Il pizzutello di Tivoli è un’uva con gli acini allungati, che la gente del luogo chiama uva corna: ha i semi sottili che possono essere mangiati insieme alla polpa, dolce, gustosa, croccante. Un mix che racchiude un elevato livello di antiossidanti, in grado di contrastare i radicali liberi e ritardare l’invecchiamento. Caratteristiche concentrate qui, in questo lembo di Lazio a ridosso di una città che regala agli occhi ben due patrimoni Unesco, Villa Adriana e Villa d’Este.
Proprio l’Istituto Autonomo Villa Adriana e Villa d’Este, diretto da Andrea Bruciati, effervescente direttore cui si deve anche la riscoperta dell’olio ottenuto dagli ulivi attorno alla maison dell’imperatore Adriano, ha organizzato un evento con al centro il pizzutello.
Il pizzutello al centro di un recupero anche culturale
L’idea è affascinante (e decisamente fattibile): ritornare a coltivare l’uva corna recuperando anche certi terreni tutti attorno a Villa d’Este, sulla tracce del cardinale Ippolito d’Este, ideatore di questa meraviglia che entusiasma quotidianamente tanta gente proveniente da ogni parte del mondo.
Durante l’incontro, il 15 settembre, presso un altro incanto tiburtino, il Santuario di Ercole Vincitore, “Le vigne del cardinale: il pizzutello nel paesaggio, sulla tavola e nelle tradizioni tiburtine”, la dice lunga sull’obiettivo che ha messo insieme tante belle (e acute) menti che operano qui.
Proteggere e tutelare il pizzutello, con un occhio al rilancio possibile, possibilissimo, dell’economia del prodotto.
E in un modo del tutto speciale, in una visione che vede le ville patrimonio dell’umanità dialogare con il territorio perché la contemplazione della bellezza antica deve procedere assieme a un rinnovato sviluppo culturale ed economico, di cui il pizzutello può essere linfa ed energia per il futuro.
Prove (riuscite) di dialogo tra la bellezza antica e il territorio
La manifestazione ha avuto il patrocinio dell’Arsial, Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio e del Comune di Tivoli e si è svolta in collaborazione con l’Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio e dell’Associazione Agraria Cooperativa tra Proprietari e Utilisti di Orti Irrigui in Tivoli. Questa struttura è nata da circa un anno con l’intento di custodire gli antichi canali di irrigazione e promuovere appunto la coltivazione di questa eccellenza tiburtina che è il pizzutello. I cui vitigni, disposti a gradoni per assecondare le naturali irregolarità del suolo, si arrampicano su pergole che qualcuno in tempi moderni ha costruito in cemento ma che invece vanno fatte di canne e castagno come si usava una volta. Il pizzutello vuole molta acqua (in zona ce n’è in abbondanza) e le sue radici scendono fino a 80 metri nel suolo.
Uva, arte, archeologia, cultura, tradizione: fare rete per il futuro
Ripristinare l’uva del cardinale significa dunque curare il territorio, salvando pure quanto resta del fragile paesaggio agrario tiburtino, in un mosaico di eccellenze di diversi tasselli, arte, archeologica, agricoltura, cultura, in una bella connessione che dia forza alla comunità tutta e che possa creare reddito e ricchezza, come una volta, quando il pizzutello era protagonista della festa dell’uva che ogni anno si teneva a Roma.
Fare rete, dunque, capire le criticità intervenendo di conseguenza e sottolineare potenziandoli tutti gli elementi positivi.
Così, ecco che da un po’ nelle pendici di Villa d’Este c’è un appezzamento di terra, gli orti estensi, in cui i vitigni di pizzutello hanno ripreso a regalare l’uva, con quel gusto antico assolutamente perfetto per quello di oggi.
Ma un altro obiettivo è: ripristinare l’ex vigna dei Votani, nell’area del Santuario, zona dove nell’anno 138 furono martirizzati una santa molto amata a Tivoli Sinforosa, e i suoi sette figli.
Oggi si notano colonnette su cui venivano fissate le pergole dei vitigni del pizzutello, ottenute con materiale di recupero proveniente dal Santuario. La prima fase del progetto inizierà con il restauro delle colonnette per poi partire e mettere su la vigna, un’occasione di cooperazione tra i vari soggetti coinvolti nel rispetto del vecchio paesaggio.
Certo, ci vorrà un po’ di tempo. Una volta piantate le viti, dovranno passare 3-4 anni per assaporare i chicchi lunghi dell’uva corna. Ma ne vale assolutamente la pena.