Raccontare la geodiversità di una regione, la Liguria, attraverso le strette relazioni tra suolo, vitigno, vino, la cui unicità infatti dipende da tutta una serie di elementi che coinvolgono l’analisi geomorfologica, chimica, ecologico-vegetazionale e storico-culturale
Un approccio multidisciplinare per individuare cosa fa “grande” e “particolare” proprio “quel” vino di “quel” territorio. Il che si legge anche come un’opportunità o meglio “una strategia di valorizzazione e conservazione del paesaggio”, come sostengono Gerardo Brancucci e Adriana Ghersi, autori di “Geodiversità dei vigneti liguri” (Edifir Edizioni Firenze, € 24). Entrambi lavorano alla Scuola Politecnica dell’Università di Genova, Dipartimento Architettura e Design. Il primo è geologo e professore associato di geomorfologia applicata (nonché co-fondatore dello Spin Off GeoSpectra); la seconda professore associato di architettura del paesaggio (nonché sommelier, titolo conseguito presso l’Associazione Italiana Sommelier).
La geodiversità raccontata a tutti
Il libro non è destinato solo agli esperti, tutt’altro. Chiunque sia appassionato dei prodotti tipici della propria terra troverà nel testo utili informazioni per capire (molto) di più del proprio territorio. In questo caso protagonista è la Liguria (magari potessimo avere pubblicazioni simili per ogni regione), che con i suoi 5400 km quadrati è piccola, certo, ma racchiude in sé un tale campionario di rocce che, sottolineano i professori, “può essere considerata uno straordinario e affascinante museo a cielo aperto”. E alla sua geodiversità corrispondono diversi paesaggi in grado di narrarne l’evoluzione assieme anche alle popolazioni che nel corso dei secoli hanno cercato di vivere in armonia con un territorio difficile dal punto di vista geologico e geomorfologico.
Il lettore di “Geodiversità dei vigneti liguri” è accompagnato con parole semplici alla scoperta dei tipi di rocce e della loro formazione, delle evoluzioni dei diversi paesaggi dei coltivi in costante cambiamento per via dei cicli stagionali, produttivi e di manutenzione. Pagina dopo pagina si conoscono meglio i muretti (ora patrimonio immateriale dell’umanità per l’Unesco, mica è un caso!), i famosi sistemi di terrazzamenti creati assecondando i terreni, si capisce cosa sono i ciglioni, le pergole e i pergolati e i giardini di villa, in pratica un ampio sistema di coltivi attorno a un edificio rurale, in un paesaggio equilibrato che incantava i viaggiatori già nel 1500.
Le parole per capire la geodiversità
E si comprende che la geodiversità (concetto relativamente recente, usato per la prima volta nel 1993), va di pari passo con il terroir, termine con il quale si intende l’interazione tra clima, piante, suolo, insomma tra uomo e natura. Il risultato è la creazione di un prodotto, il vino, che è un mix preziosi di suoli, rocce, microclima, conoscenze, tecniche di coltivazione, storia. E che proprio e solo così caratterizza la sua specifica qualità. Un modo speciale per valorizzarlo e con lui tutto un territorio. Non è un caso che con la GeoSpectra si sia messo a punto un progetto speciale, l’Etichetta Geologica di Prodotto (EGP), una certificazione volontaria da parte delle aziende per dare al consumatore notizie in più circa quello che stanno bevendo. l’EGP esprime concretamente il valore della geodiversità della regione e consente di proporre un vino di qualità proveniente da un determinato sito, un prodotto non solo raro, ma unico (su GPNews ne abbiamo parlato il 21 novembre con un’intervista al professor Brancucci).
Insomma, leggete il libro e poi andate là, in Liguria, nelle varie vallate, a “provare” i vini, sono 8 le DOC della regione, splendidamente diverse tra loro. (foto di apertura visitriviera.info)