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Plastica: si studia un’alternativa ecologica ideale per l’usa e getta

Plastica: si studia un’alternativa ecologica ideale per l’usa e getta
Foto di kakuko da Pixabay

L’impegno non manca, le iniziative si moltiplicano, le campagne di sensibilizzazione lo stesso, ma, ad oggi, poter pensare ad un mondo totalmente privo di plastica, soprattutto nell’usa e getta, sembra difficile e in ogni caso lontanissimo da venire. La plastica ha ancora un posto di rilievo negli imballaggi, nei beni di consumo e nell’ingegneria, ad esempio, automobilistica e medica.

Tutto ciò richiede un passo avanti che solo lo studio e la scienza possono fare. Il principale problema che la plastica impone riguarda il suo smaltimento, con tempi di biodegradabilità biblici, a grave rischio per l’ambiente, come testimoniano i cumuli di rifiuti che continuano a galleggiare nei nostri mari o i sacchetti che invadono le nostre spiagge e le nostre città.

L’iniziativa di ricerca Bioeconomy International

Sempre più necessaria e urgente è una strategia globale di riciclaggio in tutto il mondo e la politica del divieto o del buon padre di famiglia non sembra ancora dare frutti. Questo è il motivo per cui il Ministero federale tedesco dell’Istruzione e della ricerca (BMBF) ha lanciato l’iniziativa “Bioökonomie International” (Bioeconomy International) in stretta collaborazione con Fraunhofer IPK, il Dipartimento di tecnologia dei bioprocessi dell’Università di Berlino, assieme a partner industriali e scientifici provenienti da Germania, Malesia, Colombia e Stati Uniti. Questi ricercatori stanno sviluppando un metodo per produrre polimeri senza attingere a risorse come oli minerali, di palma e di colza, la cui produzione è molto dannosa per l’ambiente.

Una nuova plastica molto simile al polipropilene

La parola magica è Poliidrossibutirrato (PHB), un materiale che nasce dalla fermentazione batterica per metabolizzare grassi industriali contenenti residui minerali.  Questo processo trasforma gli avanzi industriali come i grassi di scarto che contengono molti residui minerali in poliidrossibutirrato (PHB), impiegando batteri geneticamente modificati come veri e propri catalizzatori.

Il polimero viene rimosso dalle cellule dei microorganismi, ma non può ancora essere utilizzato industrialmente perché si solidifica troppo lentamente”, spiega Christoph Hein, capo del dipartimento di tecnologia di microproduzione presso Fraunhofer IPK. Il materiale è quindi miscelato con additivi chimici attraverso speciali fasi di post-lavorazione per renderlo adatto a diversi utilizzi finali. Ad esempio, regolando i parametri di plastificazione e di elaborazione, i team di ricerca sono stati in grado di modificare il tempo di ricristallizzazione in linea con le tempistiche della lavorazione industriale. Il risultato è una plastica riciclata con proprietà paragonabili a quelle del polipropilene (PP). A differenza di quest’ultimo, tuttavia, si biodegrada in un periodo compreso tra sei e dodici mesi.

Le plastiche degradano in natura

Il nuovo processo non solo elimina completamente i componenti sintetici a base di petrolio ma consente anche una degradazione rispettosa dell’ambiente. Le plastiche sviluppate possono essere metabolizzate da microrganismi presenti in natura e non sono legate a condizioni di trattamento specifiche degli impianti di compostaggio industriale.

Soprattutto, i prodotti monouso e altri articoli usa e getta possono essere fabbricati e riciclati in modo ecologico. Il processo si presta anche alla produzione di parti in plastica di alta qualità per determinate applicazioni tecniche e periodi di utilizzo. Le specifiche per questo tipo di prodotto sono più esigenti. Possono dover mostrare specifiche tolleranze geometriche e qualità superficiali o essere riproducibili con grande precisione. I ricercatori hanno sviluppato processi di replica altamente specializzati per soddisfare questi requisiti.

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Foto: Pixabay

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