Congiunti, “affetti stabili libera tutti”. Da quando è stato diffuso il D.P.C.M. del 26 aprile 2020 che all’art.1 lett. a) recita “sono consentiti solo gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute, si considerano necessari gli spostamenti per incontrare congiunti purché venga rispettato il divieto di assembramento e il distanziamento interpersonale di almeno un metro e vengano utilizzate protezioni delle vie respiratorie…”, numerosissimi sono stati gli interrogativi (e le polemiche) su quali soggetti, effettivament,- potranno circolare a partire dal 4 maggio 2020 e, soprattutto, cosa si intenda con il termine “congiunti”
Secondo il parere dei giuristi, il termine utilizzato è piuttosto atecnico e da ciò ne discenderebbe la possibilità che possa essere la forza pubblica – in sede di controlli e verifiche – a fornire una certa interpretazione ad una definizione così scivolosa. Circostanza, questa, assai pericolosa e abbandonata al libero arbitrio.
Nel tentativo di comprendere quali persone effettivamente potranno circolare senza limitazioni a partire dal fatidico 4 maggio, cerchiamo risposte concrete nel diritto positivo. Le fonti normative in cui si legge di “prossimi congiunti” sono quasi più di un centinaio ma ciò non determina una precisa definizione del suo significato intrinseco e, ad oggi, si ha ancora difficoltà a comprendere chi siano i soggetti meritevoli di tale considerazione.
Ai sensi e per gli effetti dell’art. 307 comma 4 del codice penale i congiunti sono “gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, la parte di un’unione civile tra persone dello stesso sesso, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti”.
Congiunti, il termine
Nell’accezione civilistica non esiste una definizione di congiunti ma, l’art. 74 del codice civile, invece, fornisce una definizione del concetto di parentela quale “vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite…”.
Ebbene, da una prima e sommaria lettura del dato normativo presente nelle fonti del diritto italiano, sembrerebbe che solo coloro i quali siano legati da un rapporto di sangue, di parentela o che siano riconosciuti dallo Stato quali affini possano tornare ad incontrarsi dopo il 4 maggio e, quindi, ne rimarrebbero esclusi fidanzati e coppie di fatto.
Dopo un primo momento di incertezza e sconforto ingenerato dalla confusione e vacuità del termine utilizzato dal legislatore, uno spiraglio di luce è apparso grazie all’interpretazione estensiva di una pronuncia giurisprudenziale della Corte di Cassazione a Sezioni Unite che dapprima con sentenza n. 9556 del 2002 e poi con sentenza n. 46351 del 2014, ampliando il significato di “congiunti” ivi comprendendo anche la fidanzata (non convivente) della persona che ha subito lesioni a causa del fatto illecito altrui ha – di fatto – riconosciuto anche alla partner il risarcimento del danno morale concretamente accertato, correlativamente alla specifica situazione affettiva intercorrente con la vittima.
Il dibattito sui social
Al fine di quietare i tumultuosi animi di tutti coloro i quali (sui social e non solo) manifestavano rabbia e sgomento nel veder ostacolata la possibilità di incontrare i propri affetti non “legittimi” e non “legittimati”, Palazzo Chigi è intervenuto a chiarire (sommariamente) a chi sarà possibile far visita, puntualizzando che i congiunti sono “parenti, affini, coniuge, conviventi, fidanzati stabili, affetti stabili”.
Questa è l’interpretazione emersa dopo un primo momento di caos diffuso e, a chiarire l’iniziale impasse, sono intervenuti la Ministra della Famiglia e per le pari opportunità Elena Bonetti precisando che tra i congiunti vengono ricompresi “anche fidanzati e coppie di fatto”, e il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’ Incà, ospite a “Sono le Venti”, che sul tema si è espresso evidenziando: “I congiunti? Sono anche i fidanzati. Sono chiaramente i familiari e ci sono anche i fidanzati all’interno. Chiaramente i congiunti così chiamati sono tutte le persone a cui vogliamo bene.”
E quindi, se prima il problema era definire la nozione di “congiunto”, ora la questione è comprendere quali siano “affetti stabili”; c’è uno spazio temporale definito da considerare? E a chi è rimessa la valutazione? Anche le nostre relazioni interpersonali finiranno per essere poste sotto controllo ed il rischio concreto è che dal libero arbitrio ne derivi un “affetti stabili libera tutti”.
In attesa di ulteriori chiarimenti direttamente da Palazzo Chigi, che dovrebbero pervenire nelle prossime ore, possiamo dire che la discrezionalità rimessa all’interpretazione dell’espressione “affetti stabili” creerà problemi di non poco conto. Risulta evidente che dovrà entrare in gioco il buon senso e considerazione per il Paese ed i suoi abitanti ma… il comune cittadino sarà capace di rispettare questa (ennesima) limitazione? Ai posteri l’ardua sentenza.
Articolo curato dalla redazione e realizzato con il contributo di Ludovica Del Moro.
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