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Didattica a distanza , l’incubo è finito ma la DAD ha funzionato?

Didattica a distanza , l’incubo è finito ma la DAD ha funzionato?
Foto di khamkhor da Pixabay

Didattica a distanza, ha funzionato veramente? Quando tutte le scuole italiane, repentinamente, sono state chiuse e sigillate a causa del lockdown, si è dovuto sopperire all’improvvisa interruzione dell’insegnamento scolastico, altrimenti il rischio era perdere un anno quasi intero di lezioni per poi ritrovarsi l’anno successivo a rifare tutto da capo.

Tra piattaforme di vario genere e collegamenti di ampia manifattura individuale, dove ci si è improvvisati tecnici informatici, intere classi scolastiche si sono ritrovate a condividere i compagni e le maestre dietro lo schermo di un computer e a gestire tutto questo senza alcuna preparazione.

E se è da riconoscere l’indubbio carico da parte di tutti, personale scolastico e nuclei familiari, è forse più rilevante l’impegno posto da ragazzi e bambini, soprattutto quelli più piccoli che si sono presentati all’appuntamento confusi, spaesati, spesso impreparati, ma soprattutto sostenuti o abbandonati dalle famiglie dinanzi a sua Maestà la didattica a distanza.

Una regina che ha messo tutti in soggezione, ma che si è rivelata la moglie indiscussa di sua altezza l’istruzione, in un frangente Covid ha fecondato diversi aspetti sociali a cui non eravamo preparati.

Come il lavoro a distanza, cosiddetto smart working, ha reso produttivo il lavorare da casa con conseguenze sociali disparate, cosi sua altezza reale la didattica a distanza ci ha cambiato la scuola per sempre!

Gli aspetti positivi della didattica a distanza

Sicuramente l’aspetto oggettivo principe della didattica a distanza è stato il fatto che la scuola non ha cessato di esistere nel quotidiano degli studenti e, seppur in modi differenti e discutibili, l’anno non è andato perduto.

È stato anche un arricchimento per tutti: bambini che hanno imparato ad utilizzare il pc e il telefono, studenti di varie età che hanno imparato a interagire di fronte alla platea nascosta del teatro del collegamento, a gestirne l’ansia, e non da meno insegnanti che hanno acquisito nuove competenze digitali.

Ma è stata soprattutto una grande occasione per trasmettere speranza, forza e senso di responsabilità in un momento storico in cui l’ansia per il futuro aveva bisogno di esempi concreti che tutto sarebbe continuato e che sarebbe andato tutto bene.

Ma che cosa è la didattica a distanza?

Il Miur, dopo un primo momento di self made lasciato alla buona volontà dei singoli istituti scolastici, è intervenuto con la scelta comune della piattaforma G Suite for Education di Google che ha permesso alle due parti interessate di creare on line una vera e propria classe virtuale.

Classroom, per usare nomi e cognomi, ha permesso di invitare gli studenti a specifiche lezioni, come in classe durante l’ora di matematica piuttosto che d’inglese, con il dovuto cambio di insegnanti, condividendo il proprio schermo e mostrando documenti, video, slide, e addirittura chattando.

In questo modo, pur non essendoci uno spazio condiviso fisicamente e un interazione fisica vera e propria, studenti e docenti si sono riuniti per continuare a svolgere le lezioni previste dal programma ministeriale.

E gli svantaggi?

La DAD, didattica a distanza appunto, non è stata però molto ben quotata dalle famiglie italiane che si sono ritrovate a gestire contemporaneamente il lavoro da casa e la didattica dei figli. Soprattutto per i bambini più piccoli, per i vari collegamenti, l’impegno reciproco della classe non era sufficiente a far funzionare la didattica.

Ma non solo: spesso mancavano gli strumenti informatici che andavano giostrati tra lavoro e collegamento scolastico, alcune famiglie poi erano totalmente prive sia di pc che di cultura informatica, per non parlare poi della condivisione di spazi tra genitori e figli al computer e tra più figli di una stessa famiglia con la coincidenza dei diversi collegamenti.

Oltre a ciò, si sono sprecati i commenti sul fatto che le lezioni a distanza hanno invalidato la dimensione dell’interazione tra studente e insegnante, una nota questa di spessore indiscutibile ma fatta in un momento storico in cui non ci pare avessimo altra scelta!

Certo, il contatto umano, lo sappiamo bene, è fatto anche di gesti, di sguardi e di calore che fa la differenza anche nel processo di apprendimento, nell’ascolto dell’altro e per la comprensione dei contenuti didattici.

La tecnologia ancora non ci permette tutto questo, è lenta, meno diretta, e soprattutto non permette di sfruttare i legami che si creano in presenza, le affinità, l’amicizia e anche l’antipatia verso l’altro. Tutto è virtuale e si rimanda alla presenza per essere verificato, come in una fase due del rapporto che non è necessaria quando interagiamo di persona.

È pur vero che nessuno ha fatto lezione con degli sconosciuti ma spesso l’interfaccia del pc porta a fraintendere e a distorcere il messaggio e in tanti si sono posti il problema di come e quanto questo inciderà sulla valutazione finale degli studenti.

Ma avevamo altra scelta?

Se è verissimo che la scuola non può essere rimpiazzata da un tablet e che l’insegnamento da remoto toglie spessore alla socialità e all’apprendimento quale crescita intellettuale e morale, è anche vero che non abbiamo potuto fare altrimenti per tanti motivi.

Il più importante è stato quello di salvare un anno scolastico e non permettere la disgregazione di intere classi che comunque, alla fine, quando tutto sarebbe andato bene come previsto, avremmo dovuto rincollare.

Sarà un lavoro da fare in ogni caso, ma almeno non dovremo ripartire da una tabula “rasata” al suolo dall’isolamento totale perché, per una volta, la tecnologia ci ha tenuto tutti uniti e insieme e la didattica a distanza ci ha tenuti alla giusta distanza di sicurezza.

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