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Dossier pandemia e sfide green del nostro tempo

Dossier pandemia e sfide green del nostro tempo
Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Roma, 11 aprile 2020

Un dossier pandemia che sintetizza un percorso di cambiamento che ora più che mai è una necessità. La pandemia da coronavirus sta “ripensando” le nostre abitudini e il nostro modo di vivere.

Questo periodo così  complesso è anche l’occasione per rivedere i nostri di vita e capire che è il momento buono per imparare alcune lezioni. Ecco il senso che possiamo dare alla crisi trasformandola nella famosa e fin troppo celebrata opportunità

Il coronavirus ha messo in discussione modelli di consumo e di gestione dei rifiuti. La riduzione delle emissioni di gas serra, del traffico e dell’inquinamento significherà pur qualcosa. Economia circolare, decarbonizzazione e mobilità sostenibile: cosa dobbiamo e possiamo fare per sostenere queste grandi sfide green durante e dopo la pandemia? La pandemia apre anche una riflessione su come ripensare le abitazioni, gli spazi intermedi (terrazzi, balconi, giardini condominiali ecc), le città per vincere le sfide delle nostre città del futuro.

Sono stati questi i temi affrontati nel dossier pandemia “Sfide green del nostro tempo” presentato il 9 aprile, ad un mese dall’inizio delle misure di distanziamento sociale, in web conference dal Green City Network e dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile in partnership con Ecomondo – Key Energy.

Il dossier

Il dossier pandemia comprende due parti, la prima è dedicata al cambiamento dei consumi e degli stili di vita per l’economia circolare, la decarbonizzazione e la mobilità sostenibile elencando anche una serie di buone pratiche green che i cittadini possono adottare per sostenere il cambiamento; la seconda parte del dossier apre ad una riflessione sul futuro del nostro abitare.

“Durante questa pandemia i consumi sono calati, l’attenzione sui consumi alimentari è cresciuta – ha dichiarato Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile – ma dopo si tornerà al punto di partenza precedente, come se niente fosse accaduto, o avremo fatto qualche passo avanti per capire meglio le sfide del nostro tempo? Di quanto siano importanti e delicati i consumi alimentari, caratterizzati da alti sprechi e alti impatti e come la quantità di materiali che consumiamo sia enormemente cresciuta e ormai insostenibile. Stiamo avendo difficoltà nella gestione dei rifiuti e nel riciclo. Vi presteremo maggiore attenzione e trarremo una spinta maggiore per l’economia circolare, o metteremo in crisi i passi avanti compiuti prima della pandemia? Le emissioni di gas serra stanno calando, ma non dobbiamo trascurare la crisi climatica e le misure di decarbonizzazione perché dopo la crisi le emissioni torneranno a crescere se non si cambia. Il traffico in città è crollato, ma dopo riprenderà come prima o possiamo riflettere su come rendere la nostra mobilità nelle città meno inquinante e meno congestionata?”

Probabilmente, anche attenuata o passata l’emergenza – ha detto Fabrizio Tucci, Professore ordinario della Sapienza Università di Roma e Coordinatore del Gruppo internazionale degli esperti del Green City Network rimarrà intaccato e mutato nella sua natura e nelle sue modalità il modo di vivere ed “abitare”. Potremmo vivere questo incredibile periodo di forzata sperimentazione collettiva come occasione da cogliere per decidere di produrre nuove forme e nuovi spazi dell’abitare, migliori per la collettività, più giusti e più inclusivi per le fasce più deboli, e più in linea con gli obiettivi propri di quello che definiamo green city approach”.

Dossier pandemia, i consumi

La severa lezione impartita da questo drammatico avvenimento deve spingerci a ripensare il rapporto tra uomo e cibo, a partire proprio dalle città che nel 2050 ospiteranno il 70% della popolazione mondiale. È l’occasione per realizzare una analisi attenta delle diverse criticità determinate da alcuni modelli di produzione agricola e zootecnica – che sono divenuti progressivamente dominanti – e da imprevidenti distorsioni dei comportamenti alimentari, che negli ultimi anni hanno pericolosamente incrementato la loro incisività.

Ma le vicende di questi giorni hanno messo in evidenza come sistemi colturali troppo aggressivi possano determinare, anche indirettamente, altre conseguenze negative sugli equilibri ambientali e sul benessere della popolazione mondiale: la progressiva trasformazione ed eliminazione di sistemi naturali, unita ad altri fattori quali il commercio incontrollato e spesso illegale di specie di fauna selvatica, contribuisce in maniera rilevante a facilitare il passaggio di organismi patogeni dagli animali all’uomo.

In questi giorni, pare che su questa strada qualcosa si stia muovendo. In Cina pare che finalmente ci si stia avviando verso una svolta epocale ossia il divieto di consumo di carne di animali domestici. (Leggi a questo proposito l‘articolo di oggi sul Corriere Della Sera).

Consumando, ci limitiamo solo a vedere i prodotti finiti che consumiamo e gli oggetti che usiamo, ma difficilmente riflettiamo sul fatto che questi prodotti e oggetti sono fatti con materiali prelevati in grandi quantità in diverse parti del mondo. Il consumo di materiali nel mondo è cresciuto ad un ritmo doppio di quello della popolazione. Dal 1970 al 2017 la popolazione mondiale è aumentata di 2 volte: da 3,7 MLD a 7,5 MLD. Dal 1970 al 2017 il consumo mondiale di materiali è aumentato di ben 4 volte: da 26,6 a 109 Gt.

Economia circolare, i rifiuti

Il dossier pandemia richiama, inoltre, la necessità di contenere i danni generati da questa emergenza sanitaria al sistema di raccolta differenziata e di riciclo e fare in modo che non diventino permanenti perché è necessario preservare il carattere di servizio essenziale strategico della gestione dei rifiuti che non può essere interrotto e che deve funzionare comunque, e funzionare bene, e restare un perno decisivo di un modello circolare di economia.

In questo momento di crisi occorre fare il possibile per evitare un crollo della raccolta differenziata e del riciclo dei rifiuti. C’è bisogno, in questo contesto di non perdere la bussola e tenere presente che per ogni 10 kg di materiale consumato, 6,5 kg sono di provenienza estera. L’economia circolare è, quindi, una scelta necessaria e conveniente per il futuro dell’economia dell’Italia.

Energia e clima

Il crollo dei consumi energetici nelle attività produttive, industria e servizi, e nel trasporto sta generando una riduzione delle emissioni di CO2 nel breve periodo. La riduzione delle emissioni che stiamo registrando durante la pandemia da coronavirus prevedibilmente non durerà dopo la crisi e non dovrebbe portare a sottovalutare l’impegno necessario e di lungo termine per contrastare il riscaldamento globale.

L’obiettivo di contrasto ai cambiamenti climatici dell’Accordo di Parigi del 2015 prevede di contenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei +2°C (rispetto al periodo pre-industriale), facendo ogni sforzo possibile per centrare la soglia di +1,5°C. In termini di emissioni di gas serra, il target di Parigi si traduce in una riduzione drastica delle emissioni globali, che dovranno raggiungere la neutralità carbonica (ovvero un bilancio netto pari a zero fra emissioni e assorbimenti) intorno al 2050, con obiettivo intermedio al 2030 di dimezzarle rispetto ai valori del 1990.

l trend delle emissioni globali, prima della pandemia da coronavirus era ben lontano dalla drastica riduzione necessaria. In questo quadro la decarbonizzazione del settore civile resta una priorità. I consumi medi di una abitazione italiana normalizzati rispetto alle condizioni climatiche medie europee, sono alti, 1,91 tep/anno, contro, ad esempio, i 1,66 tep/anno della Germania, i 1,58 tep/anno della Danimarca, o i 1,28 tep/anno della Svezia, solo il Belgio (1,95 tep/anno) e il Lussemburgo (2,36 tep/anno) fanno peggio dell’Italia. Nel dossier vengono proposte buone pratiche green nel settore residenziale per contrastare i cambiamenti climatici, aumentando l’efficienza e riducendo i consumi di energia, aumentando la produzione e l’uso nel settore residenziale delle fonti rinnovabili per elettricità e usi termici.

Mobilità Sostenibile

Le città sono praticamente prive di traffico da quando il coronavirus ha costretto tutti a restare a casa. Per evitare che a crisi finita si ritorni al traffico congestionato e inquinante delle nostre città si deve approfittare per aprire una riflessione sul modello di mobilità urbana e su come cambiarlo quando il coronavirus se ne sarà andato. Le misure di confinamento (lockdown) mettono allo stesso tempo in discussione comportamenti e abitudini consolidate.

La situazione spinge anche a riflettere sui fattori che determinano le scelte di mobilità, come ad esempio l’utilità dello spostamento, la scelta tra diverse possibili modalità in base all’efficienza, le alternative allo spostamento. Aver dovuto limitare il raggio di azione a qualche centinaio di metri intorno alla propria abitazione ha fortemente ridotto il ricorso all’auto, interrompendo un’abitudine. Il dossier indica anche buone pratiche green per rendere più sostenibile la mobilità nelle città, per ridurre gli spostamenti non necessari, per ridurre l’uso dell’auto nelle città e per promuovere l’uso di mezzi più ecologici.

L’abitare

Nella seconda parte del dossier vengono avanzate alcune ipotesi e analisi. Come è cambiato l’utilizzo degli spazi nelle abitazioni durante questa pandemia? Pensiamo allora a come questi cambiamenti possano influire sulla nostra visione e progettazione dell’abitare anche dopo il coronavirus.

Gli spazi attrezzati per lo smart working all’interno dell’abitazione, l’abitazione concepita non più come solo dormitorio, ma anche luogo di lavoro, di studio e di cultura, di svago e di socialità. La pandemia ha insegnato l’importanza di balconi, terrazzi, cortili e giardini anche condominiali, tutti gli spazi intermedi in generale che possono svolgere ruoli importanti, anche dal punto di vista ambientale, con il green building approach.

L’ emergenza coronavirus ha fatto anche ripensare all’importanza dello spazio urbano, ad una struttura urbanistica che assicuri prossimità delle residenze ai servizi, alle strutture lavorative e ricreative, così da ridurre gli spostamenti da una zona all’altra della città e i pendolarismi.

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