Potenziare (e curare e gestire bene) il verde urbano può aiutare a migliorare il benessere psico-fisico di tutti noi, oltre che a mantenere quella preziosa biodiversità di animali e piante di cui il mondo ha tanto bisogno
Francesca Neonato, agronoma e paesaggista, docente di botanica ambientale applicata al Politecnico di Milano, con Francesco Tomasinelli, ecologo, e Barbara Colaninno, forestale con Master in Economia ambientale (che collaborano con PN Studio Progetto Natura da lei fondato nel 2002), ha da poco scritto un libro “Oro Verde – Quanto Vale la Natura in città” (Il Verde Editoriale) in cui fa riflettere sul green in the city. Un titolo che, spiega a GPNews, “è una metafora per dire che il verde in città è una risorsa, anche economica, di cui forse non siamo così consapevoli”.
A cosa serve il verde urbano?
Il verde (ma sarebbe meglio dire la natura nel complesso, ovvero piante, animali, suolo e così via), in città contribuisce a migliorare significativamente la qualità della vita, attraverso i benefici che produce in termini di prodotti e servizi per la collettività. Questi sono chiamati ‘servizi ecosistemici’, ovvero la produzione di cibo, ossigeno, fibre e legname, ma anche la regolazione del microclima, l’immagazzinamento dell’acqua piovana, la filtrazione dell’aria che respiriamo e dell’acqua che beviamo, la creazione di habitat. Sono tutti vantaggi che di fatto rendono più gradevole la vita in ambienti non sempre piacevoli come le città. Un parco urbano, con alti alberi frondosi, frequentato da svariate specie di uccelli, da farfalle e scoiattoli, non è forse un’oasi di benessere all’interno dei nostri centri urbani congestionati? Possiamo fare jogging, passeggiare, ma anche semplicemente godere del fresco, del canto degli uccelli, del colore delle foglie. È pressoché immediato il senso di benessere, perché sono cambiate le condizioni ambientali, il paesaggio è piacevole, la gente più rilassata, perfino i suoni della natura hanno una frequenza a noi vicina.
Ma che cos’è esattamente il verde pubblico?
Il verde pubblico (parchi, giardini, viali alberati, giardini scolastici, verde cimiteriale, ecc.) fa parte del verde urbano, che è una matrice vivente complessa costituita anche dal verde privato, dal verde lungo i corso d’acqua e dalle aree agricole, come orti e campi periferici.
È un ecomosaico formato da tante aree di diverse dimensioni. Il modello che proponiamo nel libro è di acquisire una visione ecosistemica nella pianificazione urbana, dove le singole zone verdi sono collegate tra di loro da corridoi verdi, in sostanza una rete ecologica urbana polivalente, costituita dai grandi parchi, che hanno un ruolo primario, verde storico, giardini terapeutici, orti botanici, giardini di quartiere, orti e giardini scolastici, verde stradale, tetti e pareti verdi, aree residuali, quello che il paesaggista francese Gilles Clément chiama ‘terzo paesaggio’)…
Per questo le reti ecologiche hanno un senso anche e soprattutto all’interno delle città, e possono regalare ai cittadini spazi più vivibili e accoglienti, ma risulta necessario reinterpretarne i ruoli e la struttura.
E cioè?
I corridoi ecologici, verdi, sono importanti per la protezione delle specie animali più mobili, come gli uccelli e alcuni mammiferi, e le reti che cercano di collegare le aree protette rispondono a questa esigenza. In ambito urbano, tuttavia, la funzione faunistica diventa meno rilevante, perché la rete deve essere progettata soprattutto a vantaggio dei cittadini del quartiere interessato. Questo implica però un nuovo approccio al verde urbano, che non è più considerato un elemento di arredo e decoro urbano, ma diventa un fornitore di servizi ecosistemici e viene progettato e gestito di conseguenza.
Che differenza c’è tra verde urbano e aree protette?
Le aree protette sono i parchi, nazionali e regionali, le riserve e siti della rete Natura 2000. Tutte queste aree sono tutelate da specifiche leggi e direttive comunitarie.
Il verde urbano, invece, è oggetto di generica tutela (tranne la legge nazionale 10/2013: “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani”, che però riporta indicazioni, che raramente vengono messe in atto dai Comuni) e spesso non è neanche oggetto di uno specifico regolamento, tranne alcuni esempi virtuosi, soprattutto nelle grandi città. Nei medi-piccoli centri urbani, purtroppo, la realizzazione e la gestione del verde è molto trascurata: le capitozzature, ad esempio, operate al posto di eventuali – se necessarie – potature distruggono gli esemplari arborei e fanno diminuire drasticamente i servizi ecosistemici erogati.
Cosa significa programmare e pianificare il verde pubblico?
Significa passare da un approccio urbanistico ad uno ecosistemico, ovvero integrare e verificare ogni trasformazione urbana con la matrice naturale che deve sostenerla. Questo diventa ancora più necessario e urgente con gli effetti dei cambiamenti climatici. Da tempo altre città hanno adottato piani di resilienza ai cambiamenti climatici, ad esempio Copenaghen, non a caso basate sulle Nature based Solutions (NbS), ovvero soluzioni tecniche e tecnologiche basate su modelli naturali. Le soluzioni Green sono spesso molto più efficaci ed economiche di quelle Grey, come ad esempio i parcheggi con suoli permeabili all’acqua al posto del cemento o asfalto.
Lo strumento più adatto è il Piano del Verde, ovvero il documento strategico che ogni centro urbano dovrebbe darsi per realizzare obbiettivi concreti, attraverso le NbS con scadenze precise e un budget dedicato.
Oggi tanti politici e amministratori pubblici si riempiono la bocca di milioni di alberi da piantare, tetti verdi, boschi metropolitani e poi si scopre che non hanno stanziato un euro in proposito.
Come vanno trattati gli alberi in città?
Sono una risorsa, la nostra vita sul pianeta dipende da loro. Quindi con cura e attenzione, dalla piantagione alla manutenzione, rigorosamente affidate a professionisti qualificati, con la visione strategica da parte degli amministratori pubblici cui si accennava prima.
Perché, con gli altri autori, ha sentito l’esigenza di scrivere “Oro Verde”?
Perché mi sono veramente stufata di sentirmi dire che il verde è un costo, un lusso o tutt’al più un abbellimento. Il verde invece è una risorsa, un investimento, perché a fronte di un euro a metro quadro l’anno per la sua manutenzione (costo medio che il Comune di Milano ad esempio paga al consorzio che gestisce il verde pubblico), un parco cittadino produce benefici per i cittadini pari a mediamente 4,5 €/m²/anno. Quindi significa che il Parco Sempione (sempre nella città lombarda, ndr) produce al netto 1.737.000 € all’anno di benefici per la comunità.