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Limnoria, un piccolo crostaceo per una grande scoperta?

Foto di PublicDomainPictures da Pixabay

Grazie allo studio Hemocyanin facilitates lignocellulose digestion by wood-boring marine crustaceans, pubblicato su Nature Communications, si è scoperto che proprio nella Limnoria si potrebbe nascondere la “chiave per convertire in modo sostenibile il legno in biocarburanti.”

La questione sull’utilizzo dei biocarburanti in sostituzione ai carburanti fossili, è ancora oggi controversa per diversi aspetti. I biocarburanti sono stati individuati come la migliore alternativa possibile rispetto ai carburanti fossili, i quali sebbene sino ad ora si siano dimostrati i più efficienti in termini di bassi costi e per la facilità nella loro estrazione e nel loro trasporto, presentano una serie di svantaggi non trascurabili.

Prima di tutto stiamo parlando di fonti non rinnovabili e in esaurimento, dunque è urgente la necessità di trovare delle valide soluzioni alternative ad essi; in secondo luogo, si tratta dei principali produttori di gas serra, causati dalle elevate emissioni di CO2, fattore fondamentale da tenere in considerazione, viste le condizioni attuali e future del nostro pianeta.

Al contrario, i biocarburanti derivanti da materiale biologico, sarebbero capaci di risolvere il problema dell’esauribilità, trattandosi di fonti rinnovabili. Tuttavia, anche questi ultimi, hanno presentato dei problemi, soprattutto per quanto riguarda i costi elevati e la biodiversità. In tal senso, lo studio pubblicato su Nature Communications dal team di ricercatori britannici, brasiliani e malesi, i quali si sono occupati del sistema digerente delle Limnorie, può rivelarsi un enorme passo avanti nell’individuazione di strumenti meno costosi e dispendiosi per la conversione in modo sostenibile del legno in biocarburanti.

Limnoria, lo studio

Finora non si sapeva come questo minuscolo crostaceo di 4 millimetri, riuscisse a distruggere la lignina, il resistente rivestimento che avvolge i polimeri dello zucchero, componenti del legno. Grazie allo studio sulla digestione di questi piccoli invertebrati, si è visto come questi si siano evoluti per svolgere un fondamentale ruolo ecologico: mangiare le scorte di legno trasportate in mare dagli estuari fluviali.

Ma come riuscirebbero a farlo? Loro alleate sembrerebbero le emocianine, proteine responsabili del colore blu del loro stesso sangue, le quali trasportano l’ossigeno, come l’emoglobina nei mammiferi, e sfruttando la loro capacità ossidativa, distruggerebbero il legno.

Fondamentale scoperta soprattutto perché, come sottolineano gli stessi ricercatori di York, Portsmouth, Cambridge, Sao Paolo e l’University of technology della Malaysia “Il trattamento del legno con emocianine consente di raddoppiare la quantità di zucchero rilasciata: la stessa quantità che può essere rilasciata con i pre-trattamenti termochimici costosi e dispendiosi di energia attualmente utilizzati nell’industria”.

Risolverebbe uno dei principali problemi che hanno reso fino ad ora non completamente efficiente, l’uso dei biocarburanti. Quelli tradizionali, come olio di palma, prodotti agricoli e altri, nonostante siano stati individuati come la soluzione alternativa ai carburanti fossili, si sono dimostrati per lo più inefficienti e talvolta, addirittura, di maggior impatto ambientale, soprattutto per quanto riguarda la biodiversità.

Attraverso questo studio, però, sembra possibile andare avanti. La biomassa legnosa delle piante, è la risorsa rinnovabile di carbonio più abbondante del pianeta e il suo utilizzo non metterebbe a rischio la sicurezza alimentare globale.

Uno degli autori dello studio, Neil Bruce, biologo dell’università di York, è convinto che “A lungo termine questa scoperta può essere utile per ridurre la quantità di energia richiesta per il pre-trattamento del legno per convertirlo in biocarburante. L’effetto di potenziamento della cellulosa dell’emocianina è equivalente a quello dei pre-trattamenti termochimici utilizzati nell’industria per consentire l’idrolisi della biomassa, suggerendo nuove opzioni per la produzione di carburante e prodotti chimici a base biologica”.

Infine, Katrin Besser, principale autrice dello studio, del Centre for novel agricultural products del Dipartimento di biologia dell’Università di York, conclude, come riportato da Greenreport.it cui vanno ricondotte anche le altre dichiarazioni presenti in questo contributo: “E’ affascinante vedere come la natura si adatta alle sfide e questa scoperta evidenzia ulteriormente che le emocianine sono proteine incredibilmente versatili e multifunzionali”. Potrebbe trattarsi di una vera e propria svolta per i biocarburanti e il loro segreto si troverebbe proprio in questi piccolissimi e preziosissimi crostacei, precisamente nelle loro emocianine.

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