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Orti botanici e Zoo per evitare l’estinzione di animali e piante

Orti botanici e Zoo per evitare l'estinzione di animali e piante
Nymphaea thermarum è una splendida ninfea tipica di alcune pozze termali dell’Africa centro-orientale da cui, però, è completamente scomparsa. Essa è una delle 95 specie animali e vegetali che sopravvivono al di fuori del loro ambiente naturale, solo grazie agli sforzi di una manciata di zoo e orti botanici di tutto il mondo. Foto Dr. John Ewen, Zoological Society London, UK

Orti botanici e zoo a tutela della biodiversità. Un nuovo studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Science (24 Febbraio 2023 • VOL 379 ISSUE 6634) e intitolato “Extinct in the Wild: The precarious state of Earth’s most threatened group of species” rivela il sorprendente potenziale di zoo, acquari, orti botanici e banche dei semi di tutto il mondo nel prevenire la totale perdita delle specie estinte in natura e il loro contributo nel riportarle nel proprio habitat naturale.

Lo studio è coordinato dalla Zoological Society London (ZSL) ed è stato portato avanti da un team di ricercatori internazionali, al quale partecipa il prof. Thomas Abeli, docente di Botanica e Biologia della Conservazione presso il Dipartimento di Scienze dell’Università degli Studi Roma Tre.

La ricerca è la prima a valutare la situazione di tutti i 95 animali e piante “estinti in natura” che, dal 1950, sopravvivono solo grazie alle cure delle istituzioni zoologiche e botaniche, dopo essere stati portati all’estinzione nel loro ambiente naturale, in gran parte per cause legate alle attività umane, come la distruzione degli habitat.  

L’articolo evidenzia come gli immensi sforzi di collaborazione tra queste organizzazioni, che mirano alla conservazione delle specie e che spesso lavorano anche a fianco dei governi, abbiano dato i loro frutti nel prevenire l’estinzione e consentire ad alcune specie di ritornare con successo nel proprio ambiente naturale. 

Orti botanici e zoo come organizzazioni di tutela: cosa rivela lo studio

Tuttavia, lo studio mette in guardia relativamente al fatto che la sopravvivenza delle specie al di fuori dal proprio habitat naturale è comunque molto rischioso e rappresenta sostanzialmente l’ultima spiaggia prima della completa estinzione.

L’autore principale dello studio, il Dr. Donal Smith dell’Istituto di zoologia della ZSL, ha dichiarato: “Senza queste organizzazioni dedicate e i loro sforzi di conservazione, avremmo già perso specie come l’orice dalle corna di scimitarra, diverse lumache arboree polinesiane e l’albero toromiro dell’Isola di Pasqua. Grazie a decenni di lavoro instancabile per salvare queste specie, abbiamo ora l’opportunità di ristabilire delle popolazioni in natura; è imperativo che zoo, acquari, orti botanici e banche dei semi ricevano il sostegno finanziario e intergovernativo per farlo”.

Il prof. Thomas Abeli del Dipartimento di Scienze dell’Università Roma Tre aggiunge “Questo studio dimostra come strutture un tempo criticate, come soprattutto gli zoo e in alcuni casi anche gli orti botanici, non siano più solamente delle esposizioni per soddisfare la curiosità verso animali e vegetali esotici, ma siano oggi strumenti indispensabili per la conservazione della biodiversità, senza i quali il mondo avrebbe già perso quasi 100 specie in più, oltre a quelle che già non ce l’hanno fatta”.

Una novità dello studio risiede nell’aver riconosciuto la diversità di condizione (e di rischio di estinzione) delle varie specie animali e vegetali che vivono esclusivamente sotto la cura delle istituzioni zoologiche e botaniche; di alcune specie è rimasta solo una manciata di individui, mentre di altre ve ne sono diverse migliaia.

Il Dr. John G. Ewen, ricercatore presso l’Istituto di zoologia della ZSL e autore senior dello studio, spiega: “Abbiamo la capacità di proteggere e salvare tutte queste specie, ma il successo nel loro recupero è relativamente più facile quando abbiamo più individui in allevamento e un’inversione di tendenza più rapida tra la perdita in natura e il loro ritorno nel proprio ambiente”.

Lo studio, inoltre, evidenzia anche il divario tra specie animali e vegetali, con una maggiore attenzione alla reintroduzione in natura degli animali rispetto alle piante: delle 12 specie per le quali sono già state ricostituite popolazioni selvatiche, solo due sono vegetali, a testimonianza del fatto che attualmente solo il 23% delle specie vegetali estinte in natura ha subito tentativi di reintroduzione, contro il 67% delle specie animali.

Il Dr. Axel Moehrenschlager, Chair del Conservation Translocation Specialist Group dell’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (IUCN) e coautore dello studio, ha dichiarato: “Ci vorrà uno sforzo immane per restituire al loro habitat naturale tutte le specie attualmente estinte in natura, ma questo è ciò che tutti gli zoo, acquari, orti botanici e banche dei semi a livello globale alla fine vorrebbero ottenere. Mentre il mondo affronta le minacce del cambiamento climatico e della perdita di habitat, queste organizzazioni continueranno a svolgere un ruolo vitale nel prevenire ulteriori perdite di biodiversità e, in ultima analisi, guidare il recupero delle specie”.

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