In occasione della Festa dei Lavoratori del Primo Maggio, l’AISM, l’Associazione Italiana Malati di Sclerosi Multipla, denuncia la condizione di precarietà e le difficoltà nel confrontarsi con il mondo del lavoro. Lo smartworking, applicato secondo la logica dell’inclusione, rappresenta una valida soluzione
Sono anni che l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (AISM), attraverso il Barometro della Sclerosi Multipla, fotografa la situazione delle persone colpite da questa malattia gravemente invalidante.
Domenica il mondo celebra la Festa dei Lavoratori ed in occasione di questa importante ricorrenza, l’AISM alza la voce denunciando come una persona con sclerosi multipla su 2 (oltre il 50%) non ha mai trovato il lavoro per cui era qualificato a causa delle implicazioni della malattia e dell’inadeguatezza del contesto lavorativo.
Gli anni di pandemia certamente non hanno aiutato a migliorare questo drammatico quadro, catalizzando alcuni processi già in atto. Da un lato, la precarietà nei meccanismi di mantenimento del lavoro per le categorie più fragili si è acuita ulteriormente: 1 giovane lavoratore con sclerosi multipla su 4 dichiara di aver perso il proprio lavoro a causa del contesto prodotto dal Covid-19, mentre il rischio aggiuntivo dell’infezione avrebbe, per il 14% dei lavoratori, provocato l’interruzione del rapporto di lavoro (Barometro Aism 2021).
Il dilemma tra salute e posto di lavoro, i vantaggi dello smartworking
Ai lavoratori fragili si è imposto il dilemma tra preservare salute e sicurezza rispetto al mantenimento del lavoro. D’altro lato, l’estensione dell’accesso allo smartworking attraverso le leggi emanate dal Governo per affrontare la pandemia, fortemente promosse dalla stessa AISM assieme con le reti nazionali impegnate nella tutela dei diritti delle persone con disabilità, ha permesso a quasi 3 occupati con sclerosi multipla su 4 (74,3%) di accedere a un diritto fondamentale che, oggi più che mai, deve essere inserito all’interno della logica strutturale di gestione del lavoro delle persone con disabilità nel nostro paese.
Sottolinea l’avv. Paolo Bandiera, Direttore Affari Generali AISM: “Lo smartworking è un lascito virtuoso, una prassi lavorativa, che la pandemia ci sta consegnando e che le diverse parti sociali del nostro paese devono custodire e strutturare al meglio, soprattutto per quei milioni di cittadini che da decenni aspettano di vedersi riconosciute paritarie possibilità di accesso e mantenimento del lavoro.
Deve però essere concepito e applicato in ottica di piena inclusione senza disperdere il capitale relazionale che è fattore essenziale di ogni percorso lavorativo, ancor più rispetto a persone con disabilità. Un ‘accomodamento ragionevole’ che va garantito e praticato. E aderire alla Carta dei diritti e all’Agenda della SM e patologie correlate è un passo concreto, per istituzioni e imprenditori, in questa direzione: il lavoro, il lavoro dignitoso, può e deve essere un diritto di tutti”.
Proroga dello smartworking al 30 giugno per un diritto al lavoro universale
AISM è da sempre nella prima linea di questa battaglia: dopo aver ottenuto, con il Jobs Act del 2015, il riconoscimento del lavoro part-time reversibile per persone con patologie croniche e ingravescenti e aver contribuito, proprio in questi ultimi mesi, alla definizione delle nuove Linee Guida per il collocamento delle persone con disabilità, oggi sta lavorando al fianco di migliaia di cittadini per chiedere la proroga dello smartworking per i lavoratori fragili fino al 30 giugno nella cornice della Carta dei diritti e dell’Agenda della Sclerosi Multipla e patologie correlate 2025, in cui proprio lo smartworking risulta un tassello fondamentale per permettere la realizzazione civile di un diritto al lavoro che sia davvero universale, nel rispetto della sicurezza e della dignità di tutti.
Un diritto che, se riconosciuto, consente anche l’adempimento del dovere in capo a ogni cittadino di concorrere al progresso ed alla crescita della comunità e diventa un fattore di sviluppo e di potenziamento del Paese, in una fase in cui vanno valorizzate tutte le potenzialità per la ripresa. È una sfida, prima di tutto, culturale.
Il contesto generale
Appena il 15% dei lavoratori con SM ha trovato impiego col collocamento mirato (Legge 68/1999), mentre anche quando un lavoro si trova, mantenerlo risulta sempre più difficile: 1 lavoratore su 3 con SM finisce per perderlo.
Secondo la IX relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della Legge 68/99, già prima della pandemia il quadro dei livelli di occupazione e inserimento lavorativo delle persone con disabilità – oltre 3 milioni di cittadini – era tutt’altro che roseo: in media, chi ha trovato un inserimento ha un’età superiore ai 50 anni e un’invalidità abbastanza ridotta (66%, Istat).
Come per la popolazione generale, anche in questo caso, i più penalizzati dal sistema sono donne e giovani. Secondo i dati, l’occupazione di donne con disabilità sarebbe pari appena al 41%, meno della metà, mentre per gli uomini la percentuale sale al 58%. I giovani under 29, la fascia più preoccupante: gli occupati sono meno del 5%.