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Netanyahu oggi a Washington, proteste e manifestanti arrestati

(Adnkronos) – La polizia ha arrestato diversi manifestanti all'interno di un edificio che ospita uffici del Campidoglio degli Stati Uniti, un giorno prima che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu arrivi a Washington per parlare a una sessione congiunta del Congresso. I manifestanti erano entrati legalmente nella Cannon House, che ospita uffici e fa parte del complesso del Campidoglio, ha detto ieri la polizia del Campidoglio. Tuttavia, nel palazzo non sono consentite proteste e ai manifestanti è stato chiesto di porre fine alla manifestazione, hanno comunicato le forze dell'ordine. Per la polizia del Campidoglio i manifestanti non hanno obbedito alla richiesta, cosa che ha innescato lo sgombero. Netanyahu dovrebbe intervenire oggi in una sessione congiunta del Congresso, un onore raro per un leader straniero, tra le pesanti critiche alla gestione della guerra a Gaza da parte dell'Amministrazione del presidente americano Joe Biden e dei vertici democratici. Secondo i media, la protesta è stata organizzata dal gruppo di attivisti Jewish Voice for Peace. "Siamo qui nell'edificio dove negli ultimi nove mesi e mezzo i membri del Congresso hanno deciso più e più volte di inviare le bombe usate per commettere un genocidio", ha scritto l'organizzazione sulla piattaforma social X. Negli ultimi mesi nel palazzo si erano svolte proteste simili. La visita di Netanyahu a Washington avviene in un momento di turbolenze politiche negli Stati Uniti, a seguito del ritiro di Biden dalla corsa presidenziale. Si prevede che la visita del primo ministro israeliano riporterà l'attenzione sul conflitto a Gaza. 
Il suo discorso al Congresso si concentrerà sul conflitto. Netanyahu sarà accompagnato nella sua visita dai parenti degli ostaggi catturati negli attacchi del 7 ottobre guidati dal gruppo militante palestinese Hamas. Sia Biden che il candidato presidenziale repubblicano Donald Trump avranno colloqui con Netanyahu. Secondo quanto riportato dai media, anche la vicepresidente Kamala Harris, probabile sostituta di Biden nella corsa presidenziale del 2024, prevede di incontrare Netanyahu. Il portavoce del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, Matthew Miller, ha intanto assicurato ieri che il Movimento di resistenza islamica (Hamas) non potrà avere alcun ruolo nel governo della Striscia di Gaza dopo la fine della guerra con Israele. La dichiarazione arrivata dopo che è stato raggiunto un accordo tra 15 fazioni palestinesi, tra cui Fatah e Hamas, sulla formazione di un governo di unità nazionale e sulla fine delle divisioni intestine. "Per quanto riguarda il governo di Gaza dopo il conflitto, non può esserci alcun ruolo per un'organizzazione terroristica. Hamas è un'organizzazione terroristica da molto tempo. Ha le mani sporche di sangue di civili innocenti, sia israeliani che palestinesi. Quindi, se parliamo del governo di Gaza dopo il conflitto, vogliamo vedere l'Autorità Palestinese governare una Gaza e una Cisgiordania unificate. Ma no, non sosteniamo un ruolo per Hamas", ha detto Miller durante una conferenza stampa. Nonostante le dichiarazioni rilasciate nel tempo da numerosi portavoce di Hamas circa la sua possibile adesione ai principi dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp), compresa la rinuncia a distruggere lo Stato di Israele, il portavoce ha ricordato che il gruppo non lo ha ancora fatto ufficialmente e che avrebbe potuto firmare nel contesto dell’incontro avvenuto recentemente a Pechino.  Il portavoce ha poi affermato che la dichiarazione congiunta non avrà alcun impatto sui negoziati per raggiungere un cessate il fuoco nell'enclave palestinese e che l'accordo "è in vista", anche se ha sottolineato che "questo non significa" che verrà necessariamente raggiunto. I firmatari hanno espresso il desiderio di creare uno Stato palestinese, con Gerusalemme Est come capitale, hanno respinto i tentativi di sfollare la popolazione dai territori e hanno condannato gli insediamenti costruiti da Israele in Cisgiordania e Gerusalemme Est, contrari al diritto internazionale. Chiedono anche la fine del blocco della popolazione palestinese a Gaza e la fornitura di aiuti umanitari. Fatah e Hamas si erano già incontrati in aprile a Pechino per discutere di riconciliazione, dopo anni di fallimenti nei tentativi di porre fine alle loro controversie, derivanti dalle elezioni del 2006, in cui il gruppo islamista vinse.  —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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