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In Italia non nevica, le conseguenze per le riserve idriche secondo i dati di Fondazione CIMA

In Italia non nevica, le conseguenze per le riserve idriche secondo i dati di Fondazione CIMA
In Italia non nevica, le conseguenze per le riserve idriche secondo i dati di Fondazione CIMA, foto di Tom Verdoot da Pexels

Si può prevedere che le scarse precipitazioni nevose in Italia avranno conseguenze sulle riserve idriche in primavera ed estate, in una condizione di siccità generalizzata già allarmante.

Quando parliamo di Snow Water Equivalent (SWE) ci riferiamo a un parametro che probabilmente in pochi conoscono ma in realtà di estrema importanza. Con una traduzione letterale possiamo renderlo come “Equivalente Idrico Nivale”, in poche parole l’unità internazionale per misurare l’entità del manto nevoso.

SWE specifica e rappresenta un’indicazione preziosa sulla quantità di riserva idrica su cui potremo contare in primavera e in estate in base all’acqua contenuta nella neve. Ovviamente meno precipitazioni nevose comporteranno un valore fortemente negativo del parametro.

Fondazione CIMA, Centro Internazionale in Monitoraggio Ambientale, promuove lo studio, la ricerca scientifica, lo sviluppo tecnologico e l’alta formazione nell’ingegneria e nelle scienze ambientali ai fini della tutela della salute pubblica.

La Fondazione, da tempo, ha iniziato a valutare con attenzione le condizioni dello Snow Water Equivalent, in particolare monitorando le precipitazioni nevose nell’intero arco della penisola.  

I risultati, come era facile intuire, non sono affatto positivi né offrono prospettive ottimistiche a causa della scarsità di neve caduta. In questi giorni sono stati pubblicati i dati di febbraio, che seguono gli aggiornamenti di dicembre 2023 e gennaio 2024. Nell’ultimo mese dello scorso anno, seppure in miglioramento rispetto a dicembre 2022, si è segnato un -44% nei valori dell’SWE, che segnano un -39% nel primo mese del 2024.

Guardando ai dati di febbraio è evidente il peggioramento: il deficit di Snow Water Equivalent nazionale è del -64%.

Come sottolinea Francesco Avanzi, ricercatore dell’ambito Idrologia e Idraulica di Fondazione CIMA: “Questa condizione va fatta risalire al tempo mite e secco, soprattutto nella seconda metà di gennaio, che ha aggravato un deficit preesistente: secondo le nostre stime, hanno portato a una fusione anticipata dell’ordine di 1 miliardo di metri cubi di acqua in neve nella seconda metà di gennaio. Purtroppo, la scarsità di neve ha caratterizzato i nostri monti per tutti gli ultimi tre anni”.

Valutando la situazione dell’intera penisola si resta perplessi e preoccupati di fronte alla situazione degli Appennini dove la stagione della neve sembra non essere mai cominciata.

Valutando la situazione dell’intera penisola si resta perplessi e preoccupati di fronte alla situazione degli Appennini dove la stagione della neve sembra non essere mai cominciata.

Il bacino del Tevere registra un deficit di SWE del -93%, con condizioni stazionare da novembre, quando si data l’ultima nevicata significativa. La regione Abruzzo, che rappresenta un indice per l’Appennino centrale, il deficit è del -85%, in forte peggioramento rispetto a gennaio.

Spiega Francesco Avanzi che “Le cose non vanno meglio fuori dall’Appennino centrale. Il fiume Simeto, il principale della Sicilia orientale, registra un deficit del -61%, perché dopo le prime nevicate di gennaio il rialzo delle temperature ha portato a una fusione precoce della neve. La neve di quest’area è solo una piccola parte di quella del territorio nazionale, ma è indice di una siccità generalizzata per la Sicilia”.

Ma nemmeno al Nord, in particolare sull’arco alpino, la situazione migliora. Il deficit è del -53% e, come ricorda Avanzi: “La neve alpina è particolarmente importante per l’approvvigionamento idrico italiano, perché alimenta anche il bacino del Po che, attualmente, registra un deficit di SWE del -63% rispetto agli ultimi 12 anni”.

Ha concluso Avanzi ricordando come “Statisticamente, il periodo di fusione inizia a marzo. Proprio di recente, ricercatori e ricercatrici di Fondazione CIMA hanno pubblicato due articoli interdisciplinari, l’uno con un punto di vista giuridico e l’altro scientifico, nei quali si metteva in evidenza come una delle cause principali della siccità del 2022 fosse la mancata fusione nivale in primavera e a inizio estate”.

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