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Un mondo green, anche con il packaging farmaceutico

Foto di Karolina Grabowska da Pexels

Un mondo green vuole giustamente salvare alberi e animali anche a migliaia di km lontani da noi, per combattere il riscaldamento del pianeta e le sue conseguenze. Su questo siamo tutti d’accordo

Ma siamo sicuri che noi, nella vita di ogni giorno, abbiamo comportamenti sostenibili, dalla raccolta (davvero) differenziata a lasciare a casa la macchina e usare il trasporto pubblico? Insomma, il “nostro”, di mondo, lo è sul serio verde? Abbiamo mai pensato ad esempio che anche in farmacia ci può essere del green? Possibile? Ebbene sì, in un settore inimmaginabile, le confezioni dei farmaci in chiave assolutamente “eco”.

Il packaging farmaceutico sostenibile è una realtà infatti che si sta affacciando sul mercato, lentamente ma con forza. Noi di GPNews lo abbiamo scoperto nel corso di un evento dedicato a Milano il 31 ottobre, “Labelling & Packaging Day” (organizzato da PEC, Pharma Education Center), e soprattutto dopo quattro (chiarificatrici) chiacchiere con Giulio Corteggiani, responsabile tecnico di Eurpack, azienda del settore con 4 sedi, 300 dipendenti, un fatturato di 40 milioni di euro.

Il dottor Corteggiani si occupa pure di ricerca e sviluppo nel campo e quando ci dice alcune cosette interessanti cui non si pensa spesso (anzi, mai) ci fa riflettere. Una scatoletta di medicinali in cartone riciclato, tanto per dire, può avere costi più alti non tanto e non solo sulla sua lavorazione ma pure ricadute sull’ambiente di non poca entità: ottenere un cartoncino bello, bianco, lucido, di energia ne fa consumare, eccome. Troppa.

“Un packaging sostenibile”, spiega Corteggiani, “è legato a diversi elementi. Non è solo la scelta di materiale proveniente da foreste certificate e la garanzia della sua riciclabilità, ma pure evitare di mettere insieme materiali diversi, come metallo e cartone, per i quali lo smaltimento e i costi sono ben differenti e sommandosi lievitano. Fondamentale anche l’utilizzo a basso impatto ambientale di vernici e collanti con cui realizzare la confezione. L’ottica deve essere quella di produrre il minor numero di scarti, per ridurre i costi. Persino il trasporto dei medicinali, la quantità di km compiuti per trasferire la confezione dal produttore alle farmacie e al consumatore incide in questa visione. Meno km, meno impatto”.

Accorciare le distanze dunque fa parte di un atteggiamento green a tutto tondo, in cui la qualità del prodotto finale significa altresì attenzione alle condizioni e alla sicurezza dei lavoratori che ne permettono la realizzazione. Un panorama “etico”, dunque, in cui la sostenibilità mette al centro la salute e il benessere del pianeta Terra in tutta la sua interezza.

Le scatole dei medicinali, nel loro piccolo, devono essere green

Per capire meglio. I cartoni con cui si fanno le confezioni dei farmaci possono avere due tipi di certificazione che garantiscono un materiale proveniente da foreste gestite in modo sostenibile. FSC (Forest for all forever) è individuato da un alberello stilizzato, PEFC (Caring for our forests globally) da un ovale in cui gli alberelli sono due. Attenzione però: i loghi possono essere contraffatti e quindi non certificare un bel niente. Se ci sono, e corretti (mai insieme, sono incompatibili), però, il cartone è sostenibile. Bene, allora. Invece no. Non sono molte le aziende farmaceutiche che vogliano per le loro confezioni proprio questo tipo di materiale. Al contrario di quanto avviene in campo  alimentare, dove la lotta agli imballaggi ingombranti e non eco è in atto. Serve una presa di coscienza pure sul versante farmaceutico, con strategie di marketing mirate e consumatori che (per essere in tema) rompano le scatole, chiedendo, a partire dal farmacista, confezioni in cui ci sia la garanzia della loro sostenibilità.

La qualità di tutta la filiera identifica il mondo green

Eurpack, ci racconta Corteggiani, sta intanto portando avanti un altro trend che va di pari passo con la qualità totale del prodotto finale, in cui una certa confezione, un certo marchio, sia rispettosa di tutta la filiera produttiva. Quasi un’ipotesi, al momento, ma che diventerà una precisa strategia di marketing, all’insegna di quanto di buono c’è dietro al prodotto stesso: materiali, modo di lavorazione, spirito produttivo dell’azienda.

In quest’ottica, ecco i packaging Kosher e Halal, due certificazioni religiose legate a precise regole previste dal culto ebraico e musulmano. Ad esempio nelle confezioni Kosher, secondo i dettami della Torah, non ci devono essere tracce di alcuni animali come maiale ma anche di certi pesci come crostacei e molluschi, e nessun contatto tra derivati di carne e latticini.

Un altro trend è quello vegano, in cui la presenza di animali non ci deve essere assolutamente, ma neppure tracce di latte, lattosio, miele (persino il colore rosso negli inchiostri, derivato dalle cocciniglie, è vietato). In questo come negli altri due casi non è solo una questione di scelta di vita e di religione, bensì l’adozione di comportamenti salutistici e di qualità della filiera di prodotto, accettati proprio per questo anche da chi non è vegano, o di religione ebraica e islamica.

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