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Cambio stagione: come creare un armadio più sostenibile

cambio stagione

Cambiare stagione all’armadio è una delle attività casalinghe più lunghe e snervanti. Modificando un po’ le nostre abitudini, però, non solo rendiamo il processo del cambio stagione più veloce e soddisfacente, ma riduciamo anche il nostro impatto ambientale.

L’industria della moda, specialmente occidentale, è responsabile di danni ambientali e sociali incalcolabili. Oltre al noto sfruttamento di risorse umane, specialmente da parte della catene di fast fashion, secondo l’Agenzia europea dell’ambientegli acquisti di prodotti tessili nell’UE nel 2020 hanno generato circa 270 kg di emissioni di CO2 per persona. Senza contare l’inquinamento dei mari e dei fiumi dovuto ai coloranti e alle microplastiche, che compongono la maggior parte dei nostri vestiti. Nel sopracitato report viene riportato come la produzione tessile sia responsabile di circa il 20% dell’inquinamento globale dell’acqua potabile.

Uscire totalmente da questo circolo è difficile, ma seguendo questi semplici consigli durante il cambio stagione, si può ottenere un armadio più sostenibile.

  • Innanzitutto concentrati su ciò che stai facendo. Se il cambio armadio è diventato un processo automatico di togli-inscatola-togli-appendi, non potrai renderti conto di molti aspetti importanti. Per esempio, quanti vestiti possiedi, quali non utilizzi più, quali indosserai nella prossima stagione e quali invece mancano nel guardaroba. Non ti renderai conto della qualità dei tessuti e quanto si sono deteriorati, non farai una selezione mirata dei capi da tenere e quelli da donare o eliminare. Così, ancora una volta, quando disferai nuovamente gli scatoloni, ti troverai sommerso di vestiti ma con la sensazione di non avere nulla da mettere. Se invece riuscirai a dedicare un po’ più di attenzione a ognuno dei tuoi vestiti, il tuo guardaroba può diventare davvero sostenibile dopo il cambio armadio.
  • Non buttare subito ciò che non metti più, anche perché spesso i vestiti non sono riciclabili. Secondo la stima dell’AEA, nel 2020 sono stati generati circa 16 kg di rifiuti tessili per persona nell’UE. Solo circa un quarto di questi è stato raccolto separatamente per il riutilizzo e il riciclo, il resto è finito nei rifiuti domestici misti. Ci sono altri modi per dare ai vestiti una nuova vita:
    • Regalali o vendili ad amici e parenti.
    • Contatta associazioni, parrocchie, negozi di abbigliamento usato o vintage per sapere se raccolgono capi di seconda mano. Talvolta le realtà più piccole sono anche quelle più affidabili, poiché si può vedere con i propri occhi la destinazione finale dei capi donati. Infatti, è meglio stare lontani dalle grandi catene di fast fashion che propongono di riportare i capi inutilizzati. In cambio, questi negozi danno al cliente dei buoni acquisto, il che lo obbliga a comprare vestiti nuovi, magari prodotti con materiali derivanti dai combustibili fossili, come il poliestere e sfruttando i lavoratori. Un’indagine della Changing market foundation ha rivelato che gran parte dei vestiti riportati in questi negozi vengono distrutti, buttati o abbandonati nei magazzini. Secondo la Fondazione Sviluppo sostenibile, di tutti i rifiuti tessili, l’82% proveniva dai consumatori, ma la percentuale rimanente veniva da tessili invenduti o resi dai clienti alle grande aziende. Questi spesso vengono spediti in Africa, sud est asiatico e America Latina, dove il loro futuro è incerto, come ci mostra, tra gli altri, il documentario JUNK – Armadi pieni (gratuitamente fruibile su YouTube)
    • Partecipa agli “swap party“, eventi in cui ci si scambiano i vestiti con persone che, come te, hanno svuotato il guardaroba e hanno trovato vestiti che non mettono più. Solitamente vengono organizzati da bar e locali oppure centri sociali e oratori.
Un evento di scambio di vestiti. Foto di Iris Andreoni
  • La soluzione più semplice è sicuramente quella di portare i vestiti nei comuni cassonetti sparsi per le nostre città. Il documentario JUNK ci mostra anche che anche queste realtà possono nascondere delle insidie, mandando in paesi più poveri tonnellate di vestiti senza indicare taglie e tipologia, talvolta senza nemmeno una buona selezione. Per questo, è sempre meglio rivolgersi a realtà più piccole e controllate. Sicuramente, però, questi cassonetti possono essere una soluzione, a patto di seguire bene le regole. Quelli più conosciuti sono della Caritas, fautrice dell’iconico cassonetto giallo. Altre raccolte si occupano invece della rivendita dei vestiti in veri e propri negozi, come Humana. Anche questa associazione dona una parte dei capi alle persone bisognose, ma se risultano troppo usurati, Humana ricicla i tessuti, sia per creare altri vestiti, sia per il recupero energetico, anche se in piccola percentuale.
  • Una volta trovato il luogo dove portare i tuoi vestiti inutilizzati, assicurati che siano in buono stato e ben lavati, per evitare la fine a cui abbiamo accennato prima. Le scarpe devono essere legate insieme dalle stringhe, così che non si dividano e, quindi, non vengano buttate.
  • Lo stesso processo vale per le vendite online nei siti dell’usato, come Vinted o Depop.
  • Trasforma il tuo capo vecchio creandone uno nuovo. Per esempio, un paio di jeans fuori moda può diventare un pantaloncino per l’estate. Con gli avanzi di tessuto puoi decorare portapenne, copertine di libri, oppure, se siete abbastanza abili nella sartoria, possono essere cuciti insieme e diventare una borsa. Magliette troppo usate possono diventare bandane o semplicemente stracci per le pulizie. Puoi tagliare una maglietta dalla forma strana e trasformarla in un crop-top estivo, oppure se è troppo basica puoi decorarla con una stampa o colorarla con tinte naturali. Così come delle bandane possono diventare magliettine da mare, cinture svolazzanti, elastici per capelli e così via.  
  • Per non trovarti a dire “non ho niente da mettere” dopo il cambio di stagione, conserva sempre i capi basici e classici, e in generale quelli di alta qualità che possono diventare pezzi da collezione e senza tempo. Prima di tutto li sfrutterai molto di più, inoltre potrai conservare nell’armadio in attesa che vengano riscoperti negli anni. Per quelli di bassa qualità e un po’ eccentrici, sicuramente è giusto dare loro la chance di essere riutilizzati negli anni. L’importante, appunto, è non tenerli solo per il gusto di accumularli o per affetto. Infatti, i vestiti tenuti nell’armadio si deteriorano, rovinati dalle tarme, dalla muffa o semplicemente per la decomposizione delle fibre. A quel punto, non potremo più venderli o donarli, e l’unica opzione sarà quella di buttarli via.
  • Durante il cambio armadio di stagione assicurati di riporre con cura i capi nelle apposite buste, ben sigillate e con i foglietti antitarme. In questo modo non si rovineranno e non sarai costretto a buttarli. Per un risultato migliore e salvaspazio puoi usare i sacchetti sottovuoto.
  • Qualora dovessi necessariamente buttare dei vestiti nella spazzatura, fallo coscientemente, controllando sul sito del tuo comune dove vanno smaltiti i rifiuti tessili. Purtroppo, spesso non sono riciclabili poiché composti da materiali misti o già molto lavorati. Qui torniamo quindi all’inizio: è meglio comprare meno vestiti e di qualità, sfruttarli per tutto il loro ciclo di vita e riciclarli il più possibile.
  • Prima di essere presi dalla smania di seguire tutti i nuovi trend stagionali, fermati a pensare: ho già qualcosa di simile? Mi serve veramente? È un trend che mi piace veramente o che seguo solo perché “si fa così”? È un trend che può durare oppure è passeggero? La maggior parte delle volte le risposte a queste domande ci faranno desistere dall’acquisto di cose nuove.  Alcune catene lanciano i trend anche più volte nella stessa stagione, dando il via a pratiche affatto sostenibili, né per l’ambiente né per il portafogli.
  • Prima di comprare qualcosa, chiedi a qualche amico o parente se ha qualche capo che non usa da venderti o regalarti. In questo modo, probabilmente, aiuterai anche loro a smaltire i vestiti inutilizzati. Talvolta nei vecchi armadi delle case di famiglia si possono trovare capi e accessori senza tempo, come maglioni in lana, cappellini, cinture, giacche di pelle, trench e jeans.
  • Punta ai negozi dell’usato, online o fisici. Sono comunque preferibili quelli fisici, in quanto si possono provare i vestiti senza rischiare di doverli nuovamente rivendere, causando così ulteriore inquinamento per il trasporto oltre che molto tempo prezioso. Certo, le app per la vendita di vestiti usati sono molto utili e comode e potrebbero disincentivare molte persone dall’acquisto di inutili vestiti nuovi. Può però diventare una pratica più dannosa rispetto all’acquisto di pochi vestiti nuovi e di qualità. Talvolta, infatti, si compra un capo usato senza un reale bisogno, solo perché il costo è molto basso. Questo comporta emissioni per il trasporto e alimenta la dipendenza da acquisto. Infine, si crea anche la tentazione, nei venditori, di acquistare molti vestiti nuovi con la consapevolezza della rivendita. In questo modo, si lavano la coscienza e, di fatto, aumentano i danni ambientali causati dell’industria della moda.
  • Se devi comprare qualcosa di nuovo, assicurati che il brand produca i vestiti in modo sostenibile. Come saperlo? Innanzi tutto, controlla le etichette: prediligi le fibre naturali, non combinate con altri materiali. Talvolta, anche tra le fibre naturali vi è una “scala di sostenibilità”. Per esempio, la seta deriva dalla pelle animale; per produrre il cotone è necessaria moltissima acqua, mentre la canapa, una pianta che produce fibre molto resistenti e traspiranti, necessita di meno risorse rispetto al suo tasso di crescita. Occhio al poliestere, che è uno dei materiali sintetici più utilizzati nell’industria tessile. Può infatti essere dannoso a contatto con la pelle e rilascia nell’ambiente moltissime microplastiche, soprattutto al momento del lavaggio. Inoltre, puoi controllare sui siti dei marchi la loro politica di sostenibilità. Se è assente, quello è già un campanello d’allarme. Premia inoltre le realtà piccole, artigianali e locali prima di buttarti a capofitto sulle grandi marche di cui possiamo sapere molto poco riguardo i materiali, il trattamento dei lavoratori e l’origine delle risorse. Un esempio di realtà sostenibile è Rifò, che ricicla lana e cachemere per creare nuovi vestiti.
  • In generale, segui questa regola: compra meno, compra meglio.

A questo punto sarai pronto per un cambio di stagione davvero sostenibile, almeno per quanto riguarda l’armadio. Per il resto, nel sito trovi altri consigli per una vita più rispettosa dell’ambiente.

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