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Emergenza: cominciamo dai presidi geologici territoriali

Foto di Martins Krastins da Pexels

Emergenza: maltempo, frane, alluvioni. E ora anche il vento, forte fortissimo, raffiche violente e continue mai sentite con tale entità, qui in Italia, soprattutto tra i boschi delle Alpi, dove gli alberi abbattuti mostrano un paesaggio che non avremmo mai voluto vedere. E i morti. Anche uno solo sarebbe stato troppo. Strade e case spazzate via

Certo, i fenomeni si sono abbattuti in modo eccezionale ma non c’è proprio nulla da fare? Dobbiamo rassegnarci a una “Natura Matrigna”, come scriveva Leopardi nel 1800 o addirittura “killer”, come ha titolato qualche tg? Non è così.

Contro l’emergenza la pianificazione giusta

Le informazioni sulla vulnerabilità del nostro paese, baciato dalla fortuna di avere scenari incantevoli, ci sono. Ad esempio si sa che certe abitazioni sono abusive, che non dovrebbero stare là, con ordinanza precise per essere abbattute, poiché ci sono obblighi previsti per legge. E invece no. Perché? Legambiente solo qualche mese fa, a settembre, ha pubblicato un dossier “Abbatti l’abuso”, secondo il quale almeno l’80% delle ordinanze di demolizione delle abitazioni non è stato eseguito e gli edifici restano ancora al loro posto (non si sa per quanto, evidentemente). L’indagine è stata realizzata dall’associazione a partire dai dati forniti da 1.804 comuni italiani (il 22,6% del totale), con una analisi del fenomeno dal 2004, anno successivo all’ultimo condono edilizio, ma oltre 6mila di loro non ha dato informazioni, mentre 84 le hanno addirittura negate.

A luglio invece l’Ispra, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ha presentato la mappa aggiornata nazionale del dissesto idrogeologico. I dati (relativi al 2017) parlano chiaro: è a rischio il 91% dei comuni italiani (nel 2015 erano 88%). Il 16,6% del territorio nazionale appartiene alle classi a maggiore pericolosità per frane e alluvioni. In queste aree vivono oltre 7 milioni di persone. 83mila sono le industrie e i servizi, con più di 217mila addetti, anch’essi a rischio, come 38 mila beni culturali che hanno a che fare con le frane, 40 mila con le inondazioni.

Come si può intervenire?

Servono risorse finanziare, tante, e interventi strutturali, all’interno di una pianificazione mirata e un monitoraggio continuo del territorio. “Tanto più che oggi abbiamo anche tecniche avanzate per farlo”, dice Arcangelo Francesco Violo, segretario del Consiglio Nazionale dei geologi. “E si può cominciare mettendo a punto i presidi geologici territoriali. Grazie a professionisti con le competenze giuste, come i geologi o gli ingegneri geotecnici: conoscendo il territorio possono vedere sul campo gli effetti del rischio, tenerlo d’occhio sempre, studiare soluzioni opportune e dare l’allerta in caso di emergenza, coordinandosi con la Protezione Civile in modo efficiente e operativo, con l’obiettivo primario di salvare vite, proprio grazie all’acquisizione tempestiva delle informazioni utili del territorio”.

Già, perché se c’è un’emergenza, bisogna che ci sia qualcuno che a livello locale risponda con le professionalità adeguate. È essenziale che comuni, insieme o da soli, si “equipaggino” di questi professionisti, ad esempio assumendo geologi nei loro uffici tecnici. Ma la figura del geologo non è in genere molto apprezzata: la sua conoscenza del territorio e delle relative criticità gli fa dire molti no. E le sue considerazioni sono spesso inascoltate. C’è da dire però che “molti comuni hanno nel cassetto piani di prevenzione “, sottolinea Violo. “Purtroppo troppo spesso rimangono là e non se utilizzano le potenzialità. Speriamo almeno che si sfrutti la gran mole di dati per la messa in sicurezza del suolo raccolti da Italia Sicura”.

Questa è, anzi, era, una struttura alle dirette dipendenze di Palazzo Chigi voluta dal governo Renzi nel 2014 e chiusa da un decreto dall’attuale Consiglio dei ministri, che ha trasferito i compiti per contrastare il dissesto idrogeologico al ministero dell’Ambiente (che promette 50 milioni di euro subito e 900 milioni per i prossimi tre anni). “Manca in Italia una cultura geologica, aggiunge il dr Violo, “anche se le cose stanno cambiando. Importante è acquisire consapevolezza della fragilità, a partire dalla scuola dove dal 16 novembre parte l’iniziativaLa Terra vista da un professionista: a scuola con il Geologo”: andremo a parlare dell’importanza degli interventi di prevenzione e di difesa del territorio”.

Attenzione alle allerte

Una informazione utile per tutti intanto è stare attenti alle notizie della Protezione Civile e dei suoi allarmi di allerta, attivando in ciascuno di noi una “auto-protezione civile”, con comportamenti idonei alla situazione, per non mettere in pericolo la nostra e altrui sicurezza.

Quando piove tanto non prendere l’auto: anche pochi cm di acqua possono farla sbandare; stare lontano dai corsi d’acqua e dai sottopassaggi, dagli argini e dai pontili; con i forti venti attenzione alle zone alberate, ma anche a tegole, impalcature, gazebi e, se alla guida, occhio alle raffiche che possono fare sbandare. I punti più problematici sono l’uscita dalle gallerie e i viadotti. Prudenza su lungomare e strade costiere, dove al vento si possono associare mareggiate anche intense.

Il numero verde della Protezione Civile è 800840840 (8-20 lunedì-sabato, sempre in emergenza).

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