Tutto il mondo sta combattendo l’emergenza coronavirus, in particolar modo la nostra amata Italia. Per arginare il contagio, nonostante la carenza di mascherine, questi dispositivi di protezione, come tanti altri oggetti usati, finiscono nella spazzatura e, da qui al mare il passo è breve.
Covid-19: mascherine sulle spiagge di Hong Kong
Grandi quantità di mascherine di ogni tipo e colore sono state ritrovate sulle spiagge e nel mare di Hong Kong. Il team di OceansAsia, organizzazione per la salvaguardia dell’ambiente marino, capitanato da Gary Stokes, sta conducendo un progetto di monitoraggio dell’inquinamento da plastica, diretto dal Dr. Teale Phelps Bondaroff
Dirctor of Research di OceansAsia. Durante una delle perlustrazioni ambientali sulle isole Sokos di Hong Kong gli operatori si sono imbattuti in un’infinità di mascherine galleggianti in mare e sulle spiagge.
L’arrivo dei dispositivi in queste acque, probabilmente è dovuto al trasporto delle correnti marine dalla popolazione che vive nelle vicinanze e che attualmente è nel pieno dell’emergenza Coronavirus.
L’errato smaltimento delle mascherine potrebbe suscitare un impatto ambientale disastroso, sovrapponendosi al serio problema, già esistente, dell’inquinamento marino.
Le mascherine difatti sono composte in gran parte da polipropilene, materiale pericoloso per la fauna marina. Il polipropilene impiega molto tempo per deteriorarsi e se fosse ingerito da pesci e altri animali marini, potrebbe arrecare loro gravi danni fino a provocarne la morte.
Inoltre, la decomposizione di questo materiale non è totale ma subisce una trasformazione in microplastiche, non escludendo così l’entrata nella filiera alimentare.
Come arginare questa nuova minaccia?
Per prima cosa la Cina dovrebbe trovare una soluzione allo smaltimento delle mascherine, come tutti i paesi produttori di dispositivi usa e getta.
L’Italia è un paese con molte aziende occupate nel settore tessile che oggi, in un momento di necessità, hanno riconvertito le loro attività nella produzione di grandi quantitativi di mascherine. La differenza della produzione “Made In Italy” da quella cinese, non è monouso, bensì riutilizzabili e lavabili.
Un caso esemplare è quello della sarta e stilista Irene Coppola che realizza le mascherine e le regala e dell’azienda pergolese Noctis, leader nel settore di letti tessili che ha avviato una linea dedicata alla produzione di mascherine e camici igienico-sanitari.
Il commissario per l’Emergenza Coronavirus, Domenico Arcuri, ha annunciato che nei prossimi giorni saranno diffuse circa 45 milioni di mascherine prodotte da un consorzio di imprese settore moda e tessile, facendo fronte alla metà del fabbisogno mensile. Speriamo non siano come quelle inviate in molti ospedali, buone solo per il prossimo carnevale, quando, come speriamo, sarà finito questo brutto momento.
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Foto: OceanAsia
Fonte : GreenMe – Il Messaggero