Le importazioni di biocarburanti non certificati rischiano di compromettere anni di lavoro del CONOE.
A gennaio e febbraio 2023 è stato registrato un incremento dell’80% delle importazioni di biocarburante Ruco derivato da oli esausti, rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente.
I quantitativi sono ingenti se si considera che in soli due mesi le importazioni si attestano su circa 300.000 tonnellate, secondo un’analisi di S&P Global Commodity Insights, provenienti principalmente dalla Cina, venduti a prezzi nettamente inferiori a quelli del mercato interno e che stanno costringendo i produttori europei di biodiesel ad un arresto forzato della loro produzione.
Il grido di allarme del CONOE
Il CONOE è fortemente allarmato per le notizie riguardanti tali importazioni di biodiesel da paesi extra UE, perché rischiano di determinare un grande vulnus ambientale ed economico per l’intera filiera dei biocarburanti da rifiuto.
Desta perplessità il fatto che la Cina o altri paesi asiatici siano nelle condizioni di produrre ed esportare tali quantitativi di Ruco, come risulta inverosimile che tali importazioni siano accompagnate da una qualche certificazione attestante la provenienza del materiale. Molto più probabile invece che si tratti di grandi quantitativi di oli vegetali provenienti da materia prima vergine.
Le lacune del sistema doganale (e della globalizzazione)
“Purtroppo, si riscontra la carenza e le lacune, per usare un eufemismo, dei sistemi doganali – commenta Tommaso Campanile, Presidente del CONOE – che oltretutto rifiutano un confronto o una collaborazione con gli addetti ai lavori, che gli faciliterebbe enormemente il lavoro”.
Le conseguenze di questa situazione sta determinando, di fatto il solito paradosso “all’italiana”: si favoriscono pratiche poco lecite a danno di situazioni chiare e legittime. Risultato: rischio di chiusura per le aziende di raccolta e di rigenerazione degli oli vegetali esausti, esposizione del paese ad un possibile danno da inquinamento ambientale del territorio e delle acque interne e marine, dovuto agli eventuali sversamenti che comportano l’interruzione della filiera e la distruzione della catena del valore di questo settore.
“Il pericolo concreto – conclude Campanile – è quello di complicare, se non di compromettere del tutto, una filiera che oggi garantisce ai produttori di rifiuto la possibilità di conferimento degli oli e i grassi animali e vegetali esausti su tutto il territorio nazionale che rischiano in assenza di interventi immediati di non trovare più nessuna rete di raccolta e recupero pronta ad intervenire”.