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FLOVVER Designer a chilometro zero

FLOVVER Designer a chilometro zero
FLOVVER Designer a chilometro zero

FLOVVER designer a chilometro zero, proprio così, con due v. L’artista dei fiori si chiama Barbara Mattei, storica dell’arte

FLOVVER crea piccole e grandi composizioni dal gusto romantico e selvaggio.FLOVVER sceglie fiori di alta qualità, predilige le varietà di stagione e la produzione locale. Ecco spiegato il chilometro zero. Barbara utilizza anche flora coltivata sulla sua terrazza romana, un piccolo campo dove produce poche ma molto ricercate varietà di fiori ed esemplari selvatici raccolti, con cura e rispetto per l’ambiente, nelle campagne. FLOVVER porta avanti un lavoro di ricerca con una estetica che “impatta” secondo un concetto di bellezza discreta e materiali naturali.

La natura con la ricchezza della diversità, l’imperfezione, la sua stessa fragile ma intensa bellezza: tutto questo rappresenta il cuore palpitante dell’arte fioristica di Barbara. Nei lavori sviluppati da FLOVVER LAB l’elemento naturale viene riportato all’interno dell’ambiente urbano, proponendo un nuova prospettiva sulla compenetrazione tra natura e spazio architettonico o, più in generale, tra elemento naturale ed elemento artificiale.

Le creazioni di FLOVVER LAB intendono stimolare una riflessione sul rapporto che l’uomo contemporaneo ha con il mondo in cui abita. Un percorso che inevitabilmente conduce al rispetto e all’amore per l’ambiente, scoprendone tutta l’intima gioia che riesce a comunicare.

Quando viene accolto e protetto. Nel cuore e nel palmo di una mano. Perché, come ricorda il principe Katsumoto nell’Ultimo Samurai, “il fiore perfetto è una cosa rara. Se si trascorresse una vita a cercarlo, non sarebbe una vita sprecata”. Ecco tutto il senso della gioia a cui un fiore può consegnarti. Come un infinito motivo d’essere. In questa intervista, Barbara Mattei ci racconta il suo lavoro e tutto il suo quotidiano “sussurrare” ai fiori, realizzandone arte.

Barbara, cosa significa floral design, fare arte fioristica?

Significa andare oltre il classico decoro floreale ed avere un approccio sperimentale all’attività fioristica. Credo nel potere terapeutico della bellezza: maneggiare i fiori, condividerli con qualcuno, lavorarli con pazienza e cura, sono pratiche che educano alla concentrazione e fanno bene allo spirito. Prendersi il tempo per la bellezza è un insegnamento molto prezioso, che va ben al di là della composizione fioristica, è un insegnamento profondo e non facile da assimilare, specialmente in una società frenetica. Mi piacerebbe trasmetterlo.

Chi è Barbara Mattei e perché ha scelto di dare vita a FLOVVER?

Sono laureata in Storia dell’Arte e mi sono occupata di arte contemporanea per diversi anni. Ho imparato ad osservare il mondo attraverso gli strumenti della critica d’arte e con quello stesso sguardo ho voluto sperimentare il potenziale estetico della flora. Nel 2017 ho deciso di dedicarmi fulltime a quest’attività ed ho creato il brand FLOVVER. Lo scorso autunno ho piantato i miei primi 500 bulbi che vorrei fossero l’inizio di una piccola produzione di fiori, di qualità e a km 0.

Come nascono le tue composizioni, da cosa trai ispirazione?

La prima fonte d’inspirazione è la natura: lascio spesso la città per immergermi nelle campagne e dedico molto tempo ad osservare. Il mio sguardo ha però tanti condizionamenti culturali importanti: le arti visive, in primis, ma tutte le diverse espressioni artistiche, teatro, opera lirica, architettura, sono il filtro attraverso cui elaboro le mie creazioni. Scelgo prevalentemente fiori di stagione e varietà locali, ma non mi do limiti rigidi: preferisco la libertà come dimensione entro cui muovermi.

Quali sono i fiori più di “tendenza”, quali quelli che tu ami di più per dare vita alle tue creazioni?

La dalia è un fiore che già da diversi anni è di tendenza nei paesi con una cultura fioristica importante. In Italia subisce lo scotto di essere simile al crisantemo: molti qui si fermano davanti al pensiero comune che sia un fiore per i morti e non osano proporla. Io la amo particolarmente. Ho poi una grande passione per i fiori leggeri, delicati, dalla consistenza quasi effimera: i cosmos, i papaveri, i ranuncoli butterfly.

Quali sono le tecniche principali del tuo modo di lavorare?

Utilizzo molto il filo di ferro sottile e la rete da pollaio. Le tecniche tradizionali per me sono solo un trampolino per la sperimentazione.

Come si diventa flower designer? Consigli ai giovani?

Con la passione e la determinazione, come qualsiasi altra attività. Il mio unico consiglio è quello di ascoltare solo le proprie passioni senza farsi distrarre: sapersi ascoltare non è facile. Poi serve assumersi la responsabilità di una scelta non convenzionale.

Quali paesi sono considerati particolarmente rappresentativi per l’arte fioristica mondiale?

I paesi d’influenza britannica: l’Inghilterra stessa, l’Australia, la California. Il Giappone. E poi le Fiandre, ovviamente.

Quale è il target prevalente dei tuoi clienti?

Il target a cui mi rivolgo non ha distinzione di genere, è gay friendly, è colto e non fa scelte convenzionali, è alla ricerca di esperienze nuove, non ha paura di osare e di sovvertire canoni estetici classici.

Quali sono stati i tuoi lavori più importanti e quali le richieste più singolari che ti hanno fatto?

Un lavoro importante l’ho realizzato per uno showroom di gioielli in un palazzo ottocentesco con soffitti alti ed affrescati al centro di Roma: si tratta di un’installazione fluttuante, una sorta di nuvola, composta unicamente di lunaria. La luminescenza e l’aspetto argenteo di questa pianta rimanda al metallo dei gioielli, la forma a disco ripete il motivo floreale posto proprio al centro dell’affresco. In questo lavoro ci sono tanti riferimenti, amo i dettagli: un rimando ai Mobiles di Calder e sicuramente l’influenza di un lavoro installativo, Foam, di Christian Frosi, realizzato nel 2003 in occasione dell’apertura della Galleria Zero, a Milano. Questa mia installazione è tuttora esposta e visibile nello showroom di Piazza San Pantaleo a Roma.

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