Alluvioni ed esondazioni: purtroppo se ne parla spesso anche per Roma e la sua area metropolitana, sottoposte al rischio reale in caso di piena di Tevere, Aniene e affluenti vari. Quotidianamente l’innalzamento dell’acqua fluviale e la “fuga” dal suo alveo fanno veramente paura.
E non solo perché si tratta di chiusure periodiche di una o più stazioni della metro per quanto riguarda la capitale. In gioco infatti è la conservazione di quel che resta di un territorio estremamente fragile dal punto di vista idrogeologico, un discorso mai affrontato in pieno in passato. Ora si candida a trovare una soluzione “vera” il PS5, ovvero il Piano per la difesa dal rischio idrogeologico e la tutela ambientale dell’area metropolitana di Roma e dello Stato del Vaticano. Lo gestisce l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, ente pubblico la cui mission è la difesa del suolo, il risanamento idrogeologico, la tutela quantitativa e qualitativa della risorsa idrica.
Per alluvioni e frane a rischio 1.135 ettari di territorio e 300mila persone
Il Piano contro alluvioni, frane e altre vulnerabilità, presentato in Campidoglio il 2 dicembre, coinvolge l’ambito territoriale di 1061 km quadrati di Roma Capitale e parte dei territori di altri 39 Comuni dell’hinterland su una superficie complessiva di 1724 km quadrati. Una zona in cui, ha osservato il segretario generale dell’Autorità di distretto Erasmo D’Angelis, le cartografie aggiornate mostrano fragilità mai strutturalmente affrontate, al punto che oggi il rischio alluvioni ed esondazioni riguarda un territorio urbano di 1.135 ettari dove vivono e lavorano circa 300mila persone.
Mica bazzecole insomma, in un territorio comunque che avrebbe dovuto essere salvaguardato da tempo e in cui, è bene sottolineare, su manutenzione e difesa non sarà mai possibile mettere la parola fine.
Da dove si comincia contro le alluvioni?
Per evitare il peggio proprio il 2 dicembre è partito un bando in collaborazione con Invitalia (l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa), relativo alla manutenzione straordinaria del reticolo idrografico dell’area romana, per il quale il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare ha stanziato 10 milioni di euro. Certo, una buona notizia, ma che riguarda una manutenzione straordinaria, appunto, proprio perché quella ordinaria non funziona. Tuttavia, le opere e gli interventi contro alluvioni e frane, previsti per contrastare il rischio idrogeologico, viaggiano su un totale di oltre 800 milioni di euro, su tutto il territorio.
Perché rendere sicura Roma significa agire a monte: ad esempio pensando a un piano mirato a controllare le piene di un affluente del Tevere, il Paglia, che, diciamo così, si mostra un po’ birichino e tende a uscire dal suo alveo.
Insomma, il tutto resta piuttosto difficile pur se la situazione è ora aggiornata grazie alla realizzazione del PS5 che, nonostante sia arrivata dopo lungo tempo, è un deciso passo avanti. Con le nuove informazioni si declina così a 360 gradi l’obiettivo di disciplinare e tutelare gli aspetti idrogeologici ed ambientali della vasta area considerata e del relativo reticolo idrografico al fine di salvaguardare il sistema delle acque superficiali e sotterranee. Al contempo si intende valorizzare i Corridoi fluviali (Tevere, Aniene) e 14 Corridoi ambientali del reticolo secondario, introducendo tra l’altro in quest’area il concetto di invarianza idraulica: ogni nuova trasformazione dello stato del suolo non deve costituire un aggravio di portata del reticolo idrografico.
Roma, vulnerabile bellezza
Nel territorio considerato la parte del leone la fa ovviamente Roma, ma non tanto (e anche) come capitale, bensì per l’estensione dell’area comunale, grande 7 volte Milano e 11 Napoli. Una vastità nata proprio a ridosso di quel fiume, il biondo Tevere, che la percorre per 30 dei suoi complessivi 405 km e che può attentare alla sua sicurezza. Allargando il tessuto urbano, da ricordare l’affluente più famoso, l’Aniene lungo 99 km, e gli altri 12 di breve lunghezze conosciuti pure come fossi, tra cui Rio Galeria, Fosso della Magliana, Fosso dell’Osa, Fosso della Caffarella, Fosso di Vallerano, Fosso di Malafede.
Il dissesto idrogeologico capitolino “parla” anche attraverso fenomeni franosi più o meno gravi. L’Autorità di distretto idrografico dell’Italia centrale ne ha censite in particolare 28, pur se nel territorio comunale romano se ne verificano in 383 siti. Le zone più a rischio: collina di Monte Mario, Viale Tiziano, Monteverde Vecchio, Balduina.
E a Roma c’è una grande ricchezza altresì in termini di voragini. I Municipi più colpiti sono: il V, il VII, il II (quartieri Tuscolano, Prenestino, Tiburtino) ma anche il centro storico con le aree di Aventino, Palatino, Esquilino. Nella porzione occidentale il Municipio che conta più voragini è il XII (quartieri Portuense e Gianicolense).
Le voragini sono causate soprattutto dalla presenza di numerose cavità sotterranee in particolare ricavate dall’uomo per l’estrazione dei materiali da costruzione. I vuoti che si sono creati costituiscono in molti casi una intricata rete di gallerie. Sono stati sinora censiti e mappati 32 km quadrati di gallerie sotterranee sotto il tessuto urbano. Molte sono ancora sconosciute, come la grande Catacomba scomparsa di San Felice, sulla Via Portuense, che costituiva uno dei principali cimiteri della Roma cristiana del IV-V secolo.
Un ulteriore elemento di pericolosità per le inondazioni del Tevere è dovuto dalla presenza di tanti barconi di varie dimensioni che sono affondati nel tempo per via delle piene e mai recuperati. Secondo uno studio di Guardia Costiera e Capitaneria di porto ce ne sono ancora 18 che devono essere rimossi al più presto.