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Pd, Parisi: “Milano e Orvieto? Schlein non promuove confronto”

(Adnkronos) – Del gran parlare attorno alle due riunioni del week end, quella di Milano di Comunità democratica e quella a Orvieto di Libertà Eguale, il professor Arturo Parisi trae una considerazione univoca: l'aver dimostrato "ancora una volta che nel Pd è più facile discutere dei problemi comuni fuori dal partito che all'interno". E per l'ideatore dell'Ulivo questa mancanza di confronto va imputata alla segretaria del Pd, a Elly Schlein: il fatto che "non riesca a promuovere il confronto tra le diverse posizioni all’interno del partito è implicitamente il segno di un suo fallimento". A meno che "non ritenga che le conte nelle primarie di partito abbiano risolto alla radice ogni confronto tra i contenuti".  Quanto agli scenari, a una eventuale Margherita 2.0, Parisi che dalla Margherita, quella originale, è stato presidente mette in guardia da chi tifa pro e contro l'ipotesi. Piuttosto "una volta chiarito" che si sta nello stesso campo o nello stesso partito, "ognuno ha il diritto e il dovere di mettere in discussione la linea che guida la coalizione". Una discussione sulla linea perchè, sottolinea Parisi, "non ho trovato per il momento alcun segno della contestazione del ruolo" di Schlein.  Professor Parisi, si è appena concluso un movimentato week end tra la riunione 'catto-dem' di Milano e quella di Libertà Eguale a Orvieto. Che idea se ne è fatto? "Che pur muovendosi ambedue senza incertezze nel perimetro del Pd si è trattato di riunioni del tutto diverse. È stata la coincidenza temporale, in buona parte casuale, a favorire la narrazione della comune appartenenza ad una supposta area di ‘centro del centrosinistra’, se non addirittura a proporle come due varianti della componente cattolica. Peccato! Questa confusione ci ha infatti privato della considerazione del contributo portato distintamente dalle due diverse riunioni. Comunque il loro svolgimento ha dimostrato ancora una volta che nel Pd è più facile discutere dei problemi (che dovrebbero essere) comuni fuori dal partito piuttosto che all’interno degli organi deputati dallo Statuto al confronto politico e alle conseguenti decisioni". Le due riunioni hanno aperto una discussione tra chi sostiene un Pd a vocazione maggioritaria e chi, Matteo Renzi tra gli altri, la necessità di un nuovo soggetto 'centrista' che affianchi il Pd e allarghi il campo del centrosinistra, una Margherita 2.0. Quale è la sua opinione? "Lasciamo da parte il chi e il cosa. Chi ha la pazienza di seguire queste cose -osserva Parisi- non ha infatti difficoltà a ricordare che sono troppi quelli che nel tempo hanno sostenuto, con le parole e ancor di più nei comportamenti, prima una tesi e dopo, quella esattamente opposta".  "Quanto a me, penso che una volta confermata la stabile appartenenza almeno allo stesso campo se non proprio allo stesso partito, ognuno ha il diritto e il dovere di mettere in discussione la linea che guida la coalizione oggi all’opposizione e che la guiderà in un domani nella competizione per il governo. È infatti evidente che è la linea che risulta prevalente a imprimere il proprio segno politico a tutti quelli che dichiarandosi appartenenti alla stessa coalizione si impegnano a sostenerla. A meno che, tornando definitivamente al proporzionale, ognuno fa per proprio conto". Alcuni commentatori hanno rilevato in entrambe le assemblee una messa in discussione del ruolo di Elly Schlein come possibile federatrice e quindi candidata premier del centrosinistra. Hanno ragione, Schlein non sarebbe la candidata giusta per palazzo Chigi? "Di certo il solo fatto che Elly Schlein non riesca a promuovere il confronto tra le diverse posizioni all’interno del partito è implicitamente il segno di un suo fallimento. A meno che non ritenga che le conte nelle primarie di partito abbiano risolto alla radice ogni confronto tra i contenuti. Dico, implicitamente. A stare alle dichiarazioni esplicite non ho tuttavia trovato per il momento alcun segno della contestazione del suo ruolo. Non ad Orvieto dove si sono riuniti quelli che attorno a Veltroni hanno da sempre sostenuto la tesi che vuole il Segretario del Partito Democratico automaticamente candidato alla guida del governo. Ma neppure a Milano visto che Delrio ha chiarito previamente che non si intende mettere in discussione questa regola, limitandosi a chiedere attenzione alle richieste dei 'catto-dem' e il riconoscimento della loro presenza e del loro spazio". —politicawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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