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Rifiuti: Riciclaggio, Reimpiego e Recupero, 3 “R” da conoscere

Riciclaggio, Reimpiego e Recupero, 3 “R” da conoscere quando si parla di rifiuti
Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Un rifiuto è un oggetto che ha esaurito la sua funzione e può essere considerato come lo scarto di un’attività, qualcosa che prima usiamo e poi gettiamo via perché non ci è più utile. L’articolo 183 del d.lgs. n.152/06 e ss.mm.ii., riprendendo quanto indicato nella direttiva comunitaria 98/2008/CE, definisce un rifiuto come “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi”. Il concetto, quindi, appare strettamente collegato agli esseri umani e alle loro azioni.

Quanti rifiuti produciamo? Per citare qualche numero, secondo il Rapporto Rifiuti Urbani ed. 2019 presentato da Ispra, nel 2018 la produzione nazionale dei rifiuti urbani ha raggiunto 30,2 milioni di tonnellate, con un aumento del 2% rispetto al 2017, e il dato pro capite è ancora più preoccupante: +2,2%, cioè poco meno di 500 chilogrammi per abitante.

Rifiuti, un problema ambientale, sanitario e una perdita economica

Nel corso della storia l’uomo ha imparato a trasformare le risorse della natura per realizzare nuovi materiali e oggetti utili nella vita di tutti i giorni. Con il passare del tempo, l’aumento della popolazione e le nuove tecnologie la produzione di questi beni e sostanze è aumentata a dismisura, diventando una questione seria a cui oggi si deve far fronte. Questi materiali, infatti, non sono biodegradabili (cioè decomponibili in sostanze più semplici tramite l’attività di microrganismi), quindi, una volta usati, se smaltiti in modo scorretto, si accumulano nell’ambiente generando impatti diretti e indiretti.

Trasformare un rifiuto in una risorsa è possibile?

La risposta è sì e ha a che fare con il ciclo di produzione – consumo. Un bene materiale, come è noto, si origina a partire da energia e materie prime. Lo stesso bene sarà poi utilizzato e consumato fino al suo esaurimento.

Tuttavia, se trattato nel modo giusto, anche un rifiuto può avere una “seconda vita”, rientrando a diversi livelli di questo ciclo. In che modo? Ecco le vie possibili: un rifiuto può essere trasformato in un altro prodotto, essere destinato a svolgere un’altra funzione rispetto alla propria o tornare a essere una materia utile (in questo caso detta materia prima secondaria) per realizzare un nuovo oggetto.

Le 3 “R” da conoscere

Giunti a questo punto, dunque, è utile saper distinguere il significato di tre parole essenziali, riciclaggio, reimpiego e recupero, che nel loro insieme definiscono la “riutilizzazione” dei materiali contenuti nei rifiuti. Conosciamole meglio.

Il “riciclaggio” prevede che il rifiuto venga riutilizzato per produrre lo stesso tipo di bene di partenza. Una bottiglia di vetro, per esempio, può essere trattata per produrre altri contenitori in vetro.

Per “reimpiego”, invece, si intende il riutilizzo di un oggetto per un uso identico a quello per il quale è stato concepito. Passando all’aspetto pratico, una bottiglia, una volta vuota, anziché essere gettata via, può essere riempita di nuovo con il liquido che conteneva inizialmente o con altri.

Quanto al “recupero”, infine, questo fa sì che un rifiuto venga utilizzato per la produzione di materie prime secondarie, usate poi, a loro volta, per la produzione di beni diversi da quello originario. Dai frantumi opportunamente trattati di contenitori vuoti di vetro si possono realizzare mattoni in vetro, sabbia per i campi da golf e molto altro.

Un miglioramento nella gestione dei rifiuti, a partire dalla prevenzione fino alla riduzione della loro produzione, avrebbe vantaggi incredibili. È fondamentale sensibilizzare, responsabilizzare ed educare verso comportamenti a favore dell’ambiente in cui viviamo. Essere informati e consapevoli è la base di partenza per poter fare ognuno la propria parte, diventando protagonisti attivi nella salvaguardia e nel recupero ambientale.

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