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Celleno, borgo “fantasma” che vuole tornare a vivere

Celleno, borgo "fantasma" che vuole tornare a vivere
Celleno, borgo "fantasma" che vuole tornare a vivere

Celleno, il borgo fantasma che appare come una piccola Civita di Bagnoregio (che difatti dista da Celleno appena 15 chilometri e come Celleno sorge su uno sperone tufaceo), uno dei tanti simboli identitari di un’Italia che resiste e che per molti “non esiste”

Si, perché la storia di Celleno è un po’ come quella del paese fantasma del Lago di Vagli che ancora oggi affascina chi ne legge e chi lo visita. Ma andiamo per ordine.

Oggi nei dintorni del vecchio borgo di Celleno brulica una comunità ricca di vita, bottegucce e locali dove sostare. Tanto per esser chiari che la zona non è tutta per “ghostbusters”. Qui si acchiappa bellezza, ispirazioni, suggestioni, evocazioni. Senoaltro di vite passate, di antiche tradizioni, mestieri, insomma di ciò che muore e che appare come “vita trasformata”.

A Celleno, arrivo in una giornata dai “sentori” primaverili, immancabilmente in compagnia della mia Sighrun, percorrendo la strada provinciale “Teverina”, che parte da Viterbo fino a sfiorare i confini dell’Umbria vicino Sermugnano.

Parcheggio la mia motocicletta nei pressi del convento dei Padri Riformati, voluto da Papa Paolo V nel 1610 e mi avvicino a Celleno Vecchia che appare davvero come una piccola Bagnoregio, anche nel tratto del ponte antistante il borgo.

Le due anime di Celleno

Celleno ha due anime. Il paese dove attualmente risiede la popolazione cellenese (circa 1300 persone) e la parte ora nota come Celleno Antica o Borgo Fantasma e che, data la ricchezza di storia, di tradizioni, di usi e costumi tramandati nel tempo e per il fascino delle architetture (abbandonate sì, ma pronte per raccontare e raccontarsi al visitatore), per forza di cose è divenuto uno dei punti di interesse del turismo nella Tuscia.

Oltrepassata Celleno nuova, come accennato, con localini e qualche bottega, si entra nel vero e proprio borgo fantasma. Arrivati ai piedi dell’antica Celleno si incontra piazza del Mercato e per raggiungere il borgo si attraversa una scalinata in salita (via del Ponte) che conduce alla Porta Vecchia, dalla quale si manifesta la piazza del paese, piazza del Comune, antico cuore pulsante della Celleno che fu: qui si trova quello che è sicuramente l’edificio più suggestivo e meglio conservato, ovvero il Castello Orsini, ma anche il Campanile di San Donato (con il suo orologio), il rudere della (ex) chiesa di San Carlo e la chiesa parrocchiale di San Donato.

Avamposto del Medioevo contro gli assalti nemici

Celleno risale al Medioevo. Avamposto strategico contro gli assalti nemici, conserva intatto il castello, al quale si accede attraverso il ponte in pietre originali e ad unica arcata. Ancora visibili alcuni stemmi araldici nel Torracchio e nel portale d’ingresso; inalterata la bellezza e l’austerità del ponte levatoio, che isola il castello dal resto dell’abitato.

Il Comune di Celleno, insieme alla startup Hubstract – Made For Art e all’Università della Tuscia, sostenuta dalla Regione Lazio, ha presentato qualche tempo fa il progetto di recupero di riqualificazione del borgo chiamato “Il Borgo Fantasma di Celleno”. Perché Celleno vuole tornare a vivere e ripopolarsi. Nel progetto, un plastico interattivo racconta la storia e le peculiarità di Celleno, con tanto di logo, pannelli espositivi e brochure pieghevole e un’idea per lo sviluppo dell’ospitalità diffusa e la prosecuzione degli studi archeologici, storici e geofisici del luogo.

Il racconto

Casualmente, incontro Piero Taschini, uno dei volontari della Pro Loco di Celleno che, con infinita disponibilità, mi accompagna nella visita, raccontandomi la storia del paese, aprendomi stanza per stanza, tutte le ricostruzioni dell’epoca per farmi capire la vita che animava Celleno un tempo.

La chiesa di san Donato, patrono di Celleno, fortunatamente ancora conserva il portale il stile gotico-romanico e alcune parti di mura, ma è privo di soffitto mentre decisamente in ottime condizioni è la Chiesa di San Carlo, con il suo portale in basaltina lavorata; una curiosità, questa chiesa, che iniziò ad essere costruita nel 1615 è stata realizzata grazie alle offerte dei fedeli cellenesi. La chiesa di San Carlo ospita ora una mostra permanente di grammofoni. Da qui parte la mia visita al borgo fantasma in compagnia di Piero Taschini e del mio amico motociclista con cui viaggio spesso alla scoperta di strade inesplorate (almeno da noi).

Mentre scatto fotografie nella Casa delle Macchine parlanti, dove mi ritrovo circondato dalla bellissima esposizione di grammofoni d’epoca perfettamente funzionanti e motociclette che hanno rappresentato il sogno di molti nostri nonni e bisnonni, il signor Taschini spiega:

“Celleno prende il nome dalle celle che raccoglievano derrate e materiali. Il borgo ha subito numerosi smottamenti e negli anni Trenta era diventata pericolosa per i suoi abitanti. Talmente pericoloso che l’allora presidente della Repubblica Luigi Einaudi nel 1951 emanò un’ordinanza che obbligava i cellenesi a lasciare le proprie case per trasferirsi verso una località più sicura a un chilometro e mezzo dall’antico borgo. Da allora il Borgo di Celleno è diventato un borgo “fantasma”.

Continua nel suo racconto il signor Taschini:A partire dal 2018, i cellenesi si sono rimessi in moto per valorizzare nuovamente le proprie radici. Estirpate le erbacce, hanno messo in sicurezza i ruderi, realizzato passaggi pedonali tra gli antichi edifici e, cosa più importante, ihanno iniziato a segnalare sulla strada principale la presenza del “Borgo Fantasma”. Sempre più curiosi, magari di ritorno da Civita, si iniziano a fermare, sui social iniziano a circolare delle foto, qualcuno lascia le prime recensioni sul web della propria visita e così, a piccoli passi, con il costante aumento dei visitatori, il caratteristico Borgo fantasma dell’ Antica Celleno inizia ad essere sempre meno “fantasma”, tanto è vero che ormai fa parte de “i luoghi del cuore” del FAI, il fondo ambiente italiano. Il sabato e la domenica è preso d’assalto, ci si arriva in navetta per evitare caos”.

Il Castello Orsini

Nei secoli successivi alla caduta dell’Impero Romano, Celleno subì numerosi saccheggi ed assedi da parte dei Goti, Bizantini e Longobardi. Oggi l’austero Castello Orsini ottimamente conservato è circondato da un fossato e si può raggiungere tramite la relativa strada: da qui si possono ammirare le arcate del ponte che porta all’entrata del Castello.

Nel 1973 venne acquistato dall’artista Enrico Castellani che restaura il castello e lo elegge a propria abitazione fino al 1° dicembre 2017, giorno della sua morte. Il castello è visibile solo dall’esterno ma, nel corso di alcune giornate durante l’anno è possibile accedervi ed ammirare alcune delle sue stanze, mentre altre rimangono tutt’ora non accessibili per motivi di sicurezza.

Questa alternanza di palazzi restaurati o ben conservati e di ruderi quasi inghiottiti dalla natura crea uno scenario particolarmente suggestivo in un’altalena di contrasti tra opere d’arte in ferro battuto e antichi utensili e strumenti di lavoro che fanno da memoria costante dell’antica laboriosità dell’antico borgo.

Le maioliche medievali del butto

Il signor Taschini ci accompagna lungo il percorso e, una ad una, illustra e spiega gli altri ambienti del borgo. Come quella del butto e delle ceramiche che questa singolare “cisterna” racchiude: “La storia del butto è di quelle tutte da raccontare. Siamo nel 1975. Cinque “tombaroli” sono intenti a scavare in un pozzo situato all’interno di un edificio abbandonato di Celleno Vecchio. Discutono sulla refurtiva da spartire ma non si mettono d’accordo. La lite si fa pesante e i cinque arrivano alle mani e forse anche ai colpi di pistola. Inevitabile è l’intervento delle forze dell’ordine e del personale di vigilanza della Soprintendenza alle Antichità dell’Etruria Meridionale”.

In questo modo, tra verità e leggenda, si giunge alla scoperta del butto di Celleno. Grazie all’intervento archeologico condotto dalla Soprintendenza, il butto ha restituito circa 7.500 frammenti di maiolica arcaica. Restaurate grazie al contributo dell’Amministrazione Comunale di Celleno, le maioliche in mostra illustrano la ricchezza del repertorio morfologico e decorativo delle ceramiche da mensa prodotte a Viterbo alla fine del medioevo.

Il borgo e il panorama dei calanchi

Il Borgo Fantasma però non è solo tufo e memoria storica e del territorio. Camminando con il signor Taschini, passando da una stanza all’altra di Celleno dove troviamo allestita la cantina, la cucina, il negozio di ciabattino e altre botteghe di un tempo, percorriamo l’antica via Maggiore.

Il sentiero è delimitato da staccionata e si passeggia tra paciose pecore e prati su cui sostano come l’aratro nella maggese, attrezzi e strumenti agricoli dell’epoca. In questo punto del paese è possibile ammirare il bellissimo panorama sulla zona cellenese della Valle dei Calanchi, un colpo d’occhio veramente interessante che permette di scorgere anche il Monte Soratte nelle giornate più nitide.

Durante il periodo di Natale il borgo fantasma di Celleno ospita il caratteristico presepe vivente mentre la seconda domenica di giugno si celebra con degustazioni ed eventi l’eccellenza del territorio cellenese: la ciliegia.

Nel 2018 Celleno è stata l’unica località della provincia di Viterbo selezionata dal Fondo Ambiente Italiano per le “giornate FAI d’Autunno”, momenti durante i quali circa 600 tra borghi, giardini e castelli aprono ai visitatori luoghi solitamente inaccessibili o chiusi al pubblico. Saluto il signor Taschini. Ho fatto il pieno di cataloghi e di ricordi. I ricordi di Celleno e della Tuscia che “valgono sempre una escursione”. In motocicletta, ancora di più.

Fotografie @ Daniele Del Moro

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