Dalla ricerca sulle abitudini e preferenze degli italiani, emerge come l’86,4% mostri totale fiducia nell’industria alimentare italiana. Con un fatturato annuo di 179 miliardi di euro, 60 mila imprese e 464 mila occupati, è componente di primo piano dell’interesse nazionale.
Cosa si vuole intendere quando si parla di valore economico e sociale dell’industria alimentare? Ci si riferisce alle due componenti: una che guarda alla capacità di generare prodotti e occupazione, e quindi esprimere un forte potenziale economico; l’altra al contribuire, con la sua attività, al benessere psicofisico e alla qualità della vita degli italiani, dimostrando così anche un elevato valore sociale.
Il Rapporto Federalimentare-Censis dal titolo “Il valore economico e sociale dell’industria alimentare italiana” mostra con evidenza come, nelle graduatorie dei settori manifatturieri italiani, l’industria alimentare è al primo posto per fatturato, al secondo posto per numero di imprese, per addetti e per l’export in valore. In dieci anni il fatturato ha registrato in termini reali un incremento del 24,7%, il numero di addetti del 12,2% e il valore delle esportazioni del 60,3%.
L’industria alimentare risponde a una spesa interna che, come quota del totale della spesa, è in Italia pari al 16,6%, come la Spagna, superiore a Francia (15,7%), Paesi Bassi (13,9%), Germania (13,4%) e media della Ue a 27 Paesi (16,1%).
Come si evince dal Rapporto, poi, l’86,4% degli italiani dichiara di avere fiducia nell’industria alimentare italiana ed è una fiducia trasversale, che coinvolge il 93,8% degli anziani, l’84,2% degli adulti e l’81,6% dei più giovani.
Territorialità ed attenzione alle fasce più deboli
Ad emergere chiaramente è come gli italiani ripongano grande attenzione a quella che è la territorialità della produzione alimentare. Una peculiarità italiana che va di pari passo con la capacità di affermarsi del Made in Italy nel mondo. Il 78,3% degli italiani valuta molto positivamente che gli stabilimenti dell’industria alimentare siano localizzati in Italia, perché contribuiscono alla creazione di redditi e occupazione nei territori coinvolti.
Ugualmente apprezzata è, in situazioni di crisi e nell’attuale inflazione, la garanzia che l’industria alimentare offre con un’articolazione interna di prezzi che rende possibile l’inclusività, anche dei gruppi sociali più vulnerabili, nei consumi alimentari.
Prezzi e qualità nell’industria alimentare
Il 90,7% degli italiani dice che mangiare il cibo che preferisce è importante per il proprio benessere psicofisico. Pur non rinunciando al rigoroso controllo del budget familiare, il 63,4% degli italiani per alcuni alimenti acquista solo prodotti di qualità, senza badare al prezzo. Il 79%, pur praticando diete soggettive nel perimetro di quelle tipicamente italiane, apprezza la disponibilità di nuove referenze nei punti vendita.
Stili alimentari e valori degli italiani
Il 42,1% degli italiani a tavola nel quotidiano si definisce un abitudinario, cioè mangia più o meno sempre lo stesso cibo, il 20,5% un innovatore a cui piace sperimentare alimenti e gastronomie nuove, il 9,2% un salutista che mangia sempre e solo cibo che fa bene alla salute, il 7% un appassionato, cura la spesa e gli piace cucinare.
Il 6,3% è un italianista, vuole sempre e solo prodotti italiani, il 5,8% un convivialista, considera il cibo importante perché occasione per stare con gli altri, il 4,4% godereccio, perché mangia sempre quel che gli piace.
Ma cosa mangiano gli italiani? Il 92,7% ha l’abitudine di mangiare un po’ di tutto senza vincoli particolari, solo il 7,1% si dichiara vegetariano e il 4,3% vegano o vegetaliano.
Per gli italiani, infine, sono importanti anche i valori etici e sociali che li orientano quando fanno la spesa o si mettono a tavola: il 66,7% è pronto a rinunciare a prodotti che potrebbero essere dannosi per la salute,il 52,6% a quelli non in linea con criteri di sicurezza alimentare, il 43,3% a quelli la cui produzione e distribuzione non rispetta l’ambiente, il 35,6% a quelli per la cui produzione non sono tutelati i diritti dei lavoratori e dei fornitori.
Illustrando il rapporto, Paolo Mascarino, di Federalimentare, ha sottolineato come questo primo rapporto: “Certifica che l’industria alimentare italiana dà un poderoso contributo al Paese, sia come valore economico sia come valore sociale. Il settore è uno dei più dinamici e robusti dell’industria italiana e, dopo secoli di storia al fianco della nostra popolazione, vuole ancora essere impegnato a favore della crescita, nella consapevolezza di rappresentare un patrimonio nazionale nella produzione di alimenti di qualità, unici e con marchi riconoscibili. Quei prodotti del Made in Italy che, grazie all’industria alimentare italiana, costituiscono da sempre un vanto nel mondo”.
Per Massimiliano Valerii, Direttore Generale del Censis: “L’ingente contributo all’economia italiana dell’industria alimentare, con 179 miliardi di euro di fatturato e 50 miliardi di export in un anno, porta con sé anche un elevato valore sociale in termini di benessere diffuso, qualità della vita e coesione delle comunità locali. Ecco le ragioni della fiducia che l’86,4% degli italiani ha nell’industria alimentare italiana, a cui riconosce di aver dato nel tempo un contributo essenziale alla conquista e alla tutela del benessere”.
Il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha voluto sottolineare il valore strategico dell’industria alimentare come “un elemento portante della nostra economia. Bisogna sempre più comprendere la potenzialità legata ai prodotti italiani.
I dati che sono stati diffusi dal primo Rapporto Federalimentare-Censis fotografano una crescita del settore, sul quale il Governo continua a investire. La qualità è al centro del nostro dibattito e lo facciamo attenzionando il contesto, ma anche incentivando l’esportazione e promuovendo le aziende del Paese all’estero”.