(Adnkronos) – "Io non ho ucciso nessuno di questi pazienti. Non sono stata io a iniettare l'eparina e non ho commesso questi fatti orrendi di cui mi hanno accusata. E' una sentenza sbagliata, che arriva alla fine di una indagine farsa". A parlare all'Adnkronos è Fausta Bonino, ex infermiera dell'ospedale Villamarina di Piombino condannata all'ergastolo al termine del processo d'appello bis che si è celebrato a Firenze. L'accusa è di aver causato tra il settembre 2014 e il settembre 2015 la morte di quattro pazienti ricoverati nella struttura sanitaria dove lavorava con la somministrazione di dosi massicce dosi eparina. "Sono estremamente avvilita, non mi aspettavo assolutamente una sentenza del genere, dopo l'appello fatto a Firenze sinceramente ero convinta che sarebbe finito questo calvario. E invece sono ripiombata in questo incubo", continua. La donna, che oggi si è riparata nell'affetto della sua famiglia, finalmente parla dopo quella che lei definisce una "ingiustizia". "Sono dispiaciuta – ripete Fausta con voce rotta dalla sofferenza – ma più che per me per i miei figli. Erano convinti che sarebbe finito tutto, hanno già passato 8 anni in un incubo, e tutta questa situazione la stanno vivendo peggio di me. Fortunatamente abbiamo questo nipotino di 8 mesi in casa e si va avanti per lui". Solidarietà, dice la donna, è arrivata anche dagli ex colleghi di lavoro. "Mi sono stati tutti molto vicini, a parte due persone – spiega Fausta, dopo una pausa – Le colleghe mi hanno chiamato tutte, la maggior parte di loro sono venute a trovarmi, sono tutte dalla mia parte e dicono che non posso esser stata io. Così come in tutta la città di Piombino, la gente mi vuole bene e sa che sono innocente". Minacce o offese – spiega – non le ha mai subite. "Solo in prigione – ricorda – appena mi hanno arrestato, era uscito fuori che ero una pazza, che avevo ucciso 14 persone, e alcune detenute mi minacciarono. Ma lì è finita". Secondo i colpevolisti, le morti sospette nell'ospedale di Piombino, sarebbero finite dopo il licenziamento dell'ex infermiera. "Non è vero – risponde lei – Dopo che io non ero più in reparto, sono stati manomessi i risultati dell’esame di una paziente; solo a seguito di questo episodio gli inquirenti hanno deciso di trasferire le provette della paziente sottoposte ad indagini, per motivi di sicurezza, in un frigorifero munito di sistema di allarme. Ma fino a quel momento erano state a disposizione di tutti, potevano toccarle tutte. Si sono chiesti chi possa averle prese o no? E oltretutto ero convinta ci fossero le telecamere. E' pensabile mai che con le indagini in corso sarei andata a fare l'eparina? Mi sono trovata incastrata, è evidente. Le indagini sono sempre state a senso unico, indirizzate verso un unico obiettivo, scartando tutte le altre possibilità. Non so dire perché, ma è andata così". "I parenti delle vittime, poverini, secondo me non avranno mai giustizia come mai la avrò io", dice ancora Bonino. "In due casi sono stata assolta, non sono riusciti a provare la mia colpevolezza: ma per quelle morti chi hanno indagato? Hanno continuato a fare il processo su di me per altri quattro casi, e gli altri? Questa è una indagine piena di contraddizioni. Le prove mi scagionano in tutto, eppure eccomi qui. I Nas hanno indagato solo su di me, escludendo le altre persone. Hanno trovato una boccetta senza impronte grande come mai avevo visto. Ma una assassina secondo loro lascia la boccetta lì e va a nascondere la siringa? Le indagini sono state fatte malissimo, devono dimostrare che hanno trovato il colpevole, per far star zitta la gente. Non sanno come venirne fuori, se non accusando me. Se ne sono lavati le mani. Io spero che i giudici si mettano una mano sul cuore, affinché non mandino una persona innocente a scontare l'ergastolo in presenza di tutte queste gravissime contraddizioni. In che mani siamo?". E ancora: "La Cassazione? Io sono dubbiosa anche che mi accettino il ricorso. Ho paura. La notte non dormo più – dice piangendo, Fausta – Questa è una storia che non può esistere. Non si può dare l'ergastolo a una persona innocente con delle indagini fatte male da gente che non ha cuore. Nessun parente di una vittima potrebbe esser contento che un innocente va in galera, vorrebbe che ci andasse il vero colpevole. Chiedo a tutti di rivoltarsi a questo sistema che non va bene. Non c'è una prova, niente su di me. Com'è possibile? Quello che è successo a me può succedere a chiunque. Io ero nata per fare l'infermiera. Mi sono iscritta a 16 anni alla scuola, dopo due anni di superiori. Fino al 2013 avevo lavorato da sola, mettevo i pacemaker, i pazienti mi riconoscevano fuori. Avevo la gratitudine di tutti loro, una passione per il lavoro che ha ispirato anche mio figlio, che adesso lavora come medico anestesista. Perché avrei dovuto combinare questa cosa, che motivazione avrei avuto? All'inizio il mio lavoro mi è mancato tanto, all'inizio. Ora sono passati nove anni e con questo processo, dopo tutto questo calvario, non più". (di Silvia Mancinelli) —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)