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Una rivoluzione idroponica che si chiama Sfera

Una rivoluzione idroponica che si chiama Sfera
Una rivoluzione idroponica che si chiama Sfera

Sfera, una startup nata a luglio del 2016 da una idea di Luigi Galimberti, imprenditore maremmano particolarmente attento al mondo dell’innovazione, che vuole “rivoluzionare” il settore della produzione agricola degli ortaggi.

Galimberti ha “assemblato” un team di giovani e ha dato vita ad una serra tecnologica con l’obiettivo di andare oltre il concetto del semplice “raccolto” e realizzare un business e una competitività sul modello delle aziende più specializzate di altri settori.

Agricoltura 4.0 concreta, dunque, in un paese in cui ancora la rivoluzione agricola digitale, nonostante il modello sia sempre più social e più veloce, deve fare i conti con una burocrazia disarmante e una mentalità in molti casi non troppo aperta.

Rivoluzione idroponica, di che parliamo?

Sfera è una serra che produrrà 15 volte di più che il campo aperto, consumando solo il 10% dell’acqua grazie all’irrigazione a goccia. La produzione? Quaranta kg per metro quadro rispetto agli 8 delle normali coltivazioni.

Se è vero quanto dichiarato dall’ONU che nel 2050 saremo il doppio degli abitanti sulla terra, è fondamentale produrre di più con meno sprechi e utilizzando a dovere le risorse.

Sia per la produzione, sia per la protezione dell’ambiente in cui “respiriamo” e ci nutriamo. Spiega Galimberti: “Abbiamo incontrato non poche difficoltà. Il mantra era: è impossibile. Se nessuno l’ha mai fatto, ci sarà un motivo. La morte dell’innovazione è: abbiamo sempre fatto così”. Ecco il problema.  “Quell’abbiamo sempre fatto così”taglia le gambe e diventa difficile da sostenere in molti casi.

Produzione di ortaggi, dunque, che dovrebbe essere completamente sostenibile. In condizioni ideali di coltivazione, senza ricorrere a pesticidi, ma combattendo eventuali parassiti soltanto con insetti antagonisti. 

L’incontro “ad hoc”

Come in tutte le storie a lieto fine, la vita non è fatta solo di volontà e capacità ma di una discreta dose di fortuna, soprattutto di incontri giusti. A gennaio del 2016, infatti, Galimberti conosce Lorenzo Allevi, amministratore delegato di Oltre Venture, fondo d’investimento di Milano, che ha una visione del mondo diversa ed è interessato ad investire su progetti sociali di una certa rilevanza. Nel luglio 2016 nasce Sfera società agricola, con 150.000 euro di capitale base.

“Il fondo mi ha dato la possibilità di trasformare delle suggestioni, delle impressioni in valori – ricorda Galimberti – Quello di cui parlavo agli amici è oggi il nostro modo di lavorare, l’idea di fare business motivati da una profonda responsabilità sociale che si prende cura del territorio e dei propri lavoratori. Dopo meno di un anno dalla costituzione, Sfera ha chiuso con un aumento di capitale di 7 milioni di euro, allargando la compagine sociale a 3 grandi investitori”.

Un mese e mezzo dopo aver chiuso la prima parte del progetto con Oltre Venture, lead investor, infatti, Sfera riesce ad ottenere un finanziamento da Iccrea BancaImpresa, in pool con 2 Banche di Credito Cooperativo. Iccrea diventa il capo di una “cordata” che porta ad un finanziamento complessivo di 11,4 milioni di euro.

L’idroponico più grande d’Italia

La serra costituirà la coltivazione idroponica più grande d’Italia: 13 ettari di impianto su un lotto di 22 ettari. Sorgerà nel territorio di Gavorrano, in provincia di Grosseto e avrà una produzione di pomodori, lattughe e erbe aromatiche.

La coltivazione idroponica consente diversi vantaggi rispetto a quella tradizionale. I più importanti sono quelli relativi al risparmio di spazio, ad una riduzione cospicua dell’impiego di acqua, malattie e problematiche legate alla coltivazione. Il suolo non viene alterato dai nutrienti e, per fare un esempio, i pomodori non conterranno nichel, un elemento che provoca allergia a circa il 30% delle donne.

All’impianto lavoreranno cento persone tra cui 20 tecnici ultraspecializzati. Aggiunge Galimberti: “Accanto alla serra sorgeranno anche sistemi agroforestali per la conservazione delle biodiversità. Un progetto ecosostenibile a 360 gradi, dunque, che puntando sull’innovazione tecnologica e non sulla chimica di pesticidi e fertilizzanti produrrà pomodori, insalate ed erbe aromatiche molto più che ‘biologiche’. I parassiti del pomodoro saranno quindi combattuti con un vero e proprio esercito di coccinelle ‘mercenarie’, ‘assoldate’ nel progetto Sfera. Sfera porterà alla Maremma oltre 19 milioni di euro in capitali e oltre di 100 posti di lavoro”.

La tecnologia utilizzata per la realizzazione della serra è quella impiegata per altre culture idroponiche all’estero,  principalmente in Olanda. Anche se non c’è nessun brevetto riguardo a Sfera, come sostenuto da Galimberti, a qualificare Sfera come “innovazione” è l’approccio manageriale alla produzione, diverso da quello tipico delle aziende familiari delle nostre campagne.

Impresa sostenibile

L’idroponica consente di arrivare ad una produzione indicativa di 40 chili di raccolto, le normali coltivazioni arrivano a 8 in campo aperto, con un periodo di dieci mesi.

Il ritorno sul capitale, insieme alle garanzie comunitarie del Fondo europeo per gli investimenti, ha consentito a Sfera di ottenere un finanziamento che generalmente non è previsto per le innovazioni: parliamo di 11,4 milioni di euro che, abbinati ai 7 raccolti secondo il classico schema del ventue capital, significa 20 totali che servono per la realizzazione dell’impianto.

In Italia troviamo circa un centinaio di ettari coltivati con la tecnologia idroponica, principalmente in Puglia (azienda Fratelli Lapietra) e in Sicilia (azienda Fondacaro). Sfera rivoluziona l’idea della produzione con un approccio realmente diverso.

Galimberti, che è anche amministratore delegato di Sfera, sta già pensando a trovare nuovi terreni adatti, sia da un punto di vista “strategico” che climatico, per ampliare la coltivazione con tecnologia idroponica. Qualcuno avrà da obiettare sul “gusto” dei prodotti e storcerà il naso. Si sta lavorando anche per il palato e senza l’aggiunta di “additivi” esterni”. Non rimane che provarli  questi prodotti e “certificare” che la serra idroponica non è solo 4.0 ma anche un luogo di “bontà”.

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