Il desealing può rappresentare una soluzione concreta per porre freno al consumo di suolo e riqualificare territori urbani restituendoli alla natura. Vediamo meglio di cosa si tratta
Chi non ricorda Adriano Celentano che cantava “là dove c’era l’erba ora c’è una città”, ecco in modo spicciolo e grossolano spiegato il consumo di suolo. Il fenomeno, come sottolinea il Sistema Nazionale per la protezione dell’Ambiente, riguarda “la perdita di una risorsa ambientale fondamentale, dovuta all’occupazione di una superficie originariamente agricola, naturale o seminaturale. Si tratta principalmente di una copertura artificiale di terreno dovuta a dinamiche insediative, pensiamo alla costruzione di nuovi edifici o infrastrutture, all’espansione delle città ed in genere alla conversione di terreno entro un’area urbana. Per cui prati, boschi, campi e aree incolte vengono mangiati dall’asfalto e dal cemento“.
Il consumo di suolo, in Italia, viene monitorato dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (Snpa) che ogni anno realizza il Rapporto nazionale Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici, redatto dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra).
I dati del 2021 che emergono dal Rapporto sono preoccupanti ed allarmanti. Con una media di 19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi dieci anni, e una velocità che supera i 2 metri quadrati al secondo, il consumo di suolo torna a crescere e, nel 2021, sfiora i 70 km2 di nuove coperture artificiali in un solo anno. Il cemento ricopre ormai 21.500 km2 di suolo nazionale, dei quali 5.400, un territorio grande quanto la Liguria, riguardano i soli edifici che rappresentano il 25% dell’intero suolo consumato.
Nel suo insieme, il 7,13 per cento del suolo italiano è stato coperto da edifici, infrastrutture, parcheggi, strade, spazi commerciali, aziende. Con picchi del 12,12 per cento in Lombardia e dell’11,9 per cento in Veneto. 1.153 chilometri quadrati di territorio naturale e semi-naturale sono stati sacrificati soltanto negli ultimi 15 anni, tra il 2006 e il 2021. Pensiamo, per rendere l’idea, alla provincia di Prato sommata a quella di Lodi.
Il desealing, una soluzione
Ma esiste un modo per cercare di contenere tutto questo? Il primo e il più scontato sarebbe quello di contenere la cementificazione e di conseguenza il consumo di suolo. Ma non è l’unica opportunità. Un’altra si chiama desealing, letteralmente interventi di desigillazione del suolo. In buona sostanza l’individuazione di particolari zone di una città che vengono liberate dal cemento, dall’asfalto e da eventuali edifici ed un conseguente ripristino a verde con riporto di terreno dove tornare a far crescere erba, piante ed alberi. Porzioni della città che vengono restituite alla natura.
Servono competenza ed attenzione
Si tratta di interventi estremamente delicati che vanno compiuti con grande competenza senza improvvisazioni. Obbligatorio, dunque, uno studio attento del territorio dove si va ad intervenire, con grande attenzione anche a quelli che sono i costi dell’operazione di desealing, soprattutto per non rischiare una spesa ingente che porti a risultati controproducenti.
I vantaggi di un intervento di desealing aumentando le aree verdi
Restituire alla natura aree delle nostre città può portare benefici concreti e tangibili. Aumentare le aree verdi a vantaggio di aree precedentemente impermeabilizzate favorisce:
• Una maggiore salvaguardia della biodiversità, favorendo la crescita spontanea di flora e fauna e salvaguardando gli insetti impollinatori;
• Il suolo acquista maggiore permeabilità, può drenare meglio le piogge e di conseguenza allontana il rischio di inondazioni e allagamenti;
• Grazie alla presenza di un maggiore verde urbano si mitigano le temperature e di conseguenza le ondate di caldo;
• Le città diventano migliori, più gradevoli da un punto di vista estetico e ne guadagna la qualità di vita dei cittadini.
Gli esempi in Italia e nel mondo
Al contrario di quanto si possa pensare a livello nazionale e mondiale non mancano esempi di interventi realizzati o in fase di studio. Uno dei più noti è quello di New York, quando, nel 2002, si è deciso di riqualificare la High Line, una vecchia linea ferroviaria in totale abbandono, alla quale è stata data nuova vita con una passeggiata nel verde.
Diversi i progetti anche in Italia. Tra questi da ricordare quelli di SOS4LIFE a San Lazzaro di Savena, area artigianale “Caselle” lungo il torrente Savena; a Forlì, nell’area antistante il complesso dei Musei San Domenico; a Carpi, nell’area adiacente a Piazza dei Martiri.
Consumo di suolo, gli obiettivi in Italia e in Europa
Molto poco ancora, va però tenuta viva la speranza che i dati abbastanza preoccupanti di perdita del suolo possano far partire nuovi studi e nuove iniziative. Anche perché, come ci dicono i responsabili del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, gli orientamenti e gli obiettivi comunitari sono abbastanza stringenti ed impegnativi. A fine 2021 la Commissione Europea ha approvato la nuova strategia dell’UE per il suolo per il 2030 per ribadire come la salute del suolo sia essenziale per conseguire gli obiettivi in materia di clima e di biodiversità del Green Deal europeo.
La strategia definisce un quadro e misure concrete per proteggere e ripristinare i suoli e garantire che siano utilizzati in modo sostenibile. Determina una visione e gli obiettivi per un azzeramento del consumo di suolo entro il 2050, con azioni concrete entro il 2030. La Commissione, con l’approvazione della Strategia, si è impegnata, inoltre, ad approvare una nuova legge sulla salute del suolo entro il 2023 per garantire parità di condizioni e un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute.
A livello nazionale il Piano per la transizione ecologica (PTE) ha fissato l’obiettivo di arrivare a un consumo netto pari a zero entro il 2030, ovvero anticipando di vent’anni l’obiettivo europeo e allineandosi alla data fissata dall’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile (Goal 15).
L’azzeramento del consumo di suolo, secondo il PTE, dovrà avvenire sia minimizzando gli interventi di artificializzazione, sia aumentando il ripristino naturale delle aree più compromesse, quali gli ambiti urbani e le coste ed è considerato una misura chiave anche per l’adattamento ai cambiamenti climatici, da normare attraverso un’apposita legge nazionale, come già richiamato anche dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).