Roma, 19 febbraio 2020
Carenza di competenze specialistiche, eccesso di burocrazia e difficoltà di accesso al credito: sono questi i principali ostacoli alla transizione verde del nostro Paese.
Se a tutto questo aggiungiamo una legislazione farraginosa, stratificata e poco omogenea, per le imprese italiane la grande sfida della sostenibilità potrebbe non rappresentare quella grande opportunità che invece rappresenta.
È quanto in sintesi si legge nelle conclusioni del 3° Rapporto Federmanager-Aiee, dal titolo “Transizione verde e sviluppo. Può l’economia circolare contribuire al rilancio del sistema Italia?”, presentato ieri a Roma nella sala del Tempio di Adriano alla Camera di commercio.
A confronto su questi temi sono intervenuti, oltre al presidente di Federmanager Stefano Cuzzilla, Giacomo Gargano, presidente Federmanager Roma, il presidente di Aiee, Carlo Di Primio, Felice Egidi, Strategic advisor Elettricità Futura, Gianni Pietro Girotto, presidente commissione Industria del Senato, Gianluca Benamati, Vice presidente commissione Attività produttive della Camera, Paolo Arrigoni, componente commissione Territorio e ambiente del Senato, Federico Testa, presidente ENEA e Andrea Zaghi, direttore generale di Elettricità Futura, co-organizzatrice dell’evento.
Lo studio Federmanager-Aiee
Di fronte al piano di 1.000 miliardi di euro di investimenti approvato dalla Commissione UE, lo studio Federmanager-Aiee calcola che rimuovendo i fattori citati e investendo in competenze manageriali adeguate si potrebbe aumentare la produttività del 6,5% in termini di valore aggiunto e aumentare l’occupazione nel settore green portandola all’11,4%.
“In uno scenario di trasformazione del sistema occupazionale che sia indirizzato verso la piena affermazione dell’economia circolare, potrebbero essere creati oltre 500mila posti di lavoro entro il 2030. Per questo chiediamo al governo di sostenere chi, come Federmanager, punta sullo sviluppo di competenze specifiche per la sostenibilità”, ha dichiarato in apertura dei lavori Stefano Cuzzilla, presidente Federmanager.
“La Commissione von der Leyen – ha aggiunto Cuzzilla – ha presentato un piano da 1.000 miliardi di euro in 10 anni per un’Europa a impatto zero entro il 2050. Proponiamo che quota parte delle risorse destinate all’Italia sia vincolata a sostegno delle figure manageriali impegnate per la sostenibilità”.
I manager della sostenibilità
“L’importanza della formazione e dell’innovazione per le aziende che saranno così in grado di anticipare il cambiamento” è stata rimarcata dal presidente Federmanager Roma, Giacomo Gargano.
Sono infatti circa 100 i professionisti che Federmanager certificherà entro la fine del 2020 come manager per la sostenibilità, attraverso il percorso di certificazione delle competenze manageriali “BeManager”. Si tratta di figure manageriali che, in esito a un percorso di assessment e di aggiornamento rispetto agli eventuali gap formativi, sono valutate idonee a riconvertire i processi di produzione industriale e a realizzare in concreto gli obiettivi di economia circolare.
“Le imprese italiane stanno esprimendo una crescente consapevolezza delle opportunità e dei rischi legati alla questione ambientale, ma non è pensabile che l’imprenditore possa, da solo, far fronte alle nuove necessità”, ha evidenziato Stefano Cuzzilla.
Il rapporto cita le recenti rilevazioni dell’Eurobarometro (2017), secondo cui il 60% delle Pmi italiane ha deciso di puntare sulla riduzione dei rifiuti attraverso processi di economia circolare. Un modo nuovo di pensare all’attività d’impresa, in grado di trasformare lo scarto in risorsa e di rispondere alla domanda di futuro avanzata dalla “Generazione Greta”.
“L’Italia vanta grandi player nel settore energetico – ha inoltre ricordato Cuzzilla – Tuttavia più del 95% della nostra economia è costituito da micro e piccole imprese. L’obiettivo che ci dobbiamo porre, dunque, è quello di managerializzare le nostre Pmi, immettendo competenze che generino positivi sulla produttività italiana”.
Secondo la Ellen Mc Arthur Foundation, presa a riferimento dallo studio, la transizione verso un’economia circolare in tutti i settori consentirà all’EU un risparmio netto annuo fino a 640 miliardi di dollari sul costo di approvvigionamento dei materiali per il sistema manifatturiero dei beni durevoli (circa il 20% del costo attualmente sostenuto).
Il rapporto affronta nel dettaglio il tema dei rifiuti, sostenendo che gli attuali costi di esportazione dei rifiuti all’estero potrebbero essere compensati investendo in tecnologie ed innovazioni di energy recovery, così da avere vantaggi economici, oltre che ambientali.
Un valido strumento è rappresentato dalla pirolisi, quel processo in grado di trasformare la plastica non riciclabile in energia. Grazie al ciclo di trattamento dei materiali da rifiuto, il processo di pirolisi genera energia pulita utilizzabile per diversi impieghi. Uno su tutti, riutilizzare la plastica non riciclabile trasformandola in combustibile (c.d. “Plastic to fuel”). Le stime riportate dal rapporto parlano chiaro: da 1 tonnellata di plastica si possono estrarre 800 litri di carburante al prezzo di un terzo del greggio.
L’Italia, annota il report, se avesse utilizzato il Plastic to fuel, considerando le 1,3 milioni di tonnellate di plastica smaltite in discarica nel 2016, avrebbe conseguito un beneficio pari a circa 25 milioni di euro. “La pirolisi è solo un esempio di come sia possibile sfruttare la tecnologia per produrre a basso impatto ambientale – ha spiegato Sandro Neri, coordinatore della Commissione Energia di Federmanager – Mostra il vantaggio di avere una taglia ottimale di piccolo impianto (fino a 100 kW), maggior efficienza rispetto ai grossi impianti, più facile da gestire, non richiede opere civili significative e necessita di spazi contenuti normalmente disponibili all’interno di impianti esistenti. Tutto ciò si traduce in tempi di installazione estremamente limitat”».
Lo studio Federmanager-Aiee, inoltre, sottolinea che una parte delle risorse messe a disposizione dal Green New Deal europeo deve essere destinata alla ricerca&sviluppo. “ll settore dell’economia circolare è tutto da costruire, ed è fondamentale per l’Italia saper guadagnare posizioni di leadership grazie a un mix di investimenti e stimoli fiscali guidati da una visione strategica di lungo termine che non può fare a meno di un’intensa attività di ricerca e di competenze appropriate», ha evidenziato il direttore generale Federmanager, Mario Cardoni.
“Per agganciare la sfida ambientale serve più industria, non meno industria – ha concluso il presidente Federmanager, Stefano Cuzzilla – È molto importante quale politica industriale si sceglie e come verranno allocate le risorse disponibili. Invitiamo pertanto il governo ad attivare una leva fiscale premiante per chi investe nella sostenibilità”.