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Da Legambiente un report sulle città più inquinate d’Italia

Da Legambiente un report sulle città più inquinate d’Italia
Da Legambiente un report sulle città più inquinate d’Italia, foto di сергей нестеров da Pexels

Guardando al 2022 ed alle città più inquinate d’Italia ben 29 su 95 hanno superato i limiti giornalieri di PM10. Le situazioni peggiori a Torino, Milano, Modena, Asti, Padova e Venezia che hanno registrato più del doppio degli sforamenti consentiti. Le proposte dell’associazione per un cambio di passo.

Come ogni anno Legambiente offre una panoramica sul drammatico stato delle città più inquinate d’Italia. Lo fa con la pubblicazione di un report dal titolo “Mal’Aria di città 2023: cambio di passo cercasi”. Ciò che ne emerge è un quadro impietoso ed un grido di allarme che deve essere assolutamente ascoltato, come purtroppo fino ad ora non è stato fatto.

I livelli di inquinamento atmosferico sono ancora troppo alti e ben lontani dai limiti normativi previsti in Europa per il 2030. Il 2022 segna nei capoluoghi di provincia una crescita sensibile sia per le polveri sottili (PM10, PM2.5) che per il biossido di azoto (NO2).

Tra le 95 città monitorate 29 hanno superato gli attuali limiti normativi per gli sforamenti di PM10 (35 giorni all’anno con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo).

Record non da invidiare riguarda le centraline di Torino (Grassi), che si piazza al primo posto con 98 giorni di sforamento. Seguono Milano (Senato) con 84, Asti (Baussano) 79, Modena (Giardini) 75, Padova (Arcella) e Venezia (Tagliamento) con 70. Queste città hanno di fatto doppiato il numero di sforamenti consentiti.

Le città più in difficoltà: l’impegno di ridurre le concentrazioni

Guardando ai nuovi target europei per il 2030 questi ci dicono che i livelli da raggiungere sono: 20 µg/mc da non superare per il PM10, 10 µg/mc per il PM2.5, 20 µg/mc per l’NO2.

Andando a confrontare questi con la situazione nelle singole città più inquinate d’Italia scopriamo che: per Torino e Milano è necessaria una riduzione necessaria del 43%, per Cremona del 42%, per Andria del 41% ed Alessandria del 40% per il PM10.

Monza del 60%, Milano, Cremona, Padova e Vicenza del 57%, Bergamo, Piacenza, Alessandria e Torino  del 55%, Como  del 52%, Brescia, Asti e Mantova del 50% per il PM2.5.

Infine le città di Milano del 47%, Torino  del 46%, Palermo  del 44%, Como  del 43%, Catania  del 41%, Roma  del 39%, Monza, Genova, Trento e Bolzano  del 34%, per l’NO2.

È evidente come molte città dovrebbero ridurre le proprie concentrazioni cittadine tra il 30% e il 43% entro i prossimi sette anni, ma stando agli attuali trend di riduzione registrati negli ultimi 10 anni (periodo 2011 – 2021, dati Ecosistema Urbano), si potrebbero impiegare mediamente altri 17 anni per raggiungere l’obiettivo, ovvero il 2040 anziché il 2030. Città come Modena, Treviso, Vercelli potrebbero metterci oltre 30 anni. Anche per l’NO2 la situazione è analoga e una città come Catania potrebbe metterci più di 40 anni.

Foto di Pixabay

Come sottolineato da Stefano Ciafani, presidente di Legambiente: “L’inquinamento atmosferico non è solo un problema ambientale, ma anche un problema sanitario di grande importanza. In Europa, è la prima causa di morte prematura dovuta a fattori ambientali e l’Italia registra un triste primato con più di 52.000 decessi annui da PM2.5, pari a 1/5 di quelli rilevate in tutto il continente. È necessario agire con urgenza per salvaguardare la salute dei cittadini, introducendo politiche efficaci ed integrate”. Per questo si richiede al governo, alle regioni e ai comuni azioni coraggiose.

La Direttiva europea sulla qualità dell’aria, recentemente proposta, rappresenta solo il primo step di una sfida importante. Le nuove AQGs (Air Quality Goals) impongono un notevole adeguamento rispetto ai valori guida OMS e introducono nuove metriche, come il dimezzamento dei valori di legge attuali”, ha invece dichiarato Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente.

Gli interventi “a misura di città” proposti da Legambiente

Di fronte ad un quadro tanto fosco Legambiente torna ad indicare quelli che a suo dire dovrebbero essere i 7 interventi necessari:

Il passaggio dalle Ztl (zone a traffico limitato) alle ZEZ (Zone a zero emissioni). Come dimostra l’esperienza di Milano (con l’area B) e, soprattutto, dell’ultra Low Emission Zone londinese, le limitazioni alla circolazione dei veicoli più inquinanti riducono le emissioni da traffico del 30% e del 40%.

LEZ anche per il riscaldamento. Servono un grande piano di riqualificazione energetica dell’edilizia pubblica e privata, e incentivare una drastica riconversione delle abitazioni ad emissioni zero grazie alla capillare diffusione di misure strutturali, come il Superbonus, opportunamente corretto dagli errori del passato come gli incentivi alla sostituzione delle caldaie a gas.

Potenziamento del Trasporto Pubblico e Trasporto Rapido di Massa (TRM) attraverso la quadruplicazione dell’offerta di linea e la promozione di abbonamenti integrati, come fece la Germania nell’estate del 2022.

Sharing mobility. Incentivare la mobilità elettrica condivisa (micro, bici, auto, van e cargo bike) e realizzare e realizzare ulteriori000 km di percorsi ciclabili.

Ridisegnare lo spazio pubblico urbano a misura d’uomo, “città dei 15 minuti”, sicurezza stradale verso la “Vision Zero”, “città 30” all’ora seguendo l’esempio di Cesena, Torino, Bologna e Milano.

Tutto elettrico in città, anche prima del 2035, grazie alla progressiva estensione delle ZEZ alla triplicazione dell’immatricolazione di autobus elettrici e l’istituzione dei distretti ZED (Zero Emissions Distribution).

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