giovedì, Novembre 21, 2024

Rome 14°C

Clean meat, la carne in provetta etica che guarda al futuro

Clean meat, la carne in provetta etica che guarda al futuro
This file is licensed under the Creative Commons Attribution 3.0 Unported license, il primo hamburger clean meat presentato nel 2013

Clean meat, o cultured meat. Potrebbe significare un futuro diverso per gli animali senza privare della carne chi ne è appassionato. Vediamo di cosa si tratta

Carne etica e sostenibile. Carne vera, senza costituiree un cibo alternativo che somiglia alla carne ma viene ricavata da altro. Nulla a che vedere con le “finte carni” vegetali (plant based), gluten-free e ogm-free di Beyond meat (Oltre la carne), l’impresa cofinanziata dall’attore Leonardo Di Caprio, o quella prodotta da Impossible food. A differenza dell’hamburger di Impossible food e di Beyond meat, la carne clean meat è un prodotto pensato per persone “diversamente carnivore”. Non per vegetariani o vegani ma per chi vuole mangiare carne senza subire il pensiero assillante di cibarsi di sofferenza altrui, quella degli animali.

La clean meat è la carne in provetta. Una realtà che negli Stati Uniti hanno già adottato due importanti catene di burger, inserendo nel menù anche il pollo “in vitro”. Prima di vedere di cosa si tratta, diamo alcuni numeri.

Col metodo tradizionale, per ricavare un miliardo di hamburger vanno macellati 500 mila poveri bovini in un tempo di circa 18 mesi, col metodo clean meat ricaviamo lo stesso quantitativo da un bovino sano “producendo” la carne in vitro tramite prelievo di cellule muscolari in circa un mese e mezzo.

Come funziona?

La carne chiamata clean meat consiste nel trattamento in provetta di cellule muscolari prelevate da un animale, senza il bisogno di ucciderlo. Si evitano, quindi, sofferenza, allevamenti intensivi e macellazione. Le cellule vengono “nutrite” in vitro con l’intento di moltiplicarsi e formare altro tessuto muscolare biologicamente identico a quello ottenuto con i metodi attuali. In centri americani, europei e asiatici stanno già coltivando carne ma anche cellule bovine di ghiandole mammarie per secrezioni di latte e anche staminali di salmone e tonno.

A me l’idea piace molto e chi pensa che sia qualcosa di diverso dalla carne si sbaglia. Si tratta della stessa cosa, dello stesso sapore e non ve ne accorgereste nemmeno se non ve lo fanno notare. A dirlo non sono io ma il professor Massimo Artorige Giubilesi, che annovera tra le numerose cariche, quella di Responsabile del settore ristorazione scolastica del Progetto Europeo “Mangio Sano, Informato e Soddisfatto” e Biobenessere. Un esperto, insomma, che ho avuto il piacere di ascoltare durante il mio ultimo corso di formazione per la professione giornalistica organizzato dalla Società umanitaria dall’emblematico titolo “Fake News a tavola” e che ritiene la clean meat un innovazione importante per il futuro per diversi motivi che analizzeremo più avanti. Ecco, se qualcuno dice che questa non è carne, è una vera e propria fake news perché non solo si tratta di carne ma di carne per la cui produzione non è necessario uccidere animali. Non mi pare poco.

Alla carne in provetta la NASA lavora dal 2000. Il primo hamburger clean meat è stato prodotto nel 2013 nei Paesi Bassi ma aveva un costo esorbitante: 325.000 dollari. Oggi i prezzi sono notevolmente diversi, per ora circa 20 euro al chilo e nel giro di tre o 4 anni potrebbero arrivare indicativamente a costare la metà. Riassumendo:

Ecco i punti fondamentali per la produzione della carne clean meat:

  • Prelievo di cellule staminali tramite biopsia;
  • cellule poste in coltura controllata;
  • posizionamento della coltura in scaffold edibile biodegradabile;
  • impiego di un bioerattore con nutrienti ed energia;
  • costituzione del prodotto finale e della carne vera e propria.

La carne clean meat, scelta etica che salva gli animali e combatte la fame e le emissioni

Alcuni risultati importanti che, a mio avviso, giustificano la produzione della carne in provetta. Eliminare la sofferenza animale legata agli allevamenti di massa e alla macellazione, ridurre rischi per la salute conseguenti al consumo smisurato di grassi animali, stop alla deforestazione per la realizzazione di pascoli, stop alle emissioni climalteranti, in particolare di metano. Una ricerca della Fao riporta che nel 2010 il peso della zootecnia sulle emissioni di anidride carbonica è stato di 8,1 miliardi di tonnellate, per il 50% di metano, per il 26% di CO2 e per il 24% di ossidi di azoto (NO2) La filiera della carne di manzo è più impattante di quelle della carne di maiale e di pollame. Nel complesso, l’alimentazione del bestiame ha pesato per 6 miliardi di tonnellate di emissioni.

C’è poi il problema dell’aumento della popolazione e della fame nel mondo. Da qui al 2100, se guardiamo i dati, saremo più o meno 11 miliardi di persone a dover mangiare. Un problema di sovrappopolamento e di necessità di cibo su cui non si può fare finta di niente. Come ha detto Eliana Liotta in un intervento alla Milanesiana del 2021 dal titolo “Così l’innovazione aiuterà l’umanità a sopravvivere”: “Nel giro di 10 anni è probabile che cucineremo una bistecca creata in laboratorio, un modo per frenare il riscaldamento globale”.

I benefici della carne clean meat potrebbero essere diversi

Non dovremo avere pascoli così numerosi, problema che già si sta presentando ora in Europa che non ha la vastità dei paesaggi americani. E, appunto, con la carne prodotta in laboratorio consumeremmo meno suolo e meno acqua, fino al 99% in meno nel primo caso e fino al 96% nel secondo. Le emissioni diminuirebbero del 78-96%.

Come ha ricordato la FAO in diverse occasioni, con l’aumento della popolazione, aumenterà sempre di più anche la richiesta di carne. Più del doppio della richiesta nei paesi in via di sviluppo, ed un aumento minore ma comunque esistente nei paesi industrializzati. La produzione e, a lungo termine, la distribuzione su larga scala della clean meat costituirebbero una soluzione a questi problemi.

C’è poi una scelta etica incontestabile. Come ricordato ancora da Eliana Liotta: “Io penso che noi faremo in tempo a trovare questi cibi al supermercato e penso che saranno la normalità per i figli dei nostri figli, i quali forse riterranno una barbarie la nostra abitudine di nutrirci di mammiferi senzienti. ‘Verrà il giorno’, scrisse Leonardo da Vinci, ‘in cui uomini come me guarderanno all’uccisione degli animali nello stesso modo in cui oggi si guarda all’uccisione degli uomini’. Il pittore Franz Marc, in bilico tra espressionismo e astrattismo, popolò i suoi dipinti di animali, perché riteneva che fossero le uniche creature pure in un mondo sempre più corrotto dalle azioni delle persone”. Non cibarsi più di sofferenza sarà una vera svolta di civiltà per l’intera umanità.

Il progetto Meat4All

Per arrivare a questa carne che deriva da progetti di ricerca, servono fondi e finaziamenti. È per questo motivo che dal 2020 l’Unione Europea ha deciso di finanziare il programma di ricerca del consorzio “Meat4All”, coordinato dalla compagnia spagnola “Biotech Foods”, specializzata nella produzione della clean meat, con la partecipazione della casa farmaceutica francese “OrganoTechnie”, incaricata di occuparsi dei relativi supplementi nutritivi, e dell’azienda portoghese “Nobre Alimentacao”, che si occupa della lavorazione della carne. Il contributo dell’Unione Europea è di circa 3 milioni di euro.

Come si legge nel progetto: “La crescente domanda globale di proteine animali richiede nuovi approcci per gestire l’impatto del settore dell’allevamento intensivo: problemi di salute, sostenibilità ambientale e benessere animale. Il progetto Meat4All, finanziato dall’UE, cerca di migliorare l’industria europea della carne ottimizzando la competitività e sviluppando l’alto potenziale del mercato della carne coltivata. Il progetto farà progredire la tecnologia di produzione della carne, migliorerà l’accettazione del mercato e condurrà test di valutazione della sicurezza per migliorare l’industrializzazione e la commercializzazione del settore. Migliorerà il processo di produzione, supporterà il valore nutrizionale e le indicazioni sulla salute per la produzione su larga scala e garantirà cellule animali non OGM tracciabili al 100 %. La tecnologia produrrà carne coltivata in un formato grezzo per insaccati e salumi e manterrà i prezzi entro livelli accettabili”.

Il programma è inserito all’interno del più ampio Horizon 2020 per la Ricerca e l’Innovazione, punto chiave del famoso Green Deal, con il quale l’Unione Europea ha l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra entro il 2050. Il finanziamento del progetto testimonia un vero e proprio riconoscimento dell’importanza della clean meat e del suo potenziale, da parte dell’Unione Europea. Le ambizioni sono molte, e sarà interessante osservarne gli sviluppi in concreto.

Il debutto della carne coltivata

Il debutto della carne coltivata risale al 2013. Durante una conferenza a Londra, un gruppo di ricercatori olandesi dell’università di Maastricht, coordinata dal medico Mark Post, presenta il primo hamburger clean meat. A comporlo sono 20 mila strisce sottilissime di tessuto animale coltivate in laboratorio. L’hamburger viene cucinato dallo chef Richard McGeown del Couch’s great house restaurant di Polperro, in Cornovaglia e sottoposto al giudizio critica dell’inflessibile nutrizionista austriaca Hanni Rützler che dirà che sapore, consistenza e aspetto esteriore sono del tutto simili a un vero hamburger di carne.

Il test attira l’attenzione di Sergey Brin con Larry Page co-fondatore di Google che versa, all’inizio in anonimo, 250 mila dollari per la ricerca. I test sono successivamente proseguiti sulla base di tre obiettivi: migliorare il contenuto proteico, soprattutto mioglobina per il ferro; perfezionare la coltura dei tessuti grassi, per consistenza e sapore; diminuire il contenuto di siero fetale nel terreno di coltura delle staminali. Dal 2013 i test si sono moltiplicati portando a diversi risultati.

Nel febbraio 2016 abbiamo avuto le polpette di manzo clean meat di Memphis meat, una start-up ubicata a San Francisco (Usa), presieduta dal cardiologo Uma Valeti. Nello stesso anno Supermeat, con sede in Israele, lancia una campagna virale di crowdfunding per finanziare la ricerca sulla carne di pollo senza sofferenza. L’anno dopo ancora Memphis meat produce per prima pollo e anatra all’arancia “allevati” in bioreattore. Memphis meat ha poi ottenuto ingenti risorse da parte del colosso dell’industria alimentare americana Tyson food insieme ad altri investitori come Bill Gates.

A contendersi il potenziale della carne in provetta del mercato mondiale della carne convenzionale, valutato nell’ordine di circa mille miliardi di dollari, ci sono altre quattro imprese emergenti: l’israeliana Future meat techologies, Finless food (Usa), Hampton creek (Usa) e Intergriculture (Giappone).

Resta un’incognita di fondo: come verrà accolta dai consumatori? Ricerche condotte in Europa e negli Usa indicano che una percentuale compresa tra il 20 e il 50% è interessata a provare la carne in provetta. Slow food ha già soprannominato la clean meat “Frankenstein della padella” e “grigliata di staminali”. “Le tematiche sul tavolo sono fin troppo serie e la critica agli allevamenti industriali è più che giustificata. Ma anche in futuro la soluzione a questi problemi continuerà a dipendere dalla coscienza di allevatori e consumatori consapevoli piuttosto che da becher e provette, si legge sul sito dell’associazione. Poi, come per la religione e molte altre tematiche, è una questione personale e di coscienza. Una cosa è certa: lo scopriremo solo mangiandola.

Leggi anche

ALTRI ARTICOLI
nessun commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

i più letti

Newsletter

Gli articoli della settimana direttamente sulla tua email

Newsletter