Il Consorzio Vino Chianti si è affidato all’agenzia di “cacciatori” Griffeshield, specializzata in nuove tecnologie informatiche a supporto delle medie e grandi aziende internazionali
Purtroppo la creatività fraudolenta sul web non conosce limiti. C’è il Chianti in polvere e c’è il Chianti al mirtillo rosso, un serio danno all’immagine dei prodotti Made in Italy. L’agenzia di “cacciatori” Griffeshield è riuscita, nei primi nove mesi del 2019 (da gennaio a settembre), ad individuare oltre 15.600 minacce e ne hanno rimosse 10.700: per la gran parte si tratta di violazioni del marchio Chianti, vendita di vini Chianti contraffatti e vendita di etichette Chianti contraffatte.
Le frodi come e dove?
- I Wine kit
Sono la principale forma di frode, sono dei preparati chimici in polvere per fare il vino in casa al costo di un euro a bottiglia: ne sono state individuate e rimosse ben 6.000.
Il Regno Unito è il mercato principale dei wine kit, dove i truffatori tendono a scaricare la responsabilità sui fornitori e il tasso di successo delle richieste di rimozione si ferma al 91%. - La concorrenza sleale
Seguono oltre 3.000 casi di concorrenza sleale, cioè di Chianti falso spacciato per vero, e poco meno di 2.000 violazioni del marchio commesse attraverso la commercializzazione di etichette contraffatte. - La principale piazza di frode sono siti web dedicati
Come Italian Chianti style, Original Chianti, Vintners Reserve Chianti e World Vineyard Italian Chianti, seguiti dai principali marketplaces, come e-Bay e Amazon.
Gli Stati Uniti rappresentano l’ostacolo più difficile da superare perché è da qui che provengono i frodatori più difficili da bloccare. Solo il 78% è il tasso di successo delle attività di “enforcement” (ovvero la pressione per rimuovere i prodotti sleali) a causa della scarsa volontà di collaborare. Mentre in Cina il successo è del 100%, poichè tutte le operazioni di invito all’interruzione dei comportamenti scorretti vanno a buon fine.
“Nel 2019 le violazioni individuate sono state un terzo rispetto all’anno precedente. Un netto calo, segno che il lavoro funziona, commenta il presidente del Consorzio Vino Chianti, Giovanni Busi. Ma è un dato che non ci permette di rilassarci: il lavoro di tutela del nostro brand e delle nostre aziende deve continuare in modo serrato e determinato perché i danni che queste truffe provocano sono milionari”.
“E’ uno sforzo enorme, conclude Giovanni Busi, che ci permette di eliminare la stragrande maggioranza delle violazioni e frodi che danneggiano il marchio Chianti nel mondo. Queste azioni hanno lo scopo di aumentare la pressione e quindi il rischio di incorrere in cause legali, educando la rete di vendita online a rispettare il marchio Chianti e soprattutto i diritti dei produttori dell’autentico vino Chianti”.
Il vino “Chianti Classico”
Siamo in Toscana: a nord di Firenze, ad ovest della vallate della Pesa e dell’Elsa, a sud dalla città di Siena, a est ci sono i monti del Chianti. Il suo territorio collinare è uno dei più suggestivi della Toscana.
Solo uve di vigneti di Sangiovese, (dal 80 al 100%), provenienti e prodotte nella zona del Chianti, possono essere utilizzate per la produzione il vino “Chianti Classico”. Anche le uve a bacca rossa provenienti da vitigni idonei alla coltivazione nella Regione Toscana nella misura massima del 20% della superficie iscritta allo schedario viticolo, possono concorrere alla produzione.
Le operazioni di vinificazione, conservazione e imbottigliamento devono avvenire esclusivamente all’interno della zona di produzione e l’immissione al consumo è consentita dal 1 ottobre successivo alla vendemmia. Per la Riserva è previsto un invecchiamento minimo obbligatorio di 24 mesi, di cui almeno 3, di affinamento in bottiglia.
Fonte: Consorzio Vino Chianti
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