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Il fiume sotterraneo di Puerto Princesa

Il fiume sotterraneo di Puerto Princesa

Puerto Princesa, Filippine, ovvero: eh, sì, la Natura non smette mai davvero di stupire. Patrimonio Unesco dal 1999 e dal 2012 una delle sette meraviglie naturali del mondo, qui si trova uno straordinario tesoro sotterraneo: il Puerto Princesa Underground River o Natuturingan, come lo chiamano i locali, una parte del Puerto Princesa Subterranean River National Park

Ma di cosa si tratta? Uno strepitoso esempio di come il livello del mare, nel corso di migliaia di anni, abbia condizionato l’aspetto di una grotta carsica in cui appunto scorre questo fiume sotterraneo, un vero e proprio estuario sotterraneo, inghiottito a oltre 7 chilometri di distanza dal mare e che attraversa la montagna di St. Paul, formata da compatti calcari che sono quanto resta di una barriera corallina, vecchia di circa 20–25 milioni d’anni (come mostrano i tanti fossili ancora facilmente visibili all’interno della roccia), da parte a parte, rifacendosi vedere poi nel Mar Cinese Meridionale. E disegnando in tutto il suo percorso un incredibile ricchissimo ecosistema, in cui nidificano centinaia di migliaia di rondini e i pipistrelli. Ma non sono i soli, a vivere qui dove abitano pure serpenti, pesci,  crostacei, anfibi, mammiferi, invertebrati che ancora non sono stati studiati a fondo. E molte specie sono endemiche nell’isola di Palawan, una delle 7mila e passa che costituiscono le Filippine, dove si trova Puerto Princesa.

Il fiume sotterraneo di Puerto Princesa
Il volo delle rondini in grotta (foto Paolo Petrignani-La Venta)

Oltre all’area carsica del monte St. Paul, che si erge dal mare a 1028 metri di altezza, del resto, il parco è caratterizzato da una estesa foresta e un tratto di mare lungo la costa nord, per un’estensione che ora è di oltre 22mila ettari, perché qui ci si tiene a conservarne e garantirne la biodiversità. Tanto per dire: Puerto Princesa, nonostante sia una delle grotte turistiche più visitate al mondo, mantiene intatto il suo fascino ancestrale grazie a una gestione lungimirante: non una luce è stata installata all’interno, non un passaggio è stato cementato, non un pontile è stato allestito sulla spiaggia. Con piccole barche a bilancieri i visitatori possono accedere a oltre un chilometro di gallerie allagate, per vivere un susseguirsi di emozioni, esplorando ambienti di grandi dimensioni in cui ammirare stalattiti e stalagmiti enormi e dalle forme più varie che lasciano, veramente, a bocca aperta. Tutto in un silenzio che racconta la storia geologica e naturalistica in toto di questo luogo fantastico.

E poi ci sono quei “colori dal buio” fissati in modo mirabile da un gruppo di esploratori-fotografi-scrittori, appartenenti all’associazione La Venta, che negli ultimi trenta anni hanno dato un contributo fondamentale alla conoscenza di questa grotta, documentandone gli incanti nel libro “Una grotta fra terra e mare – Le meraviglie del Puerto Princesa Underground River” (Skira-La Venta, € 42). La pubblicazione è a cura di Antonio De Vivo, Paolo Forti, Leonardo Piccini, Natalino Russo, cui GPNews ha chiesto le sue impressioni nel fotografare in un ambiente tanto particolare. “Fotografare in grotta è sempre emozionante”, sottolinea, “ma la vastità degli ambienti del Puerto Princesa Underground River amplifica questa sensazione”, precisa Natalino Russo e continua: “Il momento più bello è quello che precede lo scatto: un fotografo ha in testa l’immagine che vuole realizzare, e in quell’istante, finalmente la sua idea prende forma. È la conclusione di un processo complicato, fatto di trasporto dell’attrezzatura e gioco di squadra con gli altri esploratori. Mi emoziona la possibilità di racchiudere tutto ciò nel rettangolo del fotogramma, raccontando un luogo dal mio personale punto di vista”.

Come è riuscito, assieme agli altri, a fermare le meravigliose immagini che vediamo nel libro?

“L’assenza totale di luce è da una parte un ostacolo, dall’altra una grande opportunità perché in grotta la scena va illuminata da zero, e ciò permette al fotografo di ideare completamente lo scatto. È un’occasione di grande creatività. Insieme agli altri fotografi abbiamo utilizzato fotocamere ad alta risoluzione montate su cavalletto, e ovviamente molte fonti di luce artificiale (flash e faretti) disposte in punti strategici dei vasti ambienti da fotografare. Non saremo mai riusciti a fotografare questa grotta senza l’aiuto di tanti esploratori del gruppo La Venta che hanno collaborato nel trasporto delle attrezzature. Questa è forse la parte più impegnativa della fotografia speleologica”.

Qual è il ricordo più intenso di questa “avventura” sotterranea filippina?

“Tornavamo da un’esplorazione, nuotavamo nel fiume sotterraneo verso l’uscita. Era l’alba, a quell’ora le rondini cominciano a uscire in massa dalla grotta, mentre i pipistrelli ritornano dalla loro caccia notturna. Migliaia di esemplari dell’una e dell’altra specie si incrociano senza urtarsi. Non dimenticherò mai l’emozione di uscire nella luce pallida del primo mattino in mezzo a migliaia di animali in volo intorno a noi”.

E quali animali, piante o rocce l’hanno particolarmente colpita?

Un animale mi ha decisamente colpito: stupidamente ho pensato di fare un ritratto a un macaco utilizzando un grandangolo, quindi mi sono avvicinato troppo e lui mi ha assestato un bel ceffone in pieno viso. I miei compagni di esplorazione mi hanno preso in giro per giorni, giustamente. Scherzi a parte, mi ha molto colpito la fauna ipogea, dalle gigantesche migali ai serpenti che di tanto in tanto si vedono nuotare sul fiume sotterraneo. E poi la scoperta e la prima foto del fossile di sirenide: una delle storie raccontate nel libro”.

Puerto Princesa Underground è stata esplorata in tutte le sue parti?

Le grotte non finiscono mai. Dentro le montagne c’è sempre qualcosa da esplorare, e ciò vale anche per le immense grotte di Palawan. Noi di La Venta abbiamo dato un grosso contributo alla conoscenza di questo affascinante mondo sotterraneo, abbiamo tracciato un percorso che condurrà a nuove affascinanti scoperte. Ne sono certo”.

Nella foto di apertura, forme di erosione nella volta del Gaia Branch (Vittorio Crobu-La Venta).

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