A Roma, le armonie sacre del coro Orazio Vecchi. Un appuntamento ricco di emozioni e suggestioni quello previsto per il prossimo 7 giugno, a Roma, presso la Basilica dei Santi Cosma e Damiano, in via dei Fori Imperiali
La chiesa, nel centro di Roma, e tra le più affascinanti della città grazie ai suoi meravigliosi mosaici, ospiterà il concerto di musica sacra corale che proporrà le opere: Messa in Sol Maggiore D167 di Schubert per coro ed orchestra ed il Salmo 42 “Wie der Hirsch Schreit” di Mendelsson sempre per coro ed orchestra.
Una serata promossa dalla Fondazione “Centesimus Annus Pro Pontifice”, istituzione che si propone di collaborare allo studio e alla diffusione della dottrina sociale cristiana, come esposta in particolare nell’Enciclica di Papa Giovanni Paolo II “Centesimus Annus”. Nella sua attività promuove, fra persone qualificate per il loro impegno imprenditoriale e professionale nella società, la conoscenza della dottrina sociale cristiana e l’informazione circa l’attività della Santa Sede. Favorisce iniziative per sviluppare la presenza e l’opera della Chiesa Cattolica nei vari ambiti della società e lavora alla raccolta di fondi per il sostegno dell’attività della Sede Apostolica.
Assoluto protagonista ed in grado di trasmettere tutta l’emozione dei due capolavori sarà il coro Orazio Vecchi. Fondato nel 1978 e costituitosi in associazione nel 1983, è un complesso a cappella diretto sin dalla sua fondazione dal Maestro Alessandro Anniballi; si propone come obiettivo lo studio della letteratura polifonica classica e contemporanea, comprendendo nel suo repertorio dalle prime espressioni polifoniche medievali al madrigale rinascimentale, dal lied romantico alla musica corale del ‘900.
Dal 2008 si è avvalso spesso della collaborazione dell’orchestra d’archi Orazio Vecchi, costituita da giovani strumentisti specializzati nell’esecuzione della musica barocca. Il coro può contare su un prestigioso curriculum.
Gli ultimi programmi hanno riguardato la sconosciuta produzione polifonica italiana del periodo tra Ottocento e Novecento (musiche di Verdi, Ponchielli, Saladino, Neglia e Boito); la coralità drammatica nell’opera di G. Verdi; i Péchés de viellesse e la Petite Messe Solennelle di G. Rossini; gli oratori di Carissimi e Vivaldi. Negli anni successivi ha eseguito vari repertori: cori dalle opere di Puccini, il Requiem di Fauré, il Salmo XIII di Liszt, brani sacri di Cajkovskij e la Messa in Do di Beethoven. Nel 2018 ha eseguito il “Gloria” e il “Magnificat” di Vivaldi in occasione del XXV anniversario della Fondazione “Centesimus Annus pro Pontifice”.
Tornando alle due opere protagoniste del concerto del prossimo 7 giugno, la Messa in Sol maggiore di Schubert è una di quelle opere fatte con pochi elementi, quasi prevedibili, che in un autore diverso da Schubert sarebbero risultati solo escamotage scolastici. Ma in Schubert sono utilizzati in modo tale da produrre una autentica poesia. Nella sua immediatezza giovanile, la Messa in sol maggiore D 167, è un sobrio gioiello corale. Ottima la scelta del trattamento orchestrale cameristico da parte del coro Orazio Vecchi: il colore complessivo che ne deriva è intimo, spirituale e al tempo stesso di grande freschezza. Per come è concepita complessivamente questa Messa, i soli archi sono stati la scelta più felice.
Il Salmo 42 di Mendelsson occupa, nella produzione del musicista, un posto privilegiato: fu scritto in un momento di gioia. Si era appena sposato – il 28 marzo del 1837 – con Cecile Jean Renaud. Di ritorno a Leipzig lo rimaneggia aggiungendo alcune parti. Questa prima versione del 1838 viene in seguito ancora riveduta, aggiungendo qualche altro frammento e presentata nella sua veste definitiva l’8 febbraio dello stesso anno. Il testo ci racconta dell’anima esasperata che cerca ristoro alla sua sete di Dio.