 26 anni, decide di lasciare il suo posto di lavoro sicuro per esplorare il mondo con lo zaino sulle spalle, in solitaria
Rolling Pandas nasce così nel 2018 con l’idea di mettere insieme viaggi, agenzie, tour operator e operatori locali di tutto il mondo. Ma non solo, riesce ad essere molto più di questo. Ora più che mai, infatti, punterà tutto sul turismo sostenibile, intendendo il concetto di sostenibilità in tutte le sue sfaccettature, a 360 gradi.
Noi di Green Planet News, in quest’intervista ad Andrea Spaggiari, siamo andati a capire come sarà possibile viaggiare in modo davvero responsabile. Scopo di Andrea, sin dall’inizio, è infatti quello di arrivare a un turismo che sia sostenibile in tutti i sensi, sia a livello ambientale che a livello culturale, tradizionale. Da vero viaggiatore, amante del viaggio di per sé, il suo intento è quello di far sì che tutti possano viaggiare entrando a stretto contatto con la cultura del posto scelto, con le sue preziose tradizioni, la sua popolazione, la sua storia.
Viaggiare senza danneggiare è possibile
E tutto ciò senza violare o snaturare nulla. Questo, partendo dalla forte convinzione del fatto che sia possibile viaggiare senza distruggere. Ma anzi, che sia possibile farlo con una motivazione più grande, per la quale il viaggio può diventare esperienza fondamentale di conoscenza e arricchimento autentico. Facendo in modo che tornando a casa il viaggiatore non porti con sé un semplice souvenir, ma ben altro.
Una sostenibilità, insomma, pensata a partire dalle comunità locali, a favore del loro tessuto sociale. Ma dando allo stesso tempo l’incredibile opportunità al visitatore, di immergersi in un’esperienza totalizzante. Un turismo, quello immaginato da Andrea Spaggiari e reso possibile anche grazie a Rolling Pandas, che vede un mondo aperto, da scoprire, capace di arricchire a partire da quelle stesse differenze alle quali sarebbe un vero peccato rinunciare.
Rolling Pandas, come arriva alla sua apertura verso il turismo sostenibile e responsabile?
In realtà Rolling Pandas è arrivata alla sua apertura verso il turismo sostenibile partendo dal fatto che io nasco prima come viaggiatore che come imprenditore. E se c’è una cosa che amo quando viaggio è rispettare la cultura locale. E soprattutto, far sì che la volta dopo, quando torno nel posto, quel posto si sia conservato intatto.
Non c’è niente di peggio che tornare in un Paese dove hai lasciato il cuore, perché viaggiando ti sei innamorato della sua cultura, delle sue persone o di qualsiasi cosa, delle sue tradizioni e tornando, lo trovi rovinato dal turismo, snaturato. Diciamo che Rolling Pandas nasce, tra le diverse motivazioni, anche con una forte impronta alla sostenibilità e locale e anche ambientale con l’obiettivo di riportare nella comunità del posto, il turismo in quella sua dimensione più locale. Sostenibile in tutti i sensi.
In che modo un turismo non-sostenibile può danneggiare l’ambiente?
Il turismo non-sostenibile può danneggiare l’ambiente perché come ogni cosa, quando fatta in maniera incontrollata ha delle conseguenze che si vedono nel medio, lungo termine. Per capirci, faccio un esempio micro per comprendere come ogni piccola cosa moltiplicata per tante volte poi diventi macro: ti appoggi ad esempio ad un operatore che usa dei bus vecchissimi che inquinano in maniera assurda, caso tipico dell’Asia.
Oppure pensiamo ad un operatore che sfrutta la popolazione locale non favorendo degli standard minimi del costo del lavoro. O ancora, utilizza delle guide non certificate, facendo sì che chi magari va a studiare all’università in un paese, poi dopo non trova lavoro perché il lavoro delle guide è già allocato, è chiuso dalle agenzie principali. Questo è solo la base dal punto di vista prima ambientale e poi più tradizionale, culturale.
Quali sono, concretamente, le idee di Rolling Pandas per aiutare il clima?
Tendenzialmente noi abbiamo un Honor Code che viene fatto firmare alla registrazione da parte dell’operatore. Questo perché ovviamente, tutto quello che si va a fare a livello di supporto del clima e della cultura locale dev’essere fatto sempre con la collaborazione dell’operatore. Non è qualcosa che può essere imposto a quest’ultimo. O decide che è una sua priorità, o non avrà mai a cuore questa cosa.
Quindi, fondamentalmente noi abbiamo questo Honor Code che comprende diversi punti. E’ basato su classici principi, in modo che l’operatore sa che se vuol collaborare con noi deve ad esempio verificare che i turisti, visitatori si astengano da condotte ingiuriose verso le popolazioni locali. Banalmente, mi viene in mente un esempio di qualche anno fa, dove c’erano dei ragazzi italiani in Thailandia che si sono messi a strappare la bandiera thailandese. Questo deriva da una cattiva formazione del turista nel paese.
Se invece c’è un operatore locale che al tuo arrivo ti forma sul paese e ti spiega cosa fare e cosa non fare, questo a livello tradizionale, è tutta un’altra cosa. A livello invece ambientale, un operatore può utilizzare dei veicoli di un altro tipo, ad esempio: è molto più attento al riciclo della plastica per cui se ti da delle bottigliette d’acqua, verifica che alla fine della giornata le bottigliette che ti ha dato ritornino a lui. E questo, invece che buttarle per strada come avviene i tre quarti delle volte.
Abbiamo degli operatori che lavorano nel sud dell’India che quando vai in riserve naturali, alla mattina ti fanno prendere delle scorte d’acqua, piuttosto che di altre bevande e a fine giornata contano che tu abbia tutte le bottiglie con te e si occupano loro di riprenderle. Questa ad esempio è una cosa che in un paese come l’India dove le bottigliette di plastica vengono lanciate fuori dal finestrino, mentre stai in autostrada, ha il suo piccolo impatto che però per noi è importante.
Andrea, puoi farci un esempio di viaggio sostenibile?
Uno dei nostri viaggi, come quello in Nepal, è fatto con un operatore che poi va a ridare effettivamente alla popolazione locale ad esempio reinvestendo una parte dei guadagni in una scuola. Questo può essere un viaggio sostenibile. Oppure abbiamo dei viaggi per cui una parte dei guadagni viene devoluta in beneficenza verso le popolazioni locali. Considera che il fatto di lavorare con gli operatori locali è già di per sé un indicatore di sostenibilità.
Nel senso che dal momento in cui questo rispetta dei criteri come quelli che ti raccontavo del nostro Honor Code, è già un’ottima base. Ti faccio un piccolo esempio: noi collaboriamo con l’operatore locale, tutti i guadagni vengono reinvestiti in attività locali. Lui ci paga il ristorante che organizza i pranzi, paga le guide. Sta sostanzialmente facendo crescere il tessuto sociale locale.
E questo è il tipo di attività più su larga scala. Poi ci sono i progetti mirati in cui esplicitamente, quando tu acquisti il viaggio ti viene detto che parte dell’importo sarà devoluto alla costruzione delle scuole come è capitato in Nepal dopo il terremoto, o tante altre attività. Intendendo sempre un tipo di sostenibilità a 360 gradi che non vada ad intaccare il luogo e che favorisca la crescita della sua stessa popolazione.
Secondo te è davvero possibile un tipo di turismo sostenibile che accontenti il viaggiatore e che lo porti a scegliere effettivamente questo?
Sì, perché come in realtà è stato evidente dalla cronaca delle ultime settimane, la sostenibilità non è più una scelta, no? Ma è qualcosa che tocca da vicino quello che è il futuro. Se prima la sostenibilità e la scelta di avere un impatto ambientale limitato, di favorire la cultura locale era qualcosa che poteva essere fatto o non fatto, adesso inizia a diventare imprescindibile. Quindi se fatto semplicemente con una maggiore formazione a livello scolastico e a livello culturale, il viaggio sostenibile non diventerà più una scelta, ma diventerà un unico modo di viaggiare.
Essendo il turismo cresciuto a dismisura, vuoi per le compagnie low cost, vuoi perché non c’è più quella reticenza ad andare in paesi sconosciuti, come ogni cosa che cresce a dismisura, ora dev’essere regolamentato. Quindi possiamo dire che la vera domanda non è tanto cosa motiva un viaggiatore a scegliere il viaggio sostenibile, ma quando il viaggio sostenibile diventerà l’unica forma di viaggio possibile.
Ci sono già progetti futuri per Rolling Pandas e cosa ti auguri?
Quello che io mi auguro è sicuramente di permettere ai viaggiatori di scoprire il mondo più da vicino, ed è il motivo principale per cui è nata Rolling Pandas. Fondamentalmente, quando io viaggio e magari spesso viaggio da solo con il mio zaino, arrivo in loco, trovo un’agenzia locale e mi faccio costruire delle attività su misura direttamente nel paese, vivo delle esperienze che se partissi in modo tradizionale non vivrei mai.
Il mio desiderio è che una persona, penso ai miei genitori che magari non sono abituati a questo tipo di viaggio, si senta tranquilla a comprare un viaggio da un operatore locale in loco per poter vedere la cultura veramente da vicino. Non fare più quei viaggi in cui visiti hotel, vieni scaricato davanti all’attrazione, ma non torni a casa con un’influenza lasciata dalla cultura locale. E l’idea è di fare tutto questo pur conservando i diversi paesi.
Io sono innamorato dell’India ad esempio, ci vado quasi ogni anno. Il mio sogno sarebbe che tornandoci, ogni anno, la cultura locale non fosse distrutta dalle influenze esterne. Per carità, mi fa piacere che quando torno, la povertà stia via via allentando la sua morsa, stiano cambiando un po’ di cose. Ma ci sono anche tanti altri elementi che invece arrivano dal turismo estero. Un po’ come è successo in Thailandia dove ci sono state forti influenze dal turismo, e dopo si è perso il contatto con la realtà, i costi sono cambiati completamente andando a sfavorire la popolazione locale a favore dei turisti. Il mio augurio è che si possa continuare a vedere il mondo conservandone le differenze, non rendendolo un agglomerato unico.
Sicuramente questo è un tema che ha tante sfaccettature e spesso parlare di sostenibilità non è semplice. Nel senso che molteplici azioni, senza rendercene conto, possono essere sostenibili. Per dirti, il fatto che noi lavoriamo con un operatore locale, finanzia il tessuto sociale. Ma nessuno ci pensa mai e nessuno soprattutto, pensa che sia una cosa così impattante, quando invece lo è. Per cui, è proprio quella sensibilizzazione dell’interlocutore secondo me il vero tema della sostenibilità. Ed è una cosa che a mio parere, anno dopo anno sta crescendo sempre di più e che sulle nuove generazioni è già più forte.
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