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Biometano dall’agricoltura, inaugurato il primo impianto a Faenza

Foto di Jan Nijman da Pixabay

Biometano dagli scarti e dai reflui di allevamento per alimentare le automobili. A inaugurare l’impianto, realizzato da Smea, società di progettazione e consulenza ingegneristica, la cooperativa vinicola Caviro Distillerie assieme al Consorzio italiano biogas, CIB

Il nuovo impianto nasce dalla riconversione di uno già esistente. La capacità produttiva annua dovrebbe essere indicativamente di 12 milioni di Nm3 di biometano, in pratica quanto serve ad alimentare l’equivalente di 18 mila vetture. Il biometano prodotto verrà distribuito attraverso la rete nazionale Snam una volta immesso. Costo 9 milioni di euro.

Un altro interessante progetto di economia circolare, dunque, che coinvolge le imprese, destinate a guardare sempre maggiormente all’ambiente e alla sostenibilità per non essere tagliate fuori dalle evoluzioni del mercato e della realtà. La tecnologia adottata per il nuovo impianto di Faenza, upgrading a membrane, secondo quanto riportato dal magazine online RavennaeDintorni.it, consente di avere:

“due correnti in uscita,  di biometano ed una di CO2. Il gruppo fa sapere che sta lavorando per poter riutilizzare anche questa seconda componente in modo da evitare la sua immissione in atmosfera. Già sottoscritto un protocollo di intesa con un importante operatore del settore per il riutilizzo.

Oltre al biometano e alla CO2 c’è un terzo prodotto in uscita dai biodigestori faentini: i residui che rimangono dopo il processo di digestione, ricchi di sostanza organica pertanto un’ottima matrice per la produzione di ammendante, un fertilizzante naturale in agricoltura, andando di fatto a completare il processo di economia circolare”. Il biometano prodotto è completamente, provenendo da scarti e sottoprodotti. Viene classicicato come biocarburante avanzato, in quanto non toglie superfici coltivabili alle produzioni alimentari.

Sottolinea Piero Gattoni, presidente CIB – Consorzio Italiano Biogas (Fonte: Rinnovabili.it) “L’immissione in rete del primo metro cubo di gas rinnovabile di origine agro-industriale è un momento storico per tutta l’agricoltura italiana. Caviro è un esempio virtuoso di coesistenza tra agricoltura e produzione di gas rinnovabile che mi auguro potrà essere presto seguito da altri. Gli investimenti delle aziende italiane del settore in attività di ricerca e sviluppo e il supporto attivo del CIB, che da sempre favorisce le sinergie e il trasferimento tecnologico tra il mondo dell’industria e quello dell’agricoltura, sta dando i risultati auspicati”.

Il biometano – continua il presidente del consorzio – è un biocarburante avanzato che può giocare un ruolo primario nella transizione energetica e non solo. L’esempio di Caviro dimostra come la cooperazione e il modello di azienda circolare possano essere un prototipo vincente per rafforzare la competitività del settore agroindustriale e per contribuire alla decarbonizzazione del settore energetico favorendo, al contempo, la tutela ambientale”.

Un modo nuovo di fare impresa che Caviro stessa sottolinea con le seguenti parole: “L’impegno di Caviro per l’ambiente si estende anche alla produzione di energia da fonti rinnovabili, grazie alla compartecipata Enomondo. Gli impianti di Enomondo rappresentano l’ultima parte del circolo virtuoso del Gruppo, creando come compost verde ecosostenibile, utilizzabile anche in agricoltura biologica, ed energia, sia elettrica che termica. Questo processo consente a Caviro di risparmiare ogni anno 66.000 tonnellate di CO2, poiché l’energia creata alimenta al 100% gli impianti del Gruppo, rendendolo autosufficiente”.

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