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La parola chiave è BIO, il Rapporto Bio Bank

La parola chiave è BIO, il Rapporto Bio Bank
La parola chiave è BIO, il Rapporto Bio Bank

Sempre di più assistiamo alla diffusione del termine BIO. Basti pensare a quante volte ci capita di incontrare questa parola navigando nel web, tra i giornali, guardando la tv o entrando in un supermercato. Un dato è certo: la crescita delle vendite relative al settore ha avuto un incremento del 16,3% rispetto all’anno precedente

Lo ha confermato anche il Rapporto Bio Bank 2018, presentato ufficialmente al Sana di Bologna il 7 settembre. Sul Rapporto sono pubblicati e analizzati i dati riferiti alle 10.001 attività censite nel 2017: 9.075 per l’alimentazione e 926 per la cosmesi. 58 pagine ricche di dati, informazioni e infografiche, da sfogliare, leggere e consultare liberamente su Issuu. BIO sembrerebbe essere la parola chiave capace di aprire qualsiasi porta e soprattutto quella dei mercati.

Considerando alcuni dati del Rapporto, tra il 2013 e il 2017, il numero di attività del settore alimentare sarebbe cresciuto di oltre il 6% e il numero di attività nel settore Cosmesi, del 177%. Per gli alimenti ancora in testa gli e-commerce di alimenti bio, passati dai 147 del 2013 ai 344 del 2017, con una crescita del 134%, e i ristoranti bio, passati da 350 a 556, con una crescita del 58,9%.

Seguono i 1.437 negozi specializzati di alimenti bio (+12,5%), le 1.311 mense scolastiche (+6,1%), i 238 mercatini (+3%), mentre le 2.879 aziende con vendita diretta crescono appena dell’1,5%. In calo gli agriturismi a quota 1.497 (-4,5%) e i gruppi d’acquisto solidale a 813 (-8,3%).

Per la Cosmesi guidano ancora il trend le profumerie, balzate dalle 49 del 2013 alle 245 del 2017 (+400%). Notevole lo sviluppo degli e-commerce di cosmesi bio, passati da 70 a 255 (+264,3%). Significativo l’aumento delle aziende di cosmesi bio e detergenza eco certificate, che raddoppiano passando da 215 a 426 (+98,1%).

La classifica delle regioni leader per numero assoluto di attività del biologico nel 2017 riconferma la Lombardia con ben 1.417 attività, prima per numero di gruppi d’acquisto, negozi, mense, aziende ed e-commerce di cosmesi. Al secondo posto ancora l’Emilia-Romagna con 1.312 attività, che primeggia con vendita diretta, mercatini, e-commerce di alimenti e ristoranti.

Al terzo la Toscana con 1.126 realtà, regina incontrastata degli agriturismi. Anche alla guida della classifica per densità di attività si riconfermano le stesse tre regioni del Centro Italia: le Marche con 397 attività per milione di abitanti, l’Umbria con 347 e la Toscana con 301.

Tra le regioni leader in Italia solo una è presente sia nella classifica per numero sia in quella per densità: è la Toscana. Tra le regioni leader in una singola tipologia entra per la prima volta il Sud, con la Campania, leader per numero di profumerie bio.

Alla luce di questi dati, ci si potrebbe però domandare quale sia il BIO che realmente vogliamo: per tutti o solo per qualcuno? Anonimo o identitario? D’importazione o nazionale?

Ma in particolar modo, verrebbe da chiedersi, se questo sia il punto di arrivo o il punto di partenza del biologico. Attualmente abbiamo da una parte delle aziende che propongono un BIO basico, con il rispetto del regolamento europeo e che si accontentano dell’Eurofoglia; dall’altra le aziende storiche del bio, che continuano la scalata dei valori nel segno della qualità totale: il bio legato all’origine delle materie prime (locale, regionale, made in Italy), quello che si evolve in biodinamico, che fa filiera (giusto prezzo ai produttori e distribuzione equa del valore lungo tutta la catena), quello etico (pizzo-free, caporalato-free), solidale (equo, sociale) e si potrebbe continuare.

Tuttavia, con l’espansione del BIO, sembra che le aziende pioniere dovranno dirigersi sempre di più verso i valori originari di questo settore, valori che lo caratterizzano sin dal suo esordio e che lo hanno portato alla sua diffusione e al suo attuale e crescente successo.

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