I 17 obiettivi dell’Agenda 2030 visti dai giovani e raccontati dai giornalisti. Una ricerca della Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale – Università Pontificia salesiana in collaborazione con UCSI – Unione Cattolica della Stampa Italiana. Ne abbiamo parlato con le curatrici Maria Paola Piccini e Paola Springhetti
I giovani in maggioranza (51,5%) non conoscono l’Agenda 2030 e i suoi obiettivi di sviluppo sostenibile e ritengono che l’informazione non ne parli abbastanza.
In realtà, l’informazione mainstream si dice molto disponibile, ma tende ad occuparsi più dei temi che dell’Agenda in senso stretto.
La distinzione può sembrare sottile, ma è sostanziale: gli obiettivi dell’Agenda non possono essere raggiunti se non attraverso la convergenza di scelte politiche, economiche, sociali e individuali.
E non ci può essere convergenza sulle scelte se non c’è condivisione degli obiettivi, così come non si possono misurare progressi e regressi se non ci sono riferimenti comuni.
Pensare il futuro con l’Agenda 2030, in che modo?
La Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale dell’Università Salesiana e l’UCSI hanno realizzato una duplice ricerca che riguarda l’Agenda 2030, per indagare la conoscenza che ne hanno i giovani e l’atteggiamento che hanno sviluppato nei suoi confronti e per interrogare il mondo dell’informazione mainstream sullo spazio che ad essa viene dato e sulle modalità con cui vengono affrontati i temi che pone.
I risultati dell’indagine e alcuni approfondimenti sono stati pubblicati nel volume Pensare il futuro. I 17 obiettivi dell’Agenda visti dai giovani e raccontati dai giornalisti (Ed. LAS, 2021), curato da Maria Paola Piccini e Paola Springhetti. La ricerca si divide in due macro sezioni di indagine: I giovani e l’Agenda e L’informazione e l’Agenda. Abbiamo provato a capirne di più in questa intervista con le curatrici.
Quali sono i dati principali che emergono dalla ricerca?
Il dato più evidente è che più della metà dei giovani (il 51,5%) non conosce l’Agenda 2030 e i suoi obiettivi. E probabilmente è una percentuale ottimistica, perché i giovani che hanno risposto non sono un campione rappresentativo, ma quelli che hanno liberamente scelto di compilare il questionario. Quindi, probabilmente, quelli che pensavano di avere qualche cosa da dire su questi temi.
È un dato che fa pensare, perché sappiamo che ad alcuni temi che l’Agenda propone sono molto sensibili: l’ambiente e il clima, soprattutto. Non conoscere l’Agenda vuol dire non sapere che ci sono obiettivi condivisi e quantificabili, sottoscritti da 193 Paesi, che si sono impegnati a raggiungerli.
E quindi non avere strumenti per capire se su questi temi il nostro Paese va avanti, va indietro o resta fermo. L’Agenda 2030 è uno strumento per far uscire dalla genericità il nostro modo di pensare un futuro sostenibile e per trasformarlo in scelte culturali, sociali, politiche.
Come vengono recepiti dai giovani i 17 obiettivi dell’Agenda 2030 e come si informano?
I giovani dicono di informarsi prevalentemente sui social network, in secondo luogo dai Tg e poi dal web. Prediligono questi strumenti perché sono accessibili e perché li ritengono più aggiornati.
La cosa interessante, però, è che dicono di fidarsi di più di altri strumenti: quotidiani e periodici cartacei, tv all news e radio. Insomma, usano gli strumenti che hanno a portata di mano, pur sapendo che non sono attendibili.
D’altra parte, il movimento dei Fridays for Future, che tanto ha coinvolto gli studenti soprattutto sui temi del clima e dell’ambiente, è nato, si è sviluppato e si è organizzato soprattutto sui social.
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Cosa chiedono i giovani dai 17 obiettivi dell’Agenda 2030 e cosa chiedono dall’informazione, quali mali vedono nell’informazione stessa?
In assoluto, i temi che più interessano i giovani intervistati sono quello dell’Istruzione di qualità (49,2%), seguito da Salute e benessere (36,6%) e da quello sulla Parità di genere (29,4%): si tratta dei temi che li toccano direttamente e rispetto ai quali si aspettano anche scelte politiche che facilitino il raggiungimento degli obiettivi.
Lavoro dignitoso e crescita economica e Salute e benessere sono, secondo loro, i temi che più interessando alla gente.
All’informazione chiedono più attenzione all’Agenda 2030. Nel questionario non c’era una domanda specifica su quali siano i mali dell’informazione secondo loro, ma è indicativo il fatto che si fidano poco dei media: si fidano piuttosto delle fonti tradizionali, degli scienziati, anche di amici e parenti, meno dei new media, che pure “abitano”.
Ancora minore fiducia, infine, è attribuita dai giovani intervistati a politici e ai partiti, ma anche agli influencer.
Come vedono il loro futuro in questo Paese, le loro prospettive di lavoro?
Come forse ci si poteva aspettare, vedono il proprio futuro con qualche ansia: il 92% per cento di chi ha risposto al questionario dice di essere “abbastanza” o “molto” preoccupato.
Soprattutto temono di non trovare lavoro, anche perché dubitano di essere sufficientemente preparati.
Per quanto riguarda gli obiettivi dell’Agenda 2030, invece, si preoccupano soprattutto per l’inquinamento ambientale (53,0%); la violenza/delinquenza presente nella società (bullismo, mafia, criminalità, terrorismo…, 43,8%); la crisi economica mondiale (43,2%).
Di cosa c’è più bisogno per la realizzazione di questi obiettivi secondo i giovani?
Quando abbiamo chiesto di chi è la responsabilità di un futuro sostenibile, i giovani hanno risposto mettendo sullo stesso piano il comportamento delle persone (8.97 punti su 10) e la politica (8,89 su 10).
Sono quindi consapevoli della necessità di fare scelte politiche chiare, ma anche dell’importanza delle scelte individuali: le due dimensioni vanno di pari passo. Di conseguenza sono molto disponibili ad assumersi responsabilità personali, che si traducono in gesti quotidiani.
Al primo posto, tra i comportamenti quotidiani da adottare, mettono il praticare correttamente la raccolta differenziata (9,09 su 10), seguito dall’evitare l’uso della plastica (8,89), se possibile muoversi in bicicletta (8.45), mangiare prodotti locali (8,44), utilizzare l’automobile il meno possibile e condividerla (8,39).
In fondo, sono la generazione del carsharing: quella che sta scoprendo che l’importante è poter usare le cose, non necessariamente possederle.