In questa intervista l’agronomo, vicepresidente di Forever Bambù, spiega le caratteristiche positive del bambù gigante e i motivi per cui non c’è da preoccuparsi riguardo alle perplessità espresse dalla Società botanica italiana
In questi giorni sulle pagine del nostro giornale è in corso un interessante dibattito tra esperti e studiosi riguardo il progetto della piantumazione del bambù gigante in Toscana. L’iniziativa ha messo in allarme la Società botanica italiana che ha scritto in redazione, spiegando i motivi delle proprie apprensioni. Nel nostro articolo in cui si parlava di queste preoccupazioni, avevamo concluso che aspettavamo volentieri la replica di chi si era occupato del progetto che aveva sollevato le perplessità della Società botanica italiana.
Replica che non si è fatta attendere e a cui diamo voce volentieri con questa intervista a Mauro Lajo, agronomo e vicepresidente di Forever Bambù, per capire bene il loro punto di vista. Non solo per il famoso “diritto di replica” ma per provare a fare buona informazione e a creare un dialogo tra esperti che ci auguriamo possa portare buoni risultati per tutti. Ecco l’intervista a Mauro Lajo.
Partiamo da Forever Bambù. Spieghiamo ai lettori le caratteristiche del progetto, di cosa si tratta effettivamente?
Forever Bambù (www.foreverbambu.com) è la prima iniziativa italiana che coniuga una filiera strutturata con l’attenzione per il Pianeta e per i territori attraverso la coltivazione del Bambù Gigante, un materiale versatile, resistente e sostenibile usato in ambito alimentare e industriale che può sostituire la plastica e moltissimi altri materiali inquinanti.
Forever Bambù offre un’importante risposta alla crisi climatica in corso: le nostre foreste di bambù gigante, infatti, grazie al nostro metodo di gestione forestale esclusivo, hanno la capacità di assorbire CO2 dall’aria ben 36 volte di più di una foresta o bosco tradizionale. Un numero talmente elevato, certificato da uno studio indipendente, rende il nostro tra i più importanti progetti per la carbon neutrality e la sostenibilità ambientale non solo nel panorama italiano, ma anche a livello europeo.
Dal 2014, anno di fondazione, ad oggi, Forever Bambù si è sviluppata in 28 società agricole, di cui 6 sono start up innovative, piantumando 150.000 piante su 188 ettari di proprietà. Nel 2017 è stata costituita Forever Bambù Holding Srl che partecipa tutte le 28 società agricole create per lo sviluppo del progetto e ne armonizza l’intera attività industriale e commerciale. Oggi, grazie al grande successo delle raccolte di capitali che hanno radunato intorno al progetto oltre mille soci da tutta Europa (che diverranno circa 1300 al termine dell’aumento di capitale), siamo la realtà leader nella piantumazione del bambù gigante in Europa.
Forever Bambù è anche la prima società di creazione di foreste a scopo industriale, che ha intenzione di intraprendere la strada per la quotazione in una Borsa europea. Innovazione, sostenibilità, importante marginalità e un nuovo mercato nel quale i primi detteranno le regole: questi sono i principali punti di forza di Forever Bambù.
Cosa sta accadendo tra Forever Bambù e Società botanica italiana?
La Società Botanica Italiana, senza contattarci prima e senza approfondire il progetto di Forever Bambù, ha inviato una lettera alla Regione Toscana, esponendo alcuni dubbi, e poi ha contattato i giornali, il tutto senza aver approfondito il progetto Forever bambù e senza conoscere di fatto il bambù gigante in Italia.
Infatti la Società Botanica Italiana fa riferimento a pregevoli e attendibili studi internazionali della Cina e del Giappone che però semplicemente riguardano una realtà diversa da quella italiana e soprattutto diversa dalla nostra: la coltivazione in Europa del bambù gigante parte in Italia (non ci sono altre aziende che stanno facendo le stesse cose che fa Forever Bambù). C’è quindi un misunderstanding di base che noi abbiamo cercato fin da subito di dirimere con loro organizzando una riunione virtuale in cui abbiamo esposto tutte le caratteristiche della nostra coltivazione e spiegato la differenza sostanziale che c’è tra gli studi che loro espongono (che riguardano bambuseti naturaliformi, ovvero non gestiti, selvatici, siti in Cina o in Sud Africa) e quelli gestiti da Forever Bambù.
La differenza è sostanziale perché è evidente, ad esempio, che un bambuseto non gestito emetta più CO2 di quella che sequestra e questo accade non solo in un bambuseto ma anche in qualunque bosco non gestito. Come d’altra parte è chiaro, ed anche noi ne siamo consapevoli, che una piantagione di bambù naturaliforme, se non trova ostacoli naturali, si espande ed è infestante, la nostra è coltivata e gestita per evitarlo.
Bisogna precisare poi che un chilometro quadrato che noi abbiamo equivale soltanto allo 0.4% della superficie del comune di Castiglione della Pescaia, quindi non stiamo parlando di un insediamento sbilanciato, anzi…il bambù sarà biodiversità per tutti gli altri ettari (non sarà in competizione con gli altri chilometri quadrati del comune, ma sarà una parte della biodiversità di cui sarà ricco il comune di Castiglione, unico in Europa ad avere una foresta di bambù gigante). Inoltre i grandi bambuseti, come sarà il nostro a Castiglione, sono in tutte le parti del mondo meta di visitatori e turisti, come la foresta di Arashiyama in Giappone o, più vicino a noi, il bambuseto di Cravanzana (CN), insomma un punto a favore dell’attrattività turistica di un borgo già splendido.
Perché queste ritrosie da parte della Società botanica italiana?
Non lo sappiamo, crediamo che tutte le risposte che abbiamo dato loro nel meeting sono state esaustive ma restiamo a disposizione per fornire loro altri studi che stiamo facendo sulle nostre piantagioni e per essere oggetto stesso del loro studio. La Società Botanica Italiana è giustamente preoccupata per coltivazioni agricole o altri interventi che deturpano il paesaggio ma non è il caso del bambù. Nelle nostre coltivazioni, non utilizzando sistemici antiparassitari, diserbanti e disseccanti, contribuiamo alla salvaguardia del paesaggio, della natura e della biodiversità. Normalmente invece, l’agricoltura fa ampio uso di questi sistemi che danneggiano il microbiota del suolo (ovvero l’insieme di organismi che lo arricchiscono e lo rigenerano) e queste sostanze (si pensi al glifosato) per dilavamento arrivano nei corsi d’acqua e valle e poi, nel caso di Castiglione, nella riserva della Diaccia Botrona causando danni all’ecosistema. Cosa che non accade affatto con il metodo di coltivazione biologico biodinamico e simbiotico che utilizza Forever Bambù che invece lascia il terreno più fertile.
La società botanica italiana lamenta il fatto che il bambù non è comprovato che assorba le emissioni ma che, soprattutto, se abbandonato possa “colonizzare” il territorio con il rischio di attaccare ecosistemi e biodiversità. Cosa rispondere a riguardo?
Il fatto che il bambù possa “colonizzare” una volta abbandonato (per quanto riguarda Castiglione della Pescaia) è assolutamente impossibile per due aspetti: il primo che Forever Bambù ha una fideiussione a protezione dei terreni che ha di proprietà e, qualora qualcosa dovesse accadere alla società o essa decidesse di dedicarsi ad altro, la fideiussione consentirà di coprire i costi di bonifica e ripristino dei terreni. In secondo luogo a Castiglione è impossibile che il bambù si espanda dati i fossati che perimetrano il terreno, gli alti argini e il fatto che vi sono dei corsi d’acqua. Il bambù infatti, pur avendo bisogno di molta acqua per crescere nei primi 4/5 anni di vita odia l’acqua stagnante e i corsi d’acqua, non è una specie che sta bene in terreni umidi o saturi di acqua (ha bisogno sì di essere irrigato ma non di stare all’interno di terreni troppo umidi). Quindi quando il bambù si trova davanti un fiume non lo attraversa; in più il bambù ha un rizoma che corre in profondità per 30 40 cm al massimo sotto terra, non si tratta quindi di una pianta che va in profondità come la quercia ma viaggia a livello superficiale e quindi barriere importanti lo ostacolano. La Società Botanica Italiana, come precedentemente detto, fa riferimento a bambuseti non gestiti perché non conoscono il bambuseto di Forever Bambù, quindi continuano ad affermare concetti che non riguardano il mondo e il modo di agire di Forever Bambù.
Note tecniche del bambù
Note-tecniche-CastiglioneCi sono realmente pericoli da questo punto di vista ad esempio perché nelle vicinanze sorge la riserva Diaccia Botrona?
Pericoli non ce ne sono perché da un lato le barriere naturali – come appena detto – tengono confinato il bambù, dall’altro lato il nostro bambuseto viene gestito e tagliato regolarmente, per evitare che vada all’esterno del perimetro. Con il taglio stesso si inibisce la potenza della foresta e il rizoma si trova quindi depotenziato. Tagliando e asportando un terzo della foresta ogni anno, si inibisce il desiderio della pianta di andare all’esterno perché ha già un terzo di foresta ovvero 3000 metri che deve nuovamente fare nascere ogni anno. Solo quando il bambù è naturaliforme, cioè selvatico, può infittirsi senza diradamento interno e allora tende a colonizzare le aree circostanti. Tutto ciò in aggiunta alla fideiussione di cui parlavamo prima nel caso in cui la società non sia più in grado di gestire il bambuseto.
Perché il bambù viene definito un esempio di “green economy”?
Una piantagione di bambù gigante gestita con il metodo Forever Bambù sequestra 36 volte più CO2 di un bosco tradizionale, non è trattata con diserbanti, disseccanti e altre sostanze chimiche, al contrario le nostre tecniche agricole stimolano il proliferare del microbiota rendendo il terreno più fertile. Con le nostre canne si possono creare delle strepitose bioplastiche in fibra di bambù per andare a sostituire completamente tutta la plastica, dai piccoli oggetti fino a scocche di veicoli. Utilizzando il bambù per produrre beni durevoli come le bioplastiche e tagliando le canne periodicamente abbiamo un doppio vantaggio: produciamo le bioplastiche e nel contempo migliora la performance di assorbimento di CO2 della foresta poiché, chiudendo il carbonio della CO2 assorbito dalle canne in prodotti durevoli come le bioplastiche, c’è un reale assorbimento delle emissioni di CO2 in un processo davvero circolare, green e sostenibile.
Report assorbimenti del bambù
I_REPORT-ASSORBIMENTI-BAMBU_MODIFICHEVogliamo ancora poter dire qualcosa alla Società botanica italiana per tranquillizzare gli studiosi di fronte alle preoccupazioni in atto?
Quello in cui opera Forever Bambù è un nuovo mercato in cui noi siamo pioneri e leader. Ora bisogna solo creare nuove regole, e ci piacerebbe farlo anche grazie all’aiuto e al supporto delle Istituzioni e degli Enti di Ricerca. Rimaniamo a disposizione e rinnoviamo l’invito fatto ai professori della Società Botanica Italiana e agli studiosi in generale: venite a trovarci e a studiarci!
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