End of waste, dove andranno a finire i rifiuti? Con la sentenza 28 febbraio 2018 n. 1229, il Consiglio di Stato ha stabilito che spetta allo Stato, e non alle Regioni, individuare i casi e le condizioni in cui un rifiuto può essere considerato “end of waste”, al termine di un processo di recupero
Con tale Sentenza viene infatti chiarito in via definitiva il destinatario del potere di determinare la cessazione della qualifica di rifiuto è, per la Direttiva, lo “Stato”, che assume anche obbligo di interlocuzione con la Commissione.
Dopo la Sentenza del Consiglio di Stato dello scorso anno, l’intervento normativo contenuto nella legge n. 55 del 14 giugno 2019 di conversione del Decreto “Sblocca cantieri” in materia di cessazione della qualifica di rifiuto (End of Waste) non ha risolto questa grave situazione, limitandosi a salvaguardare le tipologie e le attività di riciclo previste e regolate dal DM 5 febbraio 1998 e successivi.
Rimangono escluse quindi le numerose tipologie, provenienze, caratteristiche di rifiuti, attività di recupero e dei materiali che nel frattempo sono stati sviluppati. Il blocco del riciclo che si è così creato investe la maggior parte delle tipologie di rifiuti e di attività di riciclo, con un grave ostacolo allo sviluppo dell’economia circolare e generando concreti rischi, in diverse località, anche per la gestione di importanti quantità di rifiuti.
End of waste, un passo indietro per il riciclo?
Tanto per avere un’idea della situazione, all’estero gli impianti di riciclo, rigenerazione e trattamento dei rifiuti domestici e anche dei rifiuti industriali e ospedalieri sono “full”. Cominciano a essere respinti i camion carichi di materiali da rigenerare, i prezzi lievitano. I rifiuti domestici (urbani) sono circa 29,5 milioni di tonnellate l’anno. I rifiuti delle imprese (speciali) sono 135 milioni di tonnellate, in massima parte riciclate e rigenerate; fra questi ci sono 9,6 milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi.
Come riportato da Il Sole 24 Ore in un articolo recente firmato da Jacopo Giliberto, “Il riciclo si blocca per la nuovissima e improbabile norma end-of-waste che riporta il riciclo alle tecnologie di 20 anni fa e — invece di regolare il ricupero e la rigenerazione dei rifiuti — paralizza l’ambiente e mette le imprese nelle mani di burocrati con il terrore di firmare qualsiasi permesso e di ricattatori della denuncia. La soluzione in qualche caso sarà aumentare i costi di produzione delle fabbriche. In altri casi la soluzione sarà cercare ripieghi d’emergenza: rivolgersi a chi, fingendo di seguire l’etica d’impresa, si sbarazzerà dei rifiuti in modo improprio”.
L’appello delle organizzazioni delle imprese
E se a inquinare fossero gli eccessi di burocrazia? Per questo motivo circa 40 organizzazioni delle imprese italiane, tra cui Confindustria, Confartigianato, Assovetro, Assocarta, Comieco, Confagricoltura, Ricrea, Corepla, Green economy network di Assolombarda e Circular economy network, proporranno ua appello al governo per sbloccare il riciclo dei rifiuti. Se non si farà chiarezza su una materia così complessa, il rischio è la paralisi. Dell’economia circolare, dell’ambiente e di tanti buoni propositi. Se il riciclo si blocca e non si farà chiarezza sulle procedure, come andrà a finire?