Chernobyl, dal 26 aprile 1986, giorno dell’esplosione del reattore numero 4 della centrale nucleare, la cosiddetta “zona di alienazione” è completamente interdetta a qualsiasi forma di attività civile o commerciale. Fanno la loro ricomparsa, però, diverse specie animali e questa è una buona notizia
Chernobyl, intorno al fiume della zona di Pripyat, distante circa 3 chilometri dalla centrale, troviamo aquile di mare coda bianca, visoni americani e lontre di fiume. E ancora, lupi grigi, uccelli ghiandaia, gazze europee, corvi imperiali, topi, donnole, martori eurastatici, cani procione. Molti animali, dunque, appartenenti indicativamente a una quindicina di specie censite.
Chernobyl, l’Exclusion zone di Pripyat
La “zona di alienazione” di Pripyat è ormai considerata un laboratorio ideale per i ricercatori che indagano gli effetti delle radiazioni su piante e animali ma anche per quelli che studiano la diffusione e il comportamento della fauna in assenza di esseri umani.
Un gruppo di 30 ricercatori provenienti da Regno Unito, Irlanda, Francia, Belgio, Norvegia, Spagna e Ucraina ha presentato i risultati di uno studio su grandi mammiferi, uccelli nidificanti, anfibi, pesci, bombi, lombrichi e batteri dimostrando che attualmente l’area ospita una grande biodiversità.
Gli studiosi hanno trovato dei segni che potrebbero rappresentare risposte adattative alla vita con radiazioni. Per esempio le rane nella zona di esclusione sono più scure delle rane che vivono al di fuori di essa, il che potrebbe essere una possibile difesa contro le radiazioni. Gli insetti sembrano avere una vita più breve e sono più colpiti dai parassiti in aree ad alta radiazione. Alcuni uccelli hanno anche livelli più alti di “albinismo”, oltre ad alterazioni fisiologiche e genetiche quando vivono in località altamente contaminate.
Un altro studio
Un altro studio ha riportato che la fauna selvatica potrebbe essere molto più resistente alle radiazioni di quanto si pensasse in precedenza. Significherebbe che alcuni organismi potrebbero iniziare a mostrare risposte adattative che consentirebbero loro di far fronte alle radiazioni e di vivere all’interno della zona di esclusione senza danno. Inoltre, l’assenza di esseri umani in quell’area potrebbe favorire molte specie, in particolare i grandi mammiferi.
Monitorare attraverso il progetto TREE (Transfer-Exposure-Effects)?
Per capire e monitorare il comportamento degli animali nella zona, è stata ideato il progetto TREE. Il progetto TREE, diretto da Nick Beresford del Centro per l’ecologia e l’idrologia del Regno Unito, ha previsto, per diversi anni, l’installazione di telecamere per il rilevamento del movimento in alcune aree della zona di esclusione. Le foto riprese da queste telecamere rivelano la presenza di una fauna abbondante a tutti i livelli di radiazioni, compresi orsi bruni e bisonti europei all’interno della zona ucraina e un numero cospicuo di lupi e cavalli Przewalski.
Alcuni reporter del The Guardian hanno visitato, insieme all’operatore APB-Birdlife Belarus, la zona di esclusione della Polesie State Radioecological Reserve (La riserva radioecologica statale Polesie è una riserva naturale radiologica nella regione Polesiana della Bielorussia, creata per racchiudere il territorio della Bielorussia più colpito dalle conseguenze radioattive del disastro di Chernobyl).
Hanno notato che gli animali, a discapito delle previsioni più funeste fatte all’indomani del disastro nucleare, sembrano aver superato quell’ondata di morte e distruzione che ha caratterizzato la zona di esclusione nei primi anni. Non sembrano soffrire di particolari problemi di salute, né paiono affetti da una longevità più ridotta rispetto ai simili in altre zone del mondo ma per gli esperti occorre ancora prudenza.
Viktar Fenchuk, project manager del Wilderness Conservation Program in Bielorussia, come riportato in un articolo di The Guardian, ha infatti così spiegato: “La riserva potrebbe essere anche una “trappola ecologica”, dove gli animali si trasferiscono data l’assenza dell’uomo per poi sviluppare problemi di salute. Ma le evidenze oggi disponibili svelano come, a livello di popolazione animale, gli effetti delle radiazioni non sono visibili”.
Foto: Pixabay
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