Raffaele Pusceddu è il titolare di Nuraghe Sardo, un ristorante di Roma nato oltre cinquant’anni fa , il cui nome richiama alla mente le antiche fortezze di una terra altrettanto antica, la sua terra d’origine: la Sardegna. Questa fortezza però purtroppo oggi si ritrova ad essere minacciata, in grave difficoltà. Minacciata da quell’emergenza che ha colpito il nostro Pese e che però, sembra non aver esaurito i suoi effetti. Uno dei più devastanti è stato, e sarà ancor di più nei mesi a seguire, quello economico.
Quella di Raffaele è una storia drammatica, che non può essere raccontata diversamente. Nella sua voce, quando mi racconta della situazione che stanno vivendo, lui come titolare e i suoi dipendenti con le loro famiglie, c’è una forte disperazione. La disperazione di un uomo, un padre, oltre che di un titolare di un’impresa, con alle spalle la sorte di tante persone che attorno alla sua attività girano.
Un uomo, il titolare del Nuraghe Sardo, che si sente abbandonato dallo Stato, che rischia di chiudere il suo ristorante, di dichiarare fallimento se non aiutato nell’immediato, se non ascoltato. E come lui, molti sono i lavoratori che oggi richiedono al Governo italiano, di essere aiutati a ripartire, ma ripartire veramente. Non di essere lasciati a loro stessi.
Un aiuto fatto di azioni concrete, di azioni che davvero possano portare a una futura ripresa. E tutto questo, sperando che la voce di Raffaele e di tutte le persone che come lui si ritrovano nella stessa drammatica situazione oggi, vengano ascoltate realmente.
Raffaele, come nasce Nuraghe Sardo e perché questo nome?
È nato oltre cinquant’anni fa. Il nome glielo avevano dato i suoi vecchi proprietari, per me degli amici. Io ci ho lavorato prima come dipendente e poi ho avuto la fortuna di gestirlo in questi dodici anni. Il nome Nuraghe Sardo perché in Sardegna i Nuraghi erano delle fortezze, ma anche dei rifugi; e questo nome riporta dunque all’originalità della nostra terra. I proprietari avevano deciso di dargli un nome che rispecchiasse quello che è la Sardegna.
Com’è cambiata la situazione per il ristorante, da quando è iniziata l’emergenza da Coronavirus?
Dopo oltre cinquant’anni dall’esistenza di questo ristorante, ci ritroviamo ad avere a che fare con un virus che farà male quanto e forse di più del Coronavirus, un virus che colpirà tutto il Paese: il virus della povertà. La situazione è davvero complicata e difficile. La cosa più grave è che non si riesce davvero a capire come riusciremo a sostenere tutto questo. Lo Stato inoltre, parla, promette, ma nel concreto non fa niente di più.
Sono stati fatti tanti Decreti, ma poi non c’è stata nessuna azione immediata che aiutasse le piccole imprese a sostenere tutto quanto. Bisogna anche ricordarsi che le grandi imprese, vanno avanti di pari passo e anche grazie a quelle piccole. Senza contare poi che con la chiusura di tutte queste attività, la disoccupazione crescerà enormemente. Dobbiamo avere la possibilità di riaprire, naturalmente con tutte le distanze di sicurezza adeguate e le varie misure raccomandate.
Ora ci devono dare la possibilità di campare e ci devono aiutare per ripartire. Perché se lo Stato non ci aiuta, noi non possiamo riprendere. La cassa integrazione per i dipendenti non arriva, a me non sono mai arrivati quei 600 euro di bonus che erano stati promessi. Ho dovuto chiedere addirittura un prestito e anche lì, per una serie di disagi, con le banche che incolpano lo Stato e viceversa, con un giro di parole incredibile, e delle tempistiche improponibili, alla fine a rimetterci sono sempre i poveri cittadini, che non sanno più dove cercare né come fare.
La situazione, mi creda, è davvero grave. Io parlo perché ormai non abbiamo più altre armi, siamo rimasti senza alcuna difesa. Abbiamo subito un danno enorme: basti pensare che dal giorno dopo dalla chiusura, abbiamo dovuto buttare quel po’ di scorta che avevamo. Penso che quei 2-3 mila euro di scorte, li abbiano dovuti buttare via un po’ tutti i ristoratori, chi più chi meno. Ci pensa qualcuno a chi deve poi pagare tutte queste perdite? No, a questo non si pensa, ma le paghiamo noi.
Tutto si è fermato tranne le cose da pagare che continuano ad arrivare, senza contare che ho una famiglia a cui pensare. E in più, tentare di non far pesare tutto questo a loro, non è facile. La famiglia è una delle più grandi ricchezze che tu possa avere. Ma quando non hai più risorse a cui attingere, quando finisce tutto e non sai più come fare, il cervello ti porta a pensare veramente di tutto. C’è solo disperazione.
Cosa avete dovuto fare, finora, per cercare di mandare avanti il tutto?
Da quando abbiamo chiuso io sono sempre stato al ristorante. Praticamente sono stato due mesi lì, dalla mattina alla sera, a sistemare il locale e sanificare, pensando giorno dopo giorno, che ci avrebbero fatto riaprire presto. E invece no. Allora abbiamo cominciato a fare delle consegne da qualche settimana, convinti però del fatto che dal 4 maggio, avremmo potuto riaprire. Cosa che non ci hanno dato la possibilità di fare.
L’unica cosa che possiamo fare, sono le consegne, ma giusto per continuare a pagare qualche bolletta. Non si può andare avanti così. Se non ci dà una mano il Governo, qua siamo costretti a chiudere, questa è la verità. Dichiarare il fallimento. E devo dire, che arrivato a 52 anni, dopo non saprei neanche che fare. Da dove ripartire.
Ora, quali sono le azioni di cui avreste veramente bisogno da parte del Governo?
Prima di tutto di quell’aiuto immediato che ci aveva già promesso. Poi ci servirebbe una parte, a fondo perduto, per ripristinare il tutto e ripartire veramente. Le garantisco che la situazione è davvero critica. Il nostro è anche un mestiere che richiede che lo sguardo per il cliente, sia sempre sorridente. Non si possono portare i propri problemi davanti a lui. E in questo momento come si fa? A me piace questo lavoro, ma come si fa ora a sforzarsi di sorridere nonostante tutto? La gente viene da noi per mangiare, per stare bene.
Sarebbe assolutamente necessaria una sospensione delle tasse, delle bollette che invece continuano ad arrivare. Darci un sostegno immediato che parta da domani. Penso che noi, come piccole aziende, siamo davvero quelle che rischiano di più, perché non abbiamo le reali risorse per andare avanti né per ricominciare. Le condizioni per ripartire infatti, non ci sono. Il Governo non ci sta per niente tutelando, ora che doveva dimostrarci il contrario.
Certo, si fanno i decreti e poi se i soldi non arrivano tanto sono affari nostri. È così che funziona. Bisogna stare in mezzo a noi per capire veramente, solo chi vive queste situazioni può capire. Attorno a un ristorante, girano e vivono una serie di famiglie, quaranta, se non cinquanta. Famiglie dei dipendenti, famiglie dei fornitori. Veramente tantissime. Il giro economico stesso è davvero grande.
Ecco perché questo virus farà doppiamente male. Fermandosi le piccole imprese non potrà che fermarsi un intero sistema. Se potessi incontrare Conte, visto che è lui alla guida del nostro Paese ora, gli chiederei di andare oltre le parole, di dimostrare con i fatti tutto quello che a parole ogni volta si dice, di aiutare le aziende. Perché alla fine sono i fatti che contano. È arrivato il momento di tornare a lavorare.
Dobbiamo tornare a lavorare. Devono darci questa possibilità. Ci stanno portando al fallimento. Si rischia di chiudere tutto.
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