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Tessuti ecosostenibili, di cosa stiamo parlando realmente?

Tessuti ecosostenibili, di cosa stiamo parlando realmente?
Foto di LEEROY Agency da Pixabay

Tessuti ecosostenibili, una moda etica, rispettosa dell’ambiente, del lavoro e dei diritti degli animali. La sfida “green” in questo settore gioca un ruolo determinante a livello ambientale. Il motivo è semplice: consumo di acqua ed emissioni che per la realizzazione di tessuti rischiano di essere “impropri” se non siamo in grado di produrre e scegliere tessuti ecologici in grado di ridurre l’inquinamento.

Tessuti ecosostenibili, come chiede l’Onu nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, bisogna costruire nuovi sistemi di produzione a minore impatto ambientale.

Oggi una maglietta richiede, in media, 2.700 litri d’acqua per essere prodotta, genera elevate emissioni di CO2 e utilizza soprattutto fibre e coloranti di sintesi. Di fronte a questo, considerato che la produzione mondiale di indumenti è destinata a crescere del 63% entro il 2030, le potenzialità di una filiera del tessile ecologicamente orientata sono enormi, fino a rappresentare il 20% del fatturato del settore in Italia (4,2 miliardi). D’altra parte, già ora il 55% degli italiani è disposto a pagare di più per capi di abbigliamento ecofriendly realizzati con eco-tessuti.

Tessuti ecosostenibili e naturali, alcuni esempi

Cotone, lino, juta, canapa, agave, kapok, ramié, cocco, ananas, ginestra, lana e seta rientrano nella cerchia dei tessuti derivati da fonti rinnovabili come anche l’acetato, il triacetato e la viscosa che vengono prodotti artificialmente partendo dalla cellulosa degli alberi o dagli scarti di altre filiere produttive.

Il cashmere rientra tra i tessuti “ecologici” per alcune peculiarità in quanto materia prima naturale, non contiene OGM, l’estrazione è meccanica, non necessita sostanze tossiche né per l’estrazione ne per la lavorazione.

Il bambù è un materiale adatto per la moda ecosostenibile. Non contiene OGM, è biodegradabile, non utilizza sostanze tossiche durante l’estrazione e la lavorazione del tessuto.

Il tencel, chiamato anche Lyocell, è un materiale scoperto di recente che si ottiene dagli alberi di eucalipto dai quali viene presa la polpa di legno, e ciò rende la fibra cellulosa artificiale più compatibile dal punto di vista ambientale.

Tessuti sintetici non ecosostenibili

Questa categoria comprende tutte le fibre sintetiche più utilizzate nell’industria dell’abbigliamento e sono: il nylon, utilizzato principalmente nella calzetteria e nell’intimo femminile grazie alla sua elasticità, il poliestere, l’acrilico e l’elastam, meglio conosciuto con il nome di lycra. Sono tutti tessuti ad alto rischio di dispersione di sostanze chimiche pericolose e con un bassissimo tasso di biodegradabilità. Quanti di noi hanno dovuto scegliere almeno una volta nella vita tra capi in cuoio, pelle, similpelle o ecopelle ?

Facciamo chiarezza

Il cuoio e la pelle sono disciplinati dalla legge 1112/66 e riservati esclusivamente a prodotti ottenuti dal processo di concia di spoglie animali. La similpelle (o pelle sintetica) è un materiale di derivazione industriale. Può essere un prodotto totalmente di sintesi oppure può anche trattarsi di un tessuto sul quale è stato “spalmato” un materiale sintetico e plastico come il poliuretano (è questo il caso della denominazione pelle sintetica in PU). È un tessuto impermeabile e richiede sicuramente meno cure e manutenzione

Molti pensano che l’ecopelle sia un sostituto della pelle ma non è esattamente così. L’ecopelle è infatti una pelle vera e propria, quindi di origine animale ma trattata con il processo di concia “al vegetale”, un trattamento della pelle a base di acqua, zolfo e calcio, seguito da un bagno in acqua ed estratti di mimosa, e da uno di acqua e coloranti di origine naturale. La tintura, lo smaltimento avvengono seguendo dei protocolli che prevedono un impatto ambientale ridotto nella tutela dei lavoratori e del consumatore. Altra cosa rispetto a quella che viene definita simil-pelle, finta pelle o similpelle o anche vinilpelle, una pelle sintetica che può essere un tessuto impregnato/spalmato con resine poliuretaniche o completamente sintetico,

Quali obiettivi e quali certificazioni per i tessuti ecosostenibili?

Le certificazioni di ecosostenibilità di un tessuto puntano a:

  • promuovere la qualità di prodotti tessili e di capi di abbigliamento ottenuti nella salvaguardia dell’ambiente e della tutela della salute e sicurezza dei lavoratori e degli utilizzatori finali;
  • diffondere informazioni trasparenti sulle caratteristiche dei prodotti tessili ecologici;
  • favorire presso operatori del settore e consumatori la scelta di prodotti che siano rispettosi dell’uomo e dell’ambiente.

Ecco le principali certificazioni:

Global organic textile standard

La Global organic textile standard(Gots) è leader mondiale nella definizione dei criteri ambientali e sociali che devono guidare la produzione e la lavorazione delle fibre organiche, dalla raccolta all’etichettatura del prodotto finito. Sviluppata da una serie di organizzazioni operanti nell’agricoltura biologica, la Gots controlla ogni minimo anello della filiera tessile con l’intento di verificare la totale assenza di sostanze chimiche non conformi ai requisiti base sulla tossicità e sulla biodegradibilità.

Certificazione Ocs, organic content standard

Promosso dall’associazione Textile exchange, che si occupa di individuare e condividere realtà meritevoli all’interno dell’industria tessile e dell’abbigliamento, il certificato Organic content standard (Ocs) è una garanzia per i consumatori che intendono acquistare capi fatti con materie prime di natura organica. Si tratta di una validazione del contenuto dichiarato dalle aziende di moda produttrici in merito alla provenienza delle fibre naturali da agricoltura biologica e alla loro tracciabilità lungo tutto il processo produttivo.

Certificazione Grs, Global recycle standard

Global recycle standard (Grs) è una certificazione che viene applicata non solo ai prodotti ma anche alle aziende produttrici che utilizzano materiali riciclati all’interno delle loro creazioni. Il certificato, sviluppato dall’ente Textile exchange e gestito in Italia da Icea (Istituto per la certificazione etica e ambientale), ha infatti il compito di dimostrare che i materiali dichiarati cento per cento riciclati siano stati effettivamente ottenuti da scarti lavorati attraverso processi ecologici.

Certificazione Fsc, Forest stewardship council

Specifico per il settore forestale e per i prodotti derivati dalle foreste, legnosi e non, il certificato rilasciato dal Forest stewardship council (Fsc) attesta che la materia prima impiegata nel capo d’abbigliamento proviene da foreste gestite in maniera responsabile nel totale rispetto dei lavoratori, degli abitanti e del territorio.

E il riciclo nella produzione di tessuti ecosostenibili?

Il riciclo è uno dei punti chiave del settore. Per una riduzione minima degli scarti, nella moda ecosostenibile si cerca di riutilizzare tutto il possibile e di buttare via solo lo stretto necessario. Dal riciclo dei materiali che provengono dalla raccolta di abiti dismessi, da oggetti post-consumo appartenenti ad altri settori industriali o da scarti ed eccedenze prodotti nei diversi stadi della filiera. Dal riciclo della plastica per ottenere dei materiali innovativi, dei filati morbidi come la seta e ignifughi. Il riciclaggio della plastica ha un basso impatto ambientale in termini di acqua e di anidride carbonica.

Una rivoluzione eco-friendly

La rivoluzione eco-friendly, insomma, è quella capace di attuare cioè lo sviluppo di prodotti realizzati esclusivamente con materiali organici e quindi biodegradabili al 100%. Colorare vestiti e accessori utilizzando tinte 100% naturali realizzate con gli scarti agricoli. Creare tessuti partendo dalle foglie del carciofo bianco, dalle tuniche delle cipolle ramate, dalle scorze del melograno fino ai ricci del castagno, passando dai residui di potatura del ciliegio e dell’ulivo. Soprattutto, ottimizzando i processi produttivi e la distribuzione degli stessi.

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Foto: Pixabay

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