Accolta con soddisfazione ma anche con amarezza da parte del mondo ambientalista come WWF e Legambiente la notizia della sentenza che conclude in primo grado il processo per “disastro ambientale” all’ex Ilva di Taranto
Ilva: le pesanti condanne e, ancora di più, la confisca di alcuni degli impianti più inquinanti dell’acciaieria, una volta la più grande in Europa, rappresentano senza dubbio un fatto storico. Il primo pensiero va a tutte le famiglie e le persone che hanno sofferto a causa dell’inquinamento.
La sentenza di ieri rappresenta un dato di fatto riguardo ad analisi e studi scientifici che dimostravano in modo inequivocabile gli impatti dell’Ilva sull’ambiente e la salute umana, studi che si sono voluti sminuire se non nascondere e che se considerati per tempo avrebbero salvato vite umane ed anticipato un processo di ristrutturazione ambientale a cui si arrivati troppo tardi ed in modo ancora incompleto.
Ilva, la battaglia della società civile
Anche il riconoscimento del ruolo della “società civile”, cittadini, lavoratori, associazioni è un fatto importante. Tra queste il WWF Italia e Legambiente che hanno seguito le vicende dell’Ilva con denunce, ricorsi, e la costituzione di parte civile.
“Si tratta di una sentenza storica per il popolo inquinato di Taranto che certifica che nel capoluogo ionico c’è stato un disastro ambientale, causato dalla proprietà dell’impianto, che la nostra associazione cominciò a denunciare già negli anni ‘80 quando lo stabilimento era ancora pubblico, e che ha procurato tanti malati e morti tra dipendenti e cittadini. Una sentenza così pesante conferma la solidità, da noi sempre evidenziata, delle perizie epidemiologica e chimica disposte dal gip Todisco.Con questa sentenza di primo grado possiamo dire che ecogiustizia è fatta e che mai più si deve barattare la vita delle persone con il profitto ottenuto nel totale disprezzo delle leggi”.
È stato questo il commento di Legambiente in una nota congiunta firmata dal presidente nazionale Stefano Ciafani, dal direttore regionale Ruggero Ronzulli e dalla presidente del circolo tarantino Lunetta Franco.
In ogni caso, dopo la sentenza di ieri e a 9 anni dal primo sequestro, Taranto rimane con i dubbi del 2012: come riuscire a conciliare salute e lavoro? Ora, la risposta è rinviata, ancora una volta, ai giudici che dovranno saper mettere equilibrio e giustizia nella gestione del sistema industriale italiano. Ora toccherà al Consiglio di Stato.
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